Capitolo V
In attesa che il sole tramonti e la notte cali sul mondo col suo velo bucato di stelle, Tony lascia scivolare la mano sulla spalla di Peter. Si compiace di un leggero mugolio di approvazione, mentre gli accarezza poi il braccio e lo stringe di più a sé, come se la notte potesse, in qualche modo, portarglielo via. Non ha idea del perché, da qualche ora, un pungente bisturi lo stia aprendo in due dall'interno, lentamente. Gli fa male la bocca dello stomaco, e cerca di controllare quel dolore con respiri più lunghi del solito, perché quella sensazione lo bracca, come se lo scheletro della sua coscienza gli stia stringendo le dita ossute intorno alla testa. Una trappola fatta di paura. Non sa perché, ma la avverte dentro, come un peso. Il corpo risponde a quelle sensazioni come se sfogasse i suoi non detti al posto della sua bocca. China la testa e bacia quella di Peter, e sente per un secondo – quello in cui le sue labbra toccano il profumo dolciastro della cute dell'altro – di nuovo le cose appianarsi. Una sensazione che dura troppo poco, il tempo di un secondo, poi è di nuovo dolore. Non lo sopporta, ha bisogno di dimenticarlo. O di capire.
Ma Tony lo sa, che forse non ha mai capito davvero cos'è che lo distrugge. Forse tutto. Forse niente.
Peter alza la testa; gli lascia ammirare la folta corolla di ciglia; la sbatte lentamente e ogni secondo il suo sorriso diventa più largo, ma la sua malinconia pare una sinfonia distorta che si alza di due terzi ogni secondo che passa. Finirà per ferirgli le orecchie.
«Vado a casa, si sta facendo tardi», dice, e tutto si rompe nel suono di un vetro infranto. Non è un vetro, né un coccio distrutto, è il cuore di Tony che rimbalza nella gabbia toracica e perde battiti. Si riempie di crepe, rumorose e dolorose.
Se ne va perché non vuole restare con chi lo condivide. Tony lo sa, lo pensa ma non lo dice. Perché è vero. Perché ha il diritto di non sentirsi suo agio, con lui, ora che sa quello che sa.
«Pensavo restassi al complesso, stanotte», gli dice, calmo e quando Peter si alza da quel divano, lui lo occupa interamente, come se inconsciamente non volesse lasciargli più spazio intorno a lui. Poggia una gamba sul ginocchio, chiude gli spazi. Allarga le braccia sullo schienale, e mette su la barriera di perenne distacco che non vorrebbe lo abbandonasse mai; persino con Peter.
L'altro accenna un sorriso e alza le spalle. Non dice niente, perché Tony lo sa che non sa cosa dire. Oppure sì, ma non vuole. La non comunicabilità è un difetto che li accomuna, perché ci sono delle cose che rimangono in fondo all'anima e maturano, poi esplodono, e rovinano le cose.
La loro relazione è una di queste.
«Dunque non resti?», lo incalza.
Peter prende la giacca blu poggiata su una sedia e la infila, poi recupera lo zaino e lo mette in spalla. Minuti interi, lentissimi secondi che non passano mai e non colmano quei silenzi. Peter non parla e Tony si sente sempre più lontano.
«No, preferisco di no», dice Peter, solo, alla fine. Non si avvicina e non scappa via, resta lì, al centro della stanza. Le mani strette tra loro davanti alla pancia, mentre si tartassa pellicine attaccate a dita martoriate dai morsi.
«Perché non vuoi?»
«Perché non me la sento. Non oggi.»
La doccia fredda arriva. I non detti sono una loro peculiarità, ma Peter è sempre quello più propenso a parlare per primo. Tony ha il vizio di celare tutto, e fingere che vada bene ogni cosa. Non è così. Per nessuno. Per lui specialmente.
Non si alza da quel divano. Schiocca la lingua in un suono che lo infastidisce, e vorrebbe non averlo mai fatto. È come il click di un interruttore che lo trasforma in Mister Hyde.
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Protocollo Speranza [ Starker - Tony x Peter - Infinity War/Endgame]
Fanfic(Conclusa) L'immenso dolore che provoca la perdita di un amore troppo grande, deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo e che, attraverso la morte, è perduto per sempre. Tony lo ha perso una volta, Peter, e basta...