Per anni, sapevo che avrei continuato a vedere quelle facce maligne che mi osservavano. Che ridevano.
Gli spogliatoi della palestra erano deserti, la nostra insegnante di ginnastica se ne era già andata da un pezzo, fuori era buio.
Ma io ero lì, con le spalle contro quegli armadietti gelati. La mente a volte rifiuta di accettare quello che succede, perché malgrado si sforzi, non è in grado di comprenderne il motivo.
Di solito mi estraniavo da tutto, annullandomi, ma quel pomeriggio non ci stavo riuscendo.
Continuavo a rimanere immobile, con i miei pantaloncini da ginnastica e la maglietta spiegazzata, e speravo che loro se ne andassero.
Ma sapevo che non lo avrebbero fatto.
«Allora, faccia di merda» sentii dire. «Te la fai fare questa foto, o no?»
Chuck Logan, uno di quelli che mi tormentavano dal primo anno di liceo. Avevo subìto di tutto, in quei tre anni, fin da quando ero una matricola.
«Spremile ancora quelle tette da troia» rise Eleanor Dukes, che era la sua ragazza. «Mi piace un casino, quando lo fai. Ha proprio le tette da troia.»
Strinsi le labbra, trattenendo il pianto.
Cercai di coprirmi con le braccia, ma non me lo permisero. Sentii addosso le mani di tre ragazzi che mi toccavano il seno con brutalità.
«Basta» mormorai, appena.
«Cosa c'è, faccia di merda? Non ti piace?» Un altro mi si avvicinò, palpandomi fra le cosce. Rabbrividii dalla paura.
Era dal primo anno che mi chiamavano in quel modo. I miei occhi slittarono verso una delle finestre dello spogliatoio: era buio inoltrato.
Sarei dovuta essere a casa da un pezzo. Le mie compagne di classe mi avevano trattenuta, con la scusa di parlarmi, e io come al solito avevo abboccato.
Pochi minuti dopo che la nostra insegnante era andata via, avevo visto entrare Chuck e due dei suoi amici nello spogliatoio femminile e avevo capito cosa mi avrebbero fatto.
Il giorno prima, mi avevano fatto trovare sul banco dell'aula di storia un assorbente usato. Trattenendo il disgusto, ero andata a buttarlo nel cestino prima che entrasse il professore, piegandolo dentro dei fazzoletti di carta, per evitare di toccarlo con le mani.
Una volta, avevano aperto il mio armadietto e avevano sparpagliato sul corridoio del liceo tutta la mia roba, scrivendo sull'anta Shit Face.
«Facciamo questa cazzo di foto, tra un po' passerà quello stronzo del bidello» disse Chuck, risoluto.
Le mani che mi avevano palpata tornarono sul mio corpo.
«Sbrigatevi, questa cretina a breve si metterà a piangere» Eleanor parve schifata. Mi odiava, tutti mi odiavano, ma non ero mai riuscita a comprenderne il perché.
Non ero mai stata un tipo che attirava l'attenzione, ma forse era proprio questo che non andava in me.
Vanessa Hope, faccia di merda, il bersaglio di tutta la scuola.
Qualcuno mi spinse forte e picchiai la guancia contro l'armadietto. Tutta la fila rullò come dei tamburi che segnavano la mia condanna a morte.
«Eleanor» mi rivolsi a lei, perché sapevo benissimo che era tutta opera sua. «Scusami.»
«Scusami?» ripeté, infuriata.
Mi si avvicinò, mentre Chuck mi teneva ancora con la faccia contro l'armadietto, torcendomi le braccia dietro la schiena. «Senti, troia... Forse non hai ancora capito che non ci sono scuse per quello che hai fatto. Ora ti tocca.»
STAI LEGGENDO
DESTROYED (ESTRATTI)
Mystery / ThrillerPer colmare il vuoto che la attanaglia, la depressione adolescenziale causata dall'essere vittima di bullismo al liceo e dalla continua pressione dei genitori, Vanessa tenta il suicidio, a diciassette anni. Alcuni anni dopo, si laurea in psicologia...