19. Fratello e sorella

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-Credo di non sapere di che cosa stia parlando. -
Mi sento confusa, tremendamente confusa.
-Signorina lei non lo sa? -
-Cos'è che non so. -
L'uomo resta immobile esattamente come me, perché sa che ogni suo movimento non calcolato mi farebbe scattare.
Lo vedo indugiare con lo sguardo sul mio corpo parzialmente coperto dalla camicia di Alex alla quale ho abbottonato giusto due bottoni.
Schiocco lo dita per riportare la sua attenzione sul mio volto.
So di essere bella ma questo non è il momento!
-Suo padre e il figlio del nostro presidente Russo. -
Lo guardo come se gli fosse appena spuntata una seconda testa, davanti ai miei occhi.
-Menti. -
E la sola cosa che riesco a dire mentre, con una forza che non so da dove ho raccolto mi avvicino a lui.
-No signorina non mento, lei è discendente di Waslavic, il presidente Valter Waslavic e suo nonno. -
Il respiro rallenta e la testa mi gira.
-Se sono una discendente russa, allora perché mi avete sparata. -
L'uomo abbassa la testa.

-Era un test signorina. Un test che il presidente sottopone a tutti coloro che ritiene degni di lavorare al suo fianco o ai membri della famiglia che ritiene giusti per sostituirlo. -
Lo stomaco e sotto sopra e una gran voglia di vomitare mi assale.
-Vattene! -
-Ma signorina. -
Cerca di avvicinarsi ma invece io mi allontano.
-Saprai trovarmi ne sono certa, ma per ora tu devi andare via. -

L'uomo sembra capire che è arrivato per lui il momento di lasciarmi metabolizzare la situazione.
Nel momento in cui l'uomo lascia la casa nel buio più totale io decido che è arrivato il momento di riprendere in mano la situazione.
E stato bello per un paio di ore non essere la pupilla della casa bianca ma ora devo riprendere il mio posto.

Salgo al piano superiore entro in camera di Alex e senza svegliarlo riesco a rivestirmi velocemente. Gli lascio un biglietto sul letto in cui gli dico di venire domani alla casa bianca appena sveglio perché avrò bisogno del suo aiuto.

Non vorrei lasciarlo in un letto vuoto, non voglio che pensi che per me questa notte non sia stata importante, ma al momento ho delle questioni troppo importanti di cui occuparmi.
Riesco a trovare un taxi libero e farmi portare alla casa bianca, in meno di cinque minuti sono nella camera della mia segretaria che trovo addormentata con una delle mie guardie del corpo.
-Signorina Katerina ma cosa.-
Sembra visibilmente sorpresa di trovarmi nella sua stanza alle tre del mattino, sembra anche quasi imbarazzata del l'uomo al suo fianco che mi guarda con la vergogna negli occhi.
-Signorina vi posso spiegare tutto. -
Il ragazzo sembra sul punto di volermi dare spiegazioni che non mi interessano, e che faccio a meno di voler sapere.
-Non mi importa nulla che voi scopiate insieme, a me interessano quei documenti che ti ho richiesto, dove sono.-
Sono frettolosa, sbrigativa ora non ho altro per la testa se non scoprire se quello che mi ha detto quel russo stanotte sia vero oppure no.

-Sono sulla scrivania signorina. -
Mi indica una scrivania in fondo alla stanza alla quale mi dirigo velocemente per poi prendermi quello che desidero.
Sono sul punto di andare via e chiudere la porta dietro di me.
-Domani mattina alle otto ti voglio da me. E perfavore affitatevi una stanza d'albero non amo che si scopi a cinque camere dalla mia. -

Vado via dritta in camera, mi metto seduta sul mio letto prima di respirare pesantemente.
Apro il fascicolo e come prima cosa leggo il vero cognome di mio padre, e di conseguenza anche quello di mia madre. Lui un russo figlio di un presidente, lei un americana figlia di un ex capo di stato molto potente prima di essere assassinato dal presidente russo Victor Waslavic.
Leggo diversi documenti tra i quali quelli ufficiali in cui mio padre ha cambiato cognome e quelli in cui chiedeva asilo politico in America. Trovo la conferma a tutte le parole di quell'uomo con cui ho parlato stanotte ma non trovo nulla sull'assassinio del padre di mia madre, nulla che spieghi perché mio padre abbia rinnegato mio nonno e la sua terra, nulla sul perché tutto questo mi è stato nascosto.

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