3. Sette giorni

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Sono le tre del mattino e io non dormo. Ripenso a tutto, alla festa, a chi mi guardava e ci dava dentro con i pettegolezzi, al patto fatto con il capo di stato polacco e poi lui.
Colui che ho sempre guardato da lontano.
Io che ho sempre avuto la politica come primo pensiero nella testa ora mi ritrovo a pensare ad un uomo che per quanto sia bello, intelligente e dinamico potrebbe mandare in fumo tutto il duro lavoro che ho fatto per arrivare dove sono.

E strano se dico che in questo momento lo vorrei qui? Non nel mio letto ma qui accanto a me in modo che mi spieghi il perché delle sue parole, del suo comportamento. Posso dire che da quando lo conosco questa è la prima volta che manda la mia testa così tanto in confusione da non riuscire a prendere sonno.

Il mio cellulare inizia a squillare come se mi avesse sentita e la cosa sinceramente un po' mi spaventa.
Rispondo? Non rispondo? Sarei tentata a spegnerlo se, prendendolo in mano, non notassi che la chiamata proviene dall'interno della casa bianca.
-Sono le tre del mattino io vorrei dormire. -
La mia voce e scocciata ma a quanto ho capito alla segretaria del Presidente degli Stati Uniti D'America non interessa .
-Ha solo 5 minuti per presentarsi nella sala ovale. -
Guardo il soffitto e maledico quella stupida segretaria che non si è mai fatta influenzare da me.

Percorro il corridoio fino a giungere alla mia meta, apro la porta e mi trovo davanti mia madre, con il suo capo staff, il capo di stato, e poi lui colui che mi sta rendendo impossibile dormire.
Tutti gli sguardi sono su di me compresi quelli di mia madre che giudicano quello che indosso.
-Cosa c'è mi hai dato cinque minuti per essere qui, rinuncio ai vestiti ma non al tacco dodici. -
Le rispondo mettendo in mostra i miei tacchi di pelle nere coordinate alla mia bellissima vestaglia di seta grigia. Amo i colori scuri ma di certo non evito quelli avversi quando necessario.
Mia madre squote la testa ma non ribatte. Mi guardo in torno e il suo sguardo brucia sulla mia pelle nuda, cosa diamine ci fa lui qui.

-Signorina Katerina abbiamo urgentemente bisogno del suo aiuto. -
Il Segretario di Stato pronuncia queste parole con così tanta sofferenza che mi concentro solo su lei.
Sana Taylor segretario di stato proposto da me a mia madre ha 62 anni ma si mantiene tremendamente bene, e brava nel suo lavoro al punto da sapermi tenere testa quando necessario.
-Che cos'è successo. -
La mia voce diventa seria, la Katerina figlia del presidente lascia il posto alla Katerina addestrata a prendere decisioni importanti in momenti difficili.

-E appena scoppiata una guerra civile in Libia. -
Mi porto la mano alla fronte sospirando, sembrava troppo bello per essere vero. Era un po' che li le cose si erano placate.
-Le motivazioni? -
-Vogliono far cadere il governo, giustiziare il presidente in carica e porre al suo posto Abed Mousa. -
Sospiro.
-Il re della droga e del traffico di minori. -

Inizio a camminare avanti e indietro, questo non va proprio per niente bene.
Il capo staff di mamma, David mi guarda con il suo solito volto sempre arrabbiato. Lui odia che ogni volta che ci siano problemi veramente seri io venga chiamata in causa, ritiene che una "ragazzina di 23 anni non dovrebbe ficcare il naso in segreti di sicurezza nazionale". Peccato per lui che io abbia più potere di quando si immagina.

-Sostengono che il presidente in carica sia stato scelto dagli Stati Uniti e non dal popolo per tenere sotto controllo la Libia. -
Interviene Alex mentre si alza dalla poltrona per porgermi il fascicolo.
Le nostre mani si sfiorano, i brividi mi assalgono ma non è questo che mi porta a sentire imporvvosamente caldo.
-Mossa sbagliata presentarti qui con solo la vestaglia. Non immagini i pensieri sconci che la mia mente sta facendo sulle tue gambe. -
Lo dice così piano che ho quasi paura di essermelo immaginate.
Si allontana sorridendo mentre io cerco di ricompormi il più velocemente possibile.

-Katerina cosa consigli di fare. -
Mia madre mi guarda speranzosa di una mia mossa geniale ma in questo momento la mia mente sta vagando in posti in cui la politica c'entra poco.
-L'unica cosa da fare è mandare delle truppe e pregare che ci siano meno morti possibili. -
La voce del capo staff mi riporta alla realtà dove sempre che io sia la sola a voler dar vita alla pace in modo diplomatico e non attraverso l'utilizzo dell'attrezzatura pesante.

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