Chapter 1

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"Allora..." dico controllando le mie unghie laccate di nero ancora umide "posso dirti una cosa vero?"

"Dopo 5 anni in cui abbiamo abitato in città diverse e non ho potuto vedere la tua bellissima faccia tutti i giorni, la cosa che mi mancava di più era sentirti confidare i tuoi segreti, quindi dimmi tutto"

Ellen aveva questo modo così piacevolmente poetico di parlare che faceva sembrare qualsiasi altra persona priva di ogni capacità lessicale.

Mi decido a chiederle, come prima cosa, il numero di quel ragazzo

"Quel certo Luke" la voce mi muore in gola quando scuote energicamente la testa

"Proprio lui dovevi notare?" sospira abbandonando la penna che rotola fino a cadere sul tappeto

"Perché?" formulo la domanda un po' delusa

"Ama fare sesso senza impegni diciamo" spiega mentre raccoglie la penna dal pavimento e la getta sulla scrivania con un rumore sordo

"E indovina?" mi si avvicina facendo strisciare la sedia sul pavimento

"Cosa?"

"Dopo averti ripassata per bene ama sottolineare che non ti ama per poi lasciarti sola nello squallido motel in cui ti aveva portata per consumare il rapporto" mi guarda negli occhi per sottolineare la sua affermazione

Alzo il labbro rassegnandomi

"Diciamo che non è proprio il tipo di appuntamento che vorrei" borbotto poi quando lei si allontana per legarsi i capelli in una coda stretta

"Esatto" risponde continuando a scrivere sul foglio "ti meriti di meglio"

Faccio spallucce anche se so che non può vedermi.

————

A svegliarmi è un bacio umido che preme sulla mia guancia

"Mamma" mugugno agitando le braccia a caso

"Buongiorno tesoro" con gli occhi ancora chiusi sento il letto piegarsi nel punto in cui lei si è seduta, li apro lentamente e la sua figura si delinea in controluce

"Che ore sono?" chiedo sfregandomi le palpebre

"Le sei" risponde allegra. So di averle espressamente chiesto di svegliarmi a quell'ora, ma in questo momento vorrei non averlo fatto.

Mi metto a sedere a fatica mentre la mia vista mette a fuoco il suo viso giovane, segnato solo da poche rughe d'espressione.

Era rimasta incinta di me a sedici anni, per uno stupido errore e ora, a soli trentadue anni, si trova una figlia sedicenne di cui occuparsi. Era dovuta crescere troppo in fretta ma non ne sembrava triste, o almeno non lo dava a vedere.

"Arrivo" dico con la voce impastata dal sonno. Quando i miei piedi nudi toccano il pavimento freddo, rabbrividisco; l'unica nota positiva del mattino è quell'atmosfera di pace e torpore che avvolge tutto, come un limbo che precede la giornata con i suoi ritmi frenetici.

Dal salotto sento provenire la voce di mio padre che dice qualcosa e mi sbrigo ad uscire dalla stanza per salutarlo

Dalla cima delle scale lo vedo aprire la porta con la giacca della divisa da pompiere appoggiata sul braccio

"Ciao papi" urlo per farmi sentire, lui si gira accorgendosi della mia presenza e il suo viso si allarga in un sorriso, aspetta che scenda le scale e gli lasci un veloce bacio sulla guancia ispida di barba

"Fai la brava a scuola" sbuffo mentre mi lancia uno sguardo ammonitorio ed esce di casa. La tipica frase da padre non se la sarebbe mai risparmiata.

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