Five~

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C'è una sola cosa
che valga in arte:
quella che non si può spiegare.

(Georges Braque)

(Georges Braque)

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Jimin non riusciva a studiare, non riusciva a concentrarsi, non riusciva a pensare. O meglio poteva pensare ma la sua testa era riempita dalle cose sbagliate.

Jimin non si era mai realmente innamorato, aveva avuto delle storielle sporadiche con ragazze e ragazzi senza capire a pieno cosa preferisse, verso quale sesso tendevano di più i suoi interessi finchè aveva smesso di chiederselo e di farsene una colpa. Il giorno in cui avrebbe trovato la persona adatta a lui, l'avrebbe finalmente capito ma fino a quel momento aveva deciso di smetterla di pensarci.

Il problema era che ora stava succedendo qualcosa al suo cuore e al suo stomaco, la sua testa gli diceva delle cose ma il suo corpo ne voleva delle altre, pensava in un certo modo ma poi agiva facendo totalmente l'opposto. Non avrebbe dovuto interrompere il suo professore durante una spiegazione, non avrebbe dovuto parlargli del proprio lavoro invitandolo praticamente ad andare a trovarlo, non avrebbe dovuto farsi toccare, non sarebbe dovuto salire sulla sua macchina, non avrebbe dovuto lasciare che si creasse una situazione in cui loro due si sarebbero ritrovati così vicini, corpo contro corpo. Eppure l'aveva fatto, aveva fatto tutte quelle cose perché gli erano sembrate giuste, perché sentiva che quello era ciò che lo avrebbe reso felice.

E poi si era spaventato perché Jimin non si era mai innamorato e non era in grado di dare un nome alle emozioni che provava quando si trovava in compagnia del professore. Il suo cuore e il suo corpo lo volevano, la sua mente gli urlava che era sbagliato, che doveva fermarsi a riflettere prima che la situazione degenerasse.

Appoggiò la schiena alla sedia e chiuse con un tonfo il manuale e il quaderno con gli appunti, ben consapevole che ormai non sarebbe mai stato in grado di studiare e apprendere qualcosa. Si portò la penna alla bocca, giocò con la plastica mentre i suoi ricordi volavano al pomeriggio precedente. Girò leggermente la testa e fissò lo sguardo contro quei vestiti, quei pantaloni e quella maglietta che appartenevano ad Hoseok, che erano ancora intrisi del suo odore anche se li aveva lavati col pensiero di doverglieli restituire.

Aveva dormito con quella maglietta addosso tutta la notte, per sentirlo un po' più vicino a sé, per percepire quel calore che lo aveva fatto sentire stordito. E Jimin quella notte non aveva realmente dormito perché il suo cervello non aveva smesso di pensare neanche per un secondo alle mani di Hoseok sul suo dorso, la presa ferrea sul polso e poi sul braccio, i loro fiati a mischiarsi, le loro labbra a sfiorarsi. C'erano andati veramente vicini, solo un paio di secondi in più e Jimin avrebbe potuto finalmente assaggiare quelle labbra che nei suoi sogni tanto aveva bramato ma purtroppo la sua coscienza era stata più forte, l'aveva riportato in posizione e l'aveva fatto scappare e correre via, letteralmente.

What is art? | hopeminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora