Call me, maybe.

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Un rumore sordo fece sussultare Linda, che per poco non cadeva giù dal materasso: proveniva dal corridoio.
Guardò l'orologio poggiato sul comodino e le lancette segnavano poco meno delle quattro e mezza del mattino.
Con il cuore in gola si diresse verso la porta della sua stanza e non troppo sicura l'aprì.
Udì altri rumori di passi, qualcosa che veniva trascinato e infine la porta chiudersi.
Si fece coraggio e uscì, rimanendo senza parole nel bel mezzo del corridoio: non le erano mai piaciute le sorprese.
-Ciao, sorellina! Ti ho svegliata?-
Il ragazzo che era davanti a lei sorrise, poi lasciò cadere per terra un borsone e corse ad abbracciarla.
-No, Cristiano! Mi hai solo fatta morire di paura!-
Le posò un bacio sulla fronte e si allontanò per guardarla meglio.
Non si vedevano da più di un anno.
-Scusa, non volevo spaventarti... Ma quanto sei diventata bella?-
Fissava quella ragazza con la luce dell'orgoglio negli occhi, ma anche un velato senso di colpa.
Ma dopotutto lo stava facendo anche per lei: sarebbe diventato qualcuno soprattutto per sua sorella e le avrebbe donato una vita migliore.
-Che ci fai qui?-
Nel tono della voce di Linda non c'era alcuna traccia di contentezza.
-Sono venuto a trovare te e la mamma. Non sei contenta?-
La ragazza scosse la testa, perché non voleva e non poteva abituarsi alla sua presenza.
-Ma certo... E che avrei preferito che tu mi avvisassi, piuttosto che entrare in casa come un dannato ladro!-
Il biondo spalancò le braccia e sorrise.
-Sorpresa!-
Ma per quanto si sforzasse, sua sorella sembrava tutt'altro che felice di vederlo.
-Io torno a letto, domani lavoro. La tua stanza è rimasta esattamente come l'avevi lasciata. Buonanotte.-
Lo lasciò lì da solo in mezzo al corridoio e tornò nella sua piccola camera.
Chiuse la porta e si fiondò sul materasso, avvolgendosi nel piumone caldo e morbido.
Quel tepore era così confortevole da sembrarle quello di un abbraccio.
Poi a un certo punto, le palpebre le divennero pesanti, ma prima di sprofondare di nuovo in un sonno profondo una lacrima triste le rigò la guancia.
Dopo quelli che le parvero pochi minuti, la sveglia impostata sul cellulare cominciò a squillare e Linda fu costretta a svegliarsi.
Si stropicciò il viso, ma prima di mettersi in piedi annusò l'aria.
Che cos'era quell'odorino invitante?
Entrò in cucina e con sua enorme sorpresa trovò Cristiano ai fornelli, intento a preparare una frittata.
-Uova alle sette e mezza del mattino? Non sei più in Inghilterra, fratello.-
Il biondo sbadigliò assonnato e annuì.
-Ti sorprenderà scoprire che sono molto più salutari di quelle merendine sotto marca che mangi tu.-
Linda fece spallucce e avviò la macchinetta del caffè.
-Senti, io sto andando al lavoro. Ci pensi tu alla mamma per oggi?-
Cristiano annuì.
-Certo, ci penso io... Però pensavo che ti prendessi almeno un giorno libero, per stare tutti insieme.-
Qualcosa di pesante venne sbattuta contro il piano da lavoro della cucina: era la caffettiera.
-Ah, si? E come le pago le bollette? Le visite e le medicine di mamma? Con i soldi che non ci hai mai mandato?-
Linda sentiva gli occhi pizzicare e il bisogno di piangere strozzarle la gola.
Poi si guardò intorno.
C'era caffè ovunque.
-Pulisci questo cazzo di casino. Almeno questo lo puoi fare?-
Se ne andò via e si rifugiò in bagno, dove diede sfogo alle sue lacrime sotto la doccia calda.
Cristiano non la cercava mai, le inviava giusto qualche sporadico messaggio.
Non si interessava della sua vita, né tantomeno di quella ormai spenta di sua madre.
Diceva a tutti che era andato in Inghilterra per dare un futuro migliore a tutti loro, ma la verità era che quella era solo una scusa che usava davanti alla gente per gonfiarsi il petto d'orgoglio e pavoneggiarsi.
-Buon lavoro, sorellina.-
Sussurrò, quando vide sua sorella uscire di casa come una furia.
Ma non ricevette risposta.
Quando Linda arrivò in libreria tirò un sospiro di sollievo, perché lì poteva accantonare tutti i drammi della sua vita privata e concentrarsi su qualcosa che amava: i libri.
Era impegnata a sistemare lo scaffale della sezione young adult e la radio riproduceva la canzone "As it Was" di Harry Styles.
In quel momento nulla poteva andare storto.
-Signorina, mi consiglierebbe un libro da leggere?-
Prima ancora che si girasse dall'altra parte sorrise, perché quella voce l'avrebbe distinta fra mille.
-Sono a sua completa disposizione, signore!-
Esclamò sorridendo a trentadue denti e finalmente guardandolo.
Era semplicemente bellissimo.
-Beh, se me lo dici così...-
Sussurrò Alessandro con un sorrisetto e Linda gli tirò un leggero pugno sul braccio possente.
-Dai, stupido! Ti serve davvero un libro?-
Lui si grattò la testa rasata e piegò le labbra fino a farle diventare una linea sottile.
-In realtà no, sono solo venuto ad accertarmi che stessi bene.-
Okay, era ufficiale: qualcuno in quella stanza stava per morire di infarto e quel qualcuno portava il nome di Linda Bianchi.
-Gr...grazie, ma non dovevi!-
Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Alessandro la attirò a se, abbracciandola.
-Che razza di angelo custode sarei?-
Poi si staccò e a Linda sembrò che le avesse tolto l'ossigeno.
-Ci si vede in giro.-
La lasciò lì così, andando via su due piedi, ma con il suo solito bellissimo sorriso stampato in faccia.
Una volta che fu uscito dal negozio, Linda si accasciò contro lo scaffale di legno.
Chiuse gli occhi e cominciò a respirare forte.
Era tutto un sogno, quello che stava accadendo non poteva essere vero.
Era tutto solo un dolce e meraviglioso sogno e presto si sarebbe risvegliata.
In più il panico e lo sconforto la assalirono quando realizzò che l'aveva vista in quello stato: con il grembiule rosso da lavoro, i capelli raccolti in una crocchia disordinata e il viso stanco senza nemmeno un filo di correttore a coprire quelle orrende occhiaie.
Dopo quell'incontro la giornata proseguì tranquillamente fino alla chiusura del negozio.
-Buonanotte a tutti ragazzi!-
Esclamò Linda, mentre toglieva il suo grembiule e lo appendeva nell'armadietto del magazzino.
Si salutarono, ma mentre Linda si stava allontanando dalla vetrina una voce la fece voltare.
-Oh, tesoro! Prima ti è caduto questo biglietto!-
Una sua collega le porse il foglietto di carta e lei corrucciò lo sguardo.
-Grazie...-
Rispose un po' titubante, non capendo in quale modo quel pezzo di carta potesse appartenerle.
Era un pezzo di foglio a quadretti piegato in due parti, così lo aprì.
Era un numero di telefono.
"Ora sai dove contattare il tuo angelo. Aspetto un tuo messaggio."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 15 ⏰

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RAMEN GIRL | Massimo PericoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora