Prologo

17 1 0
                                    

Melisandre era una brava bambina. Faceva i compiti, riordinava – molto più spesso rispetto alla media – la sua stanza, non discuteva se le si diceva di lavarsi i denti o filare a letto; non alzava la voce, non batteva i piedi e, aveva scoperto, era molto brava in aritmetica. Aveva molta fantasia, questo era indubbio, ma non erano fantasie di certo maligne.

Quale bambino non s'inventa storie, durante l'infanzia? Quale bambino non fantastica ad occhi aperti?

Melisandre era una brava bambina. Da che l'aveva accolta con loro e i loro figli, non aveva mai fatto i capricci e ogni qualvolta si trovava in una situazione di difficoltà diventava estremamente meticolosa; se non faceva i compiti, o non raggiungeva i risultati sperati, al suo ritorno trovava la sua stanza ben ordinata e la bambina composta alla scrivania a scribacchiare o sul tappeto a giocare, tranquilla.

Melisandre era una brava bambina. Anche se portava sempre con sé un orrendo pupazzo sgualcito, che sia lei che suo marito avevano rammendato infinite volte. Se fosse dipeso da lei, l'avrebbe buttato via e gliene avrebbe acquistato uno nuovo e molto più bello. Il problema era che quell'orrido mucchietto di stoffa cucita e ricucita che lei si portava dietro ovunque andasse era strano: non la bambina, il pupazzo.

Strano.

Ogni volta che aveva provato a toglierglielo, la piccola da tranquilla che era iniziava a sbiancare, a farfugliare, a innervosirsi e arrivava addirittura alle lacrime tanto in fretta che alla fine avevano dovuto desistere e lasciare quell'oggetto nelle sue piccole e tenere mani. Suo marito diceva che era solo soggezione, ma si sentiva come se avesse lasciato alla bambina un coltello a serramanico in mano.

Si era domandata infinite volte cosa rappresentasse: Melisandre apparentemente non ricordava niente di ciò che poteva aver vissuto prima di giungere alla loro attenzione, sulla macchina della polizia guidata da suo fratello e dal suo collega. Non aveva saputo dire il nome dei genitori, non aveva riconosciuto il nome del fantomatico zio che aveva firmato la lettera con cui l'aveva lasciata in mezzo di strada.

Niente.

Tabula rasa, blackout totale.

E la piccola Melisandre non sembrava interessata a niente di materiale: non faceva una piega se davano via i vestiti troppo piccoli o rovinati, non ne faceva se passavano qualche gioco ai bambini dell'orfanotrofio di cui era la direttrice. Niente, non un 'pio'. Dove la si metteva, essenzialmente, stava. A patto che non le toccassero quel giocattolo brutto, vecchio e sgualcito.

La osservò nel giardino della loro casa londinese, in piedi accanto a sua figlia Carol che aveva pressappoco la stessa età e, seduta al tavolino di plastica, stava disegnando un vestito su un foglio di carta bianco. Sorrise tra sé, notando come sembrassero l'antitesi l'una dell'altra: per quanto i capelli di Melisandre fossero folti, mossi e corvini tanto più sua figlia appariva bionda e ricciolina. Eppure andavano indubbiamente molto d'accordo.

Carol sembrò intenzionata a convincere la sorella adottiva a infilarsi la passata rosa acceso che aveva portato fino a quel momento lei. Guardò Melisandre scostarsi, diffidente, prima che si voltasse verso di lei ed incrociasse i suoi occhi per un secondo. Le restituì un piccolo sorriso d'incoraggiamento.

La bambina abbassò appena il capo e lasciò che sua figlia le infilasse il cerchietto che risaltò ancora di più sui capelli scuri di lei. Fucsia sull'onice.

«Ora sei una principessa anche tu!» esclamò Carol, con un sorriso sdentato ma contagioso, battendo le mani.

Melisandre fece un timido sorriso di rimando, incerta, come se non sapesse come interpretare quelle attenzioni. Le sue dita strinsero quell'orrendo pupazzo rattoppato affondando nella stoffa morbida mentre fissava sua figlia.

Per qualche ragione, osservando quel gesto apparentemente innocuo, si trovò a deglutire e sentì il proprio sorriso appassire.

Melisandre era una brava bambina.

***





Nota autrice
Ciao a tutti*! Sono nuova del fandom di Harry Potter, nonostante questa storia sia nata ben quattro anni fa. L'ho ritrovata durante il lockdown e, dopo aver riletto il Calice di Fuoco (nel corso della storia capirete perché), mi è tornata l'ispirazione ed ho iniziato ad aggiustarla con l'intento di pubblicarla quando fossi stata soddisfatta dell'operato.
L'idea di partenza probabilmente a qualcuno risulterà banale, ma spero di rendere la storia comunque interessante.
I primissimi capitoli sono già pronti, quindi dovrei riuscire ad aggiornare abbastanza rapidamente... per i nuovi, benché abbiano già uno 'scheletro' probabilmente ci sarà un pochino di più da aspettare, ma spero di riuscire ad aggiornare con una regolarità dignitosa.

Il nome 'Melisandre' non è un riferimento a GoT, nonostante sia una fan della saga sia letteraria che televisiva (almeno fino ad un certo punto, di quest'ultima); semplicemente, da quando è 'partito il treno' di questa storia, il nome è sempre stato quello senza che ci sia una ragione precisa.

Non ho molto altro da aggiungere se non che spero che questo primo sprazzo vi sia piaciuto!
Ringrazio chiunque abbia speso qualche minuto per leggere fino a qui, ogni commento/suggerimento/critica è ben accetta e se avete qualche domanda, siete assolutamente i benvenuti!

A presto e grazie a tutti!

P.S.: se qualcuno dovesse notare un cambiamento nel nome del mio account, è tutto regolare; ho fatto richiesto di modificazione da 'Kaithlyn24' a 'Arlie_S' qualche giorno fa e attendo fiduciosa che la modifica avvenga.

Lo SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora