Serge III

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Il risveglio di Serge era stato quanto di più insolito potesse immaginare

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Il risveglio di Serge era stato quanto di più insolito potesse immaginare.
Innanzitutto, quella notte non si era accasciato in cucina, né era svenuto a faccia in giù in mezzo ai campi, ma in qualche modo aveva trovato la strada per la camera da letto e si era assopito sul comodo materasso.
Qualcuno – e l'uomo non tardò a intuire che fosse stata sua moglie – gli aveva pure messo addosso una coperta per tenerlo al caldo.
La terza cosa strana era la ragazzetta ferma sulla soglia, che i suoi occhi avevano faticato a mettere a fuoco nel dormiveglia.

«Cosa diavolo vuoi?»

Aveva le palpebre pesanti come piombo e la tentazione di scivolare di nuovo nel sonno lo corteggiava con una meravigliosa sensazione di pace e oblio.

«Ha bisogno di voi. Ci sono degli uomini, là fuori...»

Non c'era stato bisogno che specificasse a chi si stesse riferendo: in tutta la sua proprietà c'era una sola persona a cui quella bambina tenesse e all'improvviso la sua sonnolenza era sparita, scacciata da un brutto presentimento.
Qualsiasi cosa avesse spinto Jeannette a svegliarlo doveva farle più paura di Serge stesso.
E così si era precipitato fuori dalla porta d'ingresso mezzo nudo com'era, con le brache aperte e la camicia slacciata, solo per trovare sul portico Duchesnaud e Moreau.

«Vecchie canaglie» aveva borbottato tra sé e sé, mentre un sentimento dolceamaro gli appesantiva il cuore.

Quegli uomini stati i suoi più cari compagni nella fanciullezza trascorsa tra gli Uroni: avevano condiviso cibo, coperte, il primo sorso di vino e la prima battuta di caccia e poteva ancora scorgere, sotto le barbe incolte e le rughe scavate anzitempo dalle intemperie, i volti che l'avevano accompagnato nel periodo più bello della sua vita.
Ricordi che poco avevano a che vedere con il momento presente.
Edmond e Xavier si erano inoltrati nel cuore delle foreste del Nuovo Mondo e ne erano emersi come uomini diversi, rapaci e scaltri, più avvezzi a combattere un orso che a dormire in un letto.
O forse erano sempre stati così e lui non era stato capace di vedere oltre, Serge non avrebbe saputo dirlo; sapeva però che le loro visite risvegliavano nel suo animo un profondo affetto e allo stesso tempo una repulsione difficile da spiegare a parole — un misto di disapprovazione per ciò che erano diventati e rimpianto per ciò che avrebbero potuto essere.

Fu tentato di tornare sui propri passi, fingersi ancora addormentato ed evitare così di incontrarli; ma poi scorse sua moglie, che sostava accanto a loro più rigida e composta del solito, così pallida da sembrare sul punto di svenire. Anche Étienne dovette avere lo stesso pensiero, perché le si fece più vicino e scoccò ai suoi vecchi amici un'occhiata truce.
Serge sospirò, allacciandosi le brache, poi emerse dalla penombra del portico e lasciò che Edmond e Xavier si accorgessero della sua presenza.
«Cosa sta succedendo qui?»

I due coureurs de bois lo salutarono con esclamazioni vivaci, mentre i loro occhi correvano dalle sue vesti trasandate, ai piedi nudi, alla barba lunga – per poi posarsi, pieni di stupore e curiosità, sul viso di Marion. Serge digrignò i denti dietro le labbra serrate fino a farli scricchiolare. 

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