1. L'inizio di tutto

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    Silenzio. Il passo di entrambi rimbombava nella foresta vuota, colmata solo dalla loro presenza e da alberi apparentemente privi di vita. Non vi era mai nessun usignolo o cicala ad accompagnarli, cosa inquietante ma anche comoda. Ad ogni passo, lasciavano un'impronta diversa nonostante avessero le stesse scarpe. Kahlst, quello che camminava dietro, teneva un passo deciso e poco morbido come se non si curasse di calpestare inutilmente qualcosa. Le spalle dritte, portate con fierezza, ma era ancora acerbo per la sua specie. Traist lo osservava da dietro una spalla, aiutato dallo sguardo basso del ragazzo. «La nostra meta è lontana» Iniziò lui. «Suppongo però che per raggiungere Algerich ci vorranno non più di tre giorni. » Il ragazzo, come richiamato nel mondo esterno, si riscosse.
    «Anche meno se gli altri due non ci rallentano, maestro. » esordì il giovane.
    Traist scoppiò in una risata fragorosa che quasi spaventò il ragazzo, che però mostrò subito un sorriso voluminoso. «"Gli altri due", come li chiami tu, non ci rallenteranno. Su questo puoi starne certo.» Lo sguardo di Kahlst era sempre un pochino strafottente, noncurante tra l'altro dell'effetto che poteva dare alla gente.
    «Maestro, lo sappiamo tutti che Dest e Eost sono due lumaconi con cui non si può mai procedere come si vorrebbe.» Sentenziò il ragazzo.
    «Non dire così, Kahlst. Loro ce la mettono tutta, d'altronde non hanno più di otto o nove anni meno di te, come Yaegh.» Lo sguardo dell'altro si alterò di un poco. «Non è un problema se procediamo lentamente, tanto non abbiamo fretta. La marcia verso la guerra inizierà non prima dell'estate, e siamo solo all'inizio dell'inverno.»
    Il viso del ragazzo si rabbuiò. «A proposito di questo maestro» Iniziò Kahlst cercando le parole giuste. «Io sono convinto che gli esseri umani non abbiano bisogno del nostro aiuto. O meglio: un leone non andrebbe mai ad aiutare una mandria di gazzelle, proprio perché essi sono predatore e preda. Io mi chiedo» Il ragazzo guardò negli occhi Traist che si era fermato per ascoltarlo. «Perché noi stiamo andando a fare qualcosa per loro?»
    Gli occhi del maestro si illuminarono. Si grattò la folta e liscia chioma di capelli che aveva in testa, prima di prendere a rispondere alla sua domanda. «Vedi, mio giovane allievo, io non faccio questo per loro. Insomma, tu stesso mi hai fatto il perfetto esempio della gazzella e del leone. Tu hai perfettamente ragione. Il problema è...» prese un attimo fiato, guardandosi attorno prima di continuare. «È che io non sto facendo questo per loro, bensì per noi. Potremo trasferirci in un posto del tutto inesplorato dagli esseri umani. Tutti noi, figliolo, sappiamo cosa fanno loro ai territori che conquistano, e questo potrebbe andare a nostro vantaggio.» Il ragazzo sembrava non capire ancora quello che lui voleva dirgli, ma presto o tardi lo avrebbe fatto vedendo quello che lui voleva mostrargli.
    L'altro iniziò. «Io non vo...»
    Si interruppe improvvisamente sentendo l'odore di un cervo. Le emozioni che Kahlst provava erano visibili agli occhi di Traist, ma non voleva perdere l'occasione di divertirsi un attimo con la caccia. Il ragazzo si chinò a terra, lasciandolo senza parole. Aveva raccolto un sasso e lo stringeva dentro alla mano facendo appello all'energia che aveva dentro. Una rabbia acuta attraversò la mente di entrambi, nonostante derivasse solo dal ragazzo. Kahlst si slanciò all'indietro prendendo la mira, e tirò il sasso in direzione dell'animale. La testa del cervo venne trapassata, non lasciando né a lui né a Traist il tempo di accorgersi delle sue intenzioni.
    «Non hai bisogno di stupirmi, conosco già com'è il tuo cuore!»
    «Delle nuove terre non ci servono maestro.» Kahlst si avvicinò al cervo e lo sollevò di peso come se fosse stato una piuma. «Non ci serve cacciare nuove creature. Potremmo avere quello che vogliamo soltanto sterminando quegli inutili umani che non fanno altro che uccidersi a vicenda.» Il suo tono era quello di chi sapeva cosa stesse dicendo, ma al tempo stesso era colmo di una rabbia cieca. «Uccidiamoli tutti, e prendiamoci le terre che ci spettano. » Detto questo si allontanò da solo verso l'accampamento, lasciando Traist tutto solo di fianco ad una pianta dalla forma buffa.
    Egli si ricompose, grattandosi ancora la testa.
    L'odore della legna che brucia, raggiunse Kahlst e Traist, che intanto aveva già raggiunto l'allievo, prima ancora che entrambi fossero giunti all'accampamento. Il maestro venne superato dall'altro, che era corso al fuoco per appendere la carcassa dell'animale gocciolante di sangue. La domanda di Dest e Eost, fratelli ancora prima della trasformazione, non fu neanche pronunciata che la risposta del maestro si fece sentire. «Le discussioni tra fratelli e familiari, devono essere ben accette fra di essi» Pronunciò lui stando attento a cosa volesse dire. «soprattutto tra membri come lo siamo noi.»
    I due annuirono con un cenno del capo, avendo capito, e non volendo continuare il discorso. Piuttosto, Eost tirò fuori una cartina malmessa, lacerata in più punti, dove solo tre o quattro città erano visibili.
    «Tratti piuttosto male le tue cose, sorellina.» puntualizzò Dest alla sorella. «Dovresti imparare da Kahlst, che è molto più bravo di te.»
    «E anche di te» Si introdusse a tradimento Kahlst, che amava sempre creare battibecco tra di oro. «In effetti non capisco come tu ti permetta di fare queste osservazioni alla sorellina, senza nemmeno riuscire tu stesso a compiere ciò per cui la rimproveri sempre.» Bevve un sorso di idromele energizzante, sorridendo a più non posso e sfoggiando la limpidissima dentatura. «Non me ne capacito proprio.»
    «Ma la finisci di rompere tu?» Sbottò Eost che lo sopportava a malapena quando si metteva a punzecchiare suo fratello in quel modo. «Forse dovresti imparare "tu" ad essere meno arrogante e a saperti orientare.»
    «Sbaglio...»iniziò Dest.
    «Si sbagli!» Lo interruppe lei, e senza lasciare a nessuno il tempo di rispondere, riprese. «La nostra meta è a meno di due giorni di distanza. L'unico problema è...»
    «L'unico problema è...?»
    «L'unico problema rimane sempre il fatto che ci vorranno altri ventisette giorni e mezzo. Senza contare possibili ritardi» Finì Dest al posto della sorella.
    «Il problema non si pone. » Disse Kahlst d'un tratto.
    «Come no?» Chiese Eost senza lasciargli il tempo di spiegare. «Converrai anche tu che ventisette giorni non sono un niente. È una grande rottura anche per noi. E poi non ho assolutamente voglia di camminare per così tanto tempo.»
    «Innanzitutto» Incominciò lui diventando serio d'un tratto. «il camminare non implica nessuna rottura. E poi... Lasciami finire. Dicevo, e poi possiamo sempre tagliare per Tra'beh Sabaksol'.»
    Appena ebbe pronunciato il nome del deserto che li separava da Set, una pressione sia fisica che mentale si abbatté sui presenti, lasciandoli senza nessuna parola. Si voltarono tutti verso Traist, che era rimasto in silenzio e in disparte. Un'angoscia, una paura, una tristezza ed un dolore immenso, fluiva dai suoi pensieri e si riversava nelle menti di tutti quanti. Non si era mosso di un palmo, se non per gli occhi che si erano subito rivolti al maggiore degli allievi. Lo sguardo non era di rabbia, ma di chi ha capito che l'interlocutore non ha appreso una semplice lezione.
    «Il Deserto dei due Soli... non è qualcosa...- riprese un attimo fiato, con i denti stretti e digrignati. –non è qualcosa... con cui scherzare. Non sai cosa c'è là dentro, e spero che tu non debba mai saperlo di persona.»
    Kahlst sollevò leggermente il mento, come fosse un momento di sfida. «Con tutto il rispetto, maestro, con gli incantesimi che possiamo fare il calore e la luce non sono un problema per noi.»
     Gli occhi di Traist assunsero uno sguardo di incredulità a quello che stava sentendo. Le braccia gli caddero molto lentamente lungo i fianchi, e le mani si chiusero a pugno. «Cosa hai detto?»
    «Ho detto, maestro, che noi...»
    «L'ho sentito, Kahlst» lo interruppe lui prima che potesse peggiorare la situazione. «ma sei tu che non hai capito: l'inferno che è quel luogo, non può essere descritto da nessuno che non lo abbia affrontato. Io l'ho fatto, e tu non puoi venirmi a dire che voi siete pronti per una cosa simile. Ai miei tempi ero meno potente, ma il mio livello di consapevolezza di me stesso, era sufficiente affinché io potessi superarlo.» La voce di Traist era rimasta bassa e pacata per tutto il tempo, non aveva più trapelato emozioni come poco prima.
    Nonostante tutto Kahlst non accennò ad abbandonare la sua opinione. «Lo avete detto anche voi maestro, che eravate meno potente di adesso. E se posso permettermi aggiungerei molto "molto" meno potente di ora. Il nostro livello di potere magico ci permette di essere molto più resistente di come lo eravate voi. Adesso, sono passati più di cento anni e la vostra esperienza mischiata anche al potere di tutti noi messi insieme, ci permetterebbe di attraversarlo indenni.»
    Un'altra scarica di emozioni molto forte investì i presenti. Tanto che Eost dovette reggersi al fratello per non essere sopraffatta. «A quanto pare, devi andarti a scontrare con la nuda verità delle cose, giovane allievo. Così sia.» La voce gli tremò per un attimo, ma non aggiunse altro, e non aveva l'aria di uno che avrebbe avuto voglia di parlare ancora. Così, con un passo felpato che solo la loro specie poteva permettersi, si girò su se stesso, e si diresse verso la foresta, addentrandovisi sempre di più in profondità, lasciandosi dei cuori vuoti, e pieni allo stesso tempo, alle proprie spalle. Il dolore ancora lo affliggeva, come fosse stato così sconvolgente da lasciarlo privo di qualcosa. Kahlst non aveva compreso quello che gli aveva detto, per questo aveva reagito, ma il suo animo era sconvolto.
    Ripresosi un attimo, si diresse verso il fiume, dove sapeva che sarebbe potuto stare un attimo da solo.
    Lo sciabordio dell'acqua lo accolse da lontano, quando ancora neppure l'odore classico di quel fiume non era riuscito a raggiungerlo. Una lacrima gli scese lungo la guancia candida, silenziosa e solitaria come lui, fino al mento, cadendo inesorabilmente sull'erba coperta dall'umidità notturna. Si chinò sulla riva per prendere un pochino di sabbia e passarsela sulle mani, abitudine a cui aveva tenuto fede ogni volta che aveva combattuto. Si pulì quindi, e si diresse verso una roccia che si trovava in mezzo ad una biforcazione del fiume.
    Il suo stato d'animo non era mutato: paura, tristezza, amarezza, solitudine... rabbia. Non aveva provato questa serie di emozioni da quando aveva trasformato Kahlst, che poteva essere definito suo figlio. Si sedette sulla roccia con la spada di Adman sulle ginocchia.
    Iniziò a respirare con la bocca, con l'intento di attivare meglio la sua meditazione. Chiuse gli occhi, concentrandosi sullo scorrere dell'acqua, cercando di immedesimarsi in essa, immaginando di trovarsi da solo, ancor di più di quanto non lo fosse. Schiuse le palpebre, e gli occhi che ne uscirono non erano bianchi con un iride e la pupilla, bensì rossi. Completamente rossi, con questo piccolo puntino nero al centro che spezzava l'armonia e l'eleganza di quegli occhi. Oltre ad essere rossi, essi negavano la vista di Traist, che era sprofondato in un mondo fatto di luci e colori del tutto diversi da quello in cui viveva. Il respiro continuava come prima, ma lui non era cosciente di quello che succedeva attorno. In quello stato le sue emozioni prendevano il sopravvento sulla sua ragione, diventando l'unica fonte di coscienza.
    La mente di Traist vagava nell'infinito.
    Mentre se ne stava in piedi sullo sperone della parete di roccia della collina, notò un essere bipede molto simile anche lui ad un essere umano, ma al contempo molto diverso. I suoi capelli lunghi, portati come se fosse un principe, facevano intuire che fosse di una specie molto orgogliosa, nobile. I suoi vestiti richiamavano i colori della foresta, nello stesso modo in cui i suoi occhi ricordavano il cielo, e i suoi capelli un fiume di oro puro. Nonostante fossero molto lontani, riusciva a distinguere ogni piega del vestito, come anche lo sguardo anonimo di quell'essere. Non sapeva perché, ma si sentiva fortemente a disagio.  Era già venuto in contatto, tempo addietro, con creature non umane: ad esempio gli elfi, i cosiddetti "figli divini", e più recentemente con i nani. Essi erano burberi, scostanti, inospitali, ma erano una specie che si poteva comprendere. Mentre questi, che aveva ora dinnanzi al viso, non era né elfo, né umano, né nano, né tantomeno yaegh.
    Quell'essere gli incuteva un timore antico come il mondo stesso, gli suscitava una paura incontrollata. Dovette però contenersi, altrimenti avrebbe perso la presa sulla sua visione.
    «Svegliati dal tuo sogno» Parlò l'essere che aveva di fronte. «Svegliati e muori, cosicché la mia specie possa prosperare.» Sempre più paura gli si insinuava nel cuore, come se fosse stata un'onda di un fiume gelido e senza vita. –La vita ti ha già lasciato, no? Quindi che necessità hai di venire nel mio mondo a distruggere ogni cosa?- L'essere parlava come un elfo, a pensarci bene, però non aveva quella gentilezza innata con cui tutti parlavano e comunicavano.
    «Io non sto andando nel mondo di nessuno.»
    «NON MENTIRE!!!»
    Un'ondata di vento lo investì improvvisamente in volto, scaraventandolo in aria come fosse stato leggero tanto quanto una piuma. Si concentrò, e alla fine, dopo interminabili attimi dove riuscì a sentirsi più fermo che in caduta libera, si riscosse e si trovò sopra allo sperone. La figura bipede era al suo fianco, davanti aveva uno scenario di morte e disperazione. Sentiva chiaramente di non aver mai visto quel posto in vita sua, e la cosa lo spaventava moltissimo. Riconobbe delle figure umane aldilà dello sperone, come anche uccelli giganti che scendevano in picchiata per sbranare gli esseri umani, non lasciandogli il tempo di realizzare la situazione.
    Traist cercava di non pensare al fatto che era in corso una strage, ma piuttosto al luogo in cui si trovava. La visione era troppo limpida per essere un'allucinazione: distingueva le singole persone, le rocce, le armature, vedeva molto bene gli uccelli. L'erba era di un verde primaverile alquanto ben distinguibile. Qualunque fosse quel luogo sicuramente non era in quel momento né tanto meno era a lui conosciuto. Il cuore iniziò a battergli forte, finché non si girò verso l'essere al suo fianco.

Le Cronache dei Cavalieri di YaelngonhDove le storie prendono vita. Scoprilo ora