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Quel giorno Riccardo aveva pensato di recarsi un po' prima del solito a scuola, nella speranza di incontrarla all'entrata e chiarire subito quello spiacevolissimo malinteso fra di loro

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Quel giorno Riccardo aveva pensato di recarsi un po' prima del solito a scuola, nella speranza di incontrarla all'entrata e chiarire subito quello spiacevolissimo malinteso fra di loro.
Non sapeva con esattezza quali parole sarebbe stato più opportuno usare in quel caso, sapeva semplicemente che desiderava con tutto il cuore fare pace con lei promettendole che ora che la conosceva non si sarebbe mai più dimenticato di lei.
La aspettò sul muretto che precedeva l'entrata principale della scuola per quella che a lui era parsa un'eternità, con il cuore che batteva furioso nel petto al solo pensiero di doverla affrontare così presto e senza un vero e proprio discorso in mente.
Guardò l'orologio che portava al polso, mancavano ancora cinque minuti e la lezione sarebbe iniziata, possibile che fosse in ritardo di nuovo e proprio quel giorno?
No, si disse, il giorno prima pur di non tardare aveva addirittura saltato gli allenamenti di... di non sapeva ancora cosa pensò con irritazione, mentre, imitando gli altri studenti, entrava a scuola.
Non appena varcò la soglia della porta dovette reprime un'esclamazione di stupore: lei era già arrivata e sedeva al primo banco accanto alla finestra, praticamente dal lato opposto al suo.
Vedendola così lontana Riccardo si sentì pervadere il cuore da una grande tristezza. Si maledì più e più volte per quel terribile errore che gli stava costando un'amicizia nata in un modo tanto spontaneo, e alla quale sentiva già di tenere in modo particolare.
Probabilmente però la possibilità che lei decidesse di accettare le sue scuse era davvero molto bassa visto che non si era neppure seduta accanto a lui.
"L'ho combinata davvero grossa" pensò sospirando piano.
Accortosi di essersi già dato per sconfitto scosse la testa per allontanare quello stupido pensiero di rinunciare a chiarire tutto, facendo ondeggiare i riccioli color cenere: non poteva e non voleva arrendersi. Avrebbe elaborato un discorso talmente bello e pieno di pentimento che lei non avrebbe potuto fare altro se non perdonarlo.
"Di Rigo!" di nuovo, impegnato com'era nella scrittura mentale del suo discorso, Riccardo non rispose all'ennesimo richiamo del professore.
"Di Rigo, ti decidi a rispondermi!" urlò allora stizzito il professore piazzandosi davanti a lui.
"Che c'è!" esclamò Riccardo irritato più che mai nel sentirsi continuamente chiamare. Ma era così difficile capire che in quel momento non voleva essere disturbato?
Quando però alzò lo sguardo per capire chi lo stesse disturbando a quel modo incontrando quello furibondo del professore, il cuore smise di battergli per qualche secondo a causa della paura.
Il poverino degluttì a vuoto prima di dire in uno stato di profondo imbarazzo:
"Mi-mi scusi non volevo"
Scatenando una risata generale da parte dei suoi compagni.
Quando il momento di ilarità fu passato Riccardo fu mandato alla lavagna per risolvere due delle equazioni più complicate e indecifrabili che il professore era riuscito a trovare nel loro libro come punizione per il tono irrispettoso che aveva usato nei suoi confronti.
Per nulla soddisfatto, e profondamente imbarazzato e umiliato dagli errori terribilmente sciocchi che aveva commesso nella risoluzione degli esercizi, tornò a sedersi al proprio banco con un sospiro. Almeno la tortura per quel giorno era finita, non lo avrebbe più chiamato alla lavagna, o almeno era quello che sperava lui.
"Jane ora tu" al richiamo del professore questa volta non si alzò una delle solite ragazzine dal trucco e dai capelli sempre perfetti presenti nella sua classe, ma lei, che anche quel giorno era priva di trucco e con i capelli verdi che ricadevano in morbide onde fino a toccarle le spalle.
"Jane" ripeté Riccardo nella propria mente, era davvero un bellissimo nome, adatto ad una ragazzina dallo sguardo e il sorriso tanto dolce e contagioso.
Finite le due ore di recupero Jane aveva raccolto in fretta le sue cose uscendo poi, veloce come un fulmine, dalla classe senza dare a Riccardo il tempo di fermarla per poterle parlare con calma mentre percorrevano assieme la lunga rampa di scale che portava al piano terra.
Probabilmente, pensò Riccardo mentre si lanciava al suo inseguimento scendendo i gradini a due a due, aveva capito la sua intenzione di voler parlare dell'accaduto, e quindi cercava in tutti i modi di evitarlo. Ma lui non le avrebbe mai permesso di andarsene così, senza prima avergli dato il tempo di scusarsi. Sperava solo non fosse ormai troppo tardi.
Uscito da scuola con il fiatone lo accolse la pioggia, che cadeva furiosa dal cielo.
Sorrise rincuorato quando, dopo essersi guardato attorno con estrema attenzione, finalmente la vide. Era seduta sul muretto, protetta da un delizioso ombrello giallo pastello. Guardandola si chiese come mai non se ne fosse ancora andata, sembrava aspettare qualcuno, e nel suo cuore Riccardo sperava di essere proprio lui quella persona.
"Jane!" la chiamò avvicinandosi con passo frettoloso a lei
Lei voltò il viso nella sua direzione, gli occhi azzurri leggermente sgranati come se fosse sorpresa nel sentire pronunciare il suo nome proprio da lui.
"Cosa c'è?" chiese, e nella sua voce Riccardo poté sentire quella nota di rancore che provava nei suoi confronti dopo quello che le aveva detto.
Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma si rese ben presto conto di aver completamente dimenticato tutte le belle parole del suo discorso. Tutte tranne una: "Scusami"
Aveva passato tutta la lezione a ripetersi che quell'unica parola non sarebbe mai bastata per farsi perdonare un torto del genere, ma forse si sbagliava. Così trasse un respiro profondo e con il cuore che batteva a mille per la paura disse:
"Scusami" la guardò negli occhi azzurri ora lucidi e sorpresi come se non si aspettasse di ricevere delle scuse da parte sua
"Ti prego perdonami" ripeté lui chinando il capo per non farle vedere che anche lui aveva gli occhi lucidi e prossimi al pianto.
Avrebbe voluto dirle che si vergognava profondamente di non essersi mai accorto di lei in quegli anni e che lei aveva perfettamente ragione ad odiarlo, ma non riuscì a trovare le parole per farlo, quindi rimase in silenzio ad aspettare una sua risposta.

𝑨𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒊 𝒎𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐𝒓𝒊 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒊𝒂𝒎𝒑𝒂𝒓𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora