Mi chiedo come un evento così banale possa sconvolgere un'esistenza intera... O una notte di sonno.
«I'm gonna pick up the pieces and build a Lego house, if things go wrong we can knock it down.»
Grazie al cielo, Ed mi ha fatto compagnia tutto il tempo, e anche se ora sono stanca morta, mi tocca fare la doccia, vestirmi e trascinare i piedi fino alla fermata dell'autobus che tra una mezz'oretta mi porterà a scuola. Cerco di non addormentarmi sotto l'acqua e di non affogare e ancora con i capelli un po' umidi e lo zaino in spalla scappo fuori. L'autobus è già in sosta e con uno scatto arrivo davanti alle porte... Chiuse. L'autista le riapre con fare assente e mi sbiascica un "muoviti", ma lo capisco, siamo tutti nervosi la mattina.
Percorro in lunghezza il mezzo fino al mio posticino, in penultima fila a sinistra, vicino al finestrino. Ovviamente è vuoto come il resto del pullman, dato che questa è la terza fermata dal capolinea.
C'è solo un uomo sulla settantina, seduto davanti a sonnecchiare che ogni mattina scende al cimitero. Già, tutti i giorni.
Mentre mi accoccolo sul sedile, controllo fila per fila che non ci sia nessun altro, ma niente, nessun ragazzo affascinante con due piercing sotto il labbro, o meglio nessuno sconosciuto affascinante con due piercing sotto il labbro di cui conosco solo il nome.
Ho passato tutta la notte a sussurrare lettera per lettera "Diego" al mio cuscino come lui aveva fatto con me senza poter smettere di pensare alla sua bocca.
Bizzarro, ho una dipendenza da qualcosa che ho visto una volta sola su un autobus di giovedì sera.
Giulia, se continui così finirai chiusa in un ospedale psichiatrico legata a un letto.
Avrei dovuto dirglielo il mio nome, Giulia, figlia di Giove. Ho sempre pensato che mi si adattasse alla perfezione e da piccola andavo fierissima di essere la figlia del capo degli dei.
Una brunetta dalla pelle chiarissima e gli occhi grandi che se ne va in giro dicendo di essere il successore di Giove. Avrebbero dovuto sbattermici da piccola in psichiatria.
Appoggio la testa al vetro continuando a guardare il posto dove ieri sera quello strano ragazzo era seduto a prendermi in giro. Chissà dov'è finito...
Ecco che comincia a salire la folla; in pochi secondi l'autobus è strapieno e cerco di farmi ancora più piccola mentre raggiungiamo la scuola.
So che manca ancora un po' e permetto agli occhi di riposarsi per una decina di minuti...
-Si scende!
Mi senti picchiettare su una spalla e mi alzo di soprassalto, guardando assentemente il vecchio che mi ha svegliato.
-Farai tardi.- aggiunge.
-Grazie.- dico arrossendo un po'. Lo ammetto, per un attimo ho sperato che ci fosse un ragazzina alla fine della frase.
Tiro lo zaino, lo appoggio su una spalla e correndo inciampo sull'ultimo gradino.
Aspetto rassegnata l'imbarazzante impatto con il selciato quando qualcosa frena la mia caduta.
Qualcosa al profumo di tabacco e... Tabacco e menta. Mi inebria a tal punto da tenermi immobilizzata contro quello che deve essere il suo petto che si gonfia ritmicamente.
All'improvviso lo sento scoppiare in una fragorosa inconfondibile risata, seguita dalla permanenza sulle sue labbra provocanti di uno dei suoi maledetti sorrisi.
-Stai più attenta, ragazzina.