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Riccardo osservò Jane sedersi con un sospiro stanco accanto a lui posando quasi con una sorta di rassegnazione la schiena contro la parete

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Riccardo osservò Jane sedersi con un sospiro stanco accanto a lui posando quasi con una sorta di rassegnazione la schiena contro la parete.
Aveva la fronte sudata e le guance leggermente arrossate, forse a causa dello sforzo mentale al quale era appena stata sottoposta, guardandola in volto aveva davvero l'aria di una persona stravolta che aveva appena terminato un'estenuante giornata di lavoro. E come biasimarla, se il professore l'aveva presa in ostaggio per più di trenta minuti per sottoporla a quella tortura che era l'esame orale di matematica?
Al solo pensiero che presto quella tortura sarebbe toccata a lui, Riccardo si sentiva letteralmente mancare. Aveva ripetuto un numero indefinibile di volte tutte le formule geometriche presenti nel programma del recupero, le sapeva a memoria, eppure non poteva proprio evitare di sentirsi incredibilmente impreparato: non avrebbe mai saputo come mettere in pratica tutte quelle parole che a lui parevano completamente prive di senso.
"Jane va tutto bene?" si azzardò a chiederle rompendo finalmente quel silenzio carico di tensione.
Jane sospirò piano scostandosi un ciuffo della frangetta dagli occhi prima di costringersi ad abbozzare un sorriso e dire:
"Sì tranquillo, mi ha solo stancata un po' tutta quella matematica... ma in fondo credo sia andata abbastanza bene"
Riccardo sorrise in un certo senso rincuorato dalle parole dell'amica, se lei, che non sapeva fare neppure le cose più facili, non aveva combinato disastri allora probabilmente anche lui sarebbe riuscito a superare quella difficilissima prova.
"Meno male, sei rimasta lì dentro un bel po'" commentò poi con una risatina, giusto per smorzare la tensione e far sorridere Jane.
Lei lo guardò con gli occhi leggermente lucidi, e Riccardo ebbe l'impressione che in realtà fosse stato un vero e proprio disastro, ma che per evitare di mettergli addosso ancora più ansia lei avesse preferito mentirgli. Stava per dirle qualche parola per confortarla quando la voce profonda del professore pronunciò il suo nome.
In quel momento, sentendosi chiamare all'improvviso, a Riccardo parve che il mondo avesse deciso di fermarsi su quel determinato momento, riproponendolo più e più volte nella sua mente come  se fosse la scena di un film che si continua a riavvolgere.
"Di Rigo è il tuo turno!"
Degluttì a vuoto sentendosi chiamare di nuovo.
Si voltò istintivamente verso Jane puntando lo sguardo marrone nel suo, nel disperato tentativo di ricevere conforto da quei piccoli e brillanti frammenti di cielo primaverile: aveva paura e soltanto Jane era in grado di confortarlo.
Come se avesse letto nella sua mente, Jane gli sorrise stringendogli con estrema dolcezza e delicatezza la mano leggermente tremante.
Anche la mano di Jane, notò Riccardo, tremava leggermente, proprio come se anche lei avesse paura per lui, tuttavia nel suo sguardo poteva leggervi solo la sua incrollabile fiducia nelle sue capacità.
"Sarà breve" lo confortò lei stringendo leggermente più forte la sua mano "In bocca al lupo" disse in fine lasciando piano la presa sulla sua mano.
"Crepi" rispose lui entrando finalmente in aula.
Mentre si sedeva nella sedia davanti al professore Riccardo sentì braccia e gambe farsi incredibilmente più rigide, mente il cuore gli batteva talmente forte in petto che per alcuni minuti interminabili gli parve che l'unico suono che arrivasse alle sue orecchie fosse proprio il suo ritmico, e quasi assordante, "tuttum".
Si costrinse a pensare, mentre il professore dava una rapida controllata agli esercizi che aveva svolto nel corso dell'estate, che tutto sarebbe andato per il verso giusto se solo avesse mantenuto la calma.
Come prima cosa il professore gli chiese di correggere due espressioni che aveva sbagliato dimenticandosi di scrivere una parte del testo; che errore stupido, pensò subito Riccardo mentre cercava di fare ordine nella sua mente per ricordarsi il metodo risolutivo che avrebbe dovuto usare.
Nonostante il panico iniziale che lo aveva assalito, non gli sembrava un'interrogazione così terrificante. Ben presto, però, terminato di risolvere le due espressioni fu costretto a ricredersi perché il peggio non era ancora passato. Mentre risolveva le due espressioni non aveva davvero tenuto conto dell'unico esercizio che aveva risolto per metà: il grafico.
Era riuscito solo a trovare i punti, unirli perché formassero un triangolo, e a trovare la misura dell'ipotenusa, ma solo grazie ad un bigliettino in cui aveva scritto tutte le formule che non avevano proprio voluto saperne di rimanergli in testa. Ma pretendere da lui che riuscisse a trovare da solo l'altezza  e altre misure che nemmeno aveva capito era decisamente troppo.
"Come mai non l'hai risolto?" chiese con calma rassegnazione il professore
"Ecco io... non sapevo come fare" biascicò lui abbassando con estremo imbarazzo lo sguardo. Sentiva le guance andargli letteralmente a fuoco per la vergogna, ma proprio non era riuscito a trovare una scusa migliore. Certo avrebbe preferito evitare di dire la verità al professore proprio nel corso dell'esame, ma sperava lo stesso che non avrebbe infierito troppo sull'esito della prova.
"Dai lo sai il primo teorema di Euclide?" chiese portandosi la mano a massaggiare gli occhi come stanco di quella situazione.
Riccardo annuì deglutendo a vuoto prima di ripetere il teorema che con estrema fatica era riuscito a farsi entrare in testa.
Purtroppo, proprio come temeva lui, il solo memorizzare quelle formule e teoremi non era servito a nulla perché riuscire a metterli in pratica nel corso degli esercizi era tutt'altra cosa, e per riuscirci nel corso dell'interrogazione il professore era stato costretto ad andare in suo soccorso più di una volta.
Quando finalmente, dopo una trentina di minuti, fu uscito dall'aula gli ci vollero alcuni attimi per riprendersi dalla fatica che era stata portare avanti quella difficilissima interrogazione. Lui avrebbe preferito uscire immediatamente da scuola e tornare il più in fretta possibile a casa in modo da potersi buttare sul letto e deprimersi per l'orrenda figura che aveva appena fatto, ma Jane, vedendolo così sconvolto, lo aveva praticamente costretto a fermarsi qualche minuto sul muretto fuori scuola con lei prima di farlo tornare a casa.
"Tieni" disse lei mettendogli davanti al viso metà di una Fiesta.
Riccardo guardò prima la merendina poi lei chiedendosi come potesse essergli venuto in mente di portarsi del cibo anche il giorno della prova orale.
"Me l'ha data mio padre questa mattina, dice che assumere una giusta quantità di zuccheri dopo uno sforzo fa bene" rispose prontamente lei davanti al suo stupore.
Riccardo non poté fare a meno di ridacchiare "Beh" iniziò poi prendendole la merendina dalle mani "Tuo padre ha proprio ragione. Dopo tutta questa matematica mi ci voleva proprio una bella ricarica" concluse poi addentando sorridendo il soffice pan di spagna ricoperto di glassa al cioccolato.
Mentre mangiavano in silenzio Riccardo si ritrovò a pensare che tutto sommato quel corso di recupero non era stato poi così terribile come aveva pensato, in fondo, si disse sorridendo, era solo grazie alle sue inaspettate carenze in matematica che aveva potuto incontrare Jane.
In un certo senso doveva ringraziare il suo professore.

𝑨𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒊 𝒎𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐𝒓𝒊 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒊𝒂𝒎𝒑𝒂𝒓𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora