Era una giornata calda e il sole era tanto forte che sembrava volesse entrare dalle finestre, fuori appariva tutto immobile come se il mondo avesse deciso, da un momento all'altro, di fermarsi. Sembrava il tempo giusto per un momento felice, ma non era così.
-Tranquilla puoi tornare a casa, non c'è bisogno che resti ancora.
-E se si sveglia e io non ci sono?
-La vedrai dopo, non ti preoccupare. E poi non è detto che si svegli ora.
-Lo sai cosa hanno i medici, no? Potrebbe aprire gli occhi da un momento all'altro.
-Almeno vai alle macchinette a prendere qualcosa. Non ce la faccio a vederti così. Tra i turni e Zara sei sempre qui.
Era rimasto identico a 12 anni prima, sembrava sempre un'adolescente che però aveva perso la stronzaggine dell'età. Aveva i capelli neri a grandi riccioli e gli occhi blu, molto profondi. Non era più dinoccolato ma aveva un bel fisico, aiutato dall'altezza.
-Allora vado, torno subito.
Fece un mezzo sorriso e sibilò un "a dopo"; mi sarebbe piaciuto vedere cosa nascondeva dietro quella maschera di tranquillità.
Camminando tra gli ospedali, osservando i degenti, il mondo sembrava bloccato. Il tempo aveva detto stop e tu in un attimo non smettevi di decidere. Avevano tutti le stesse facce bisognose d'aiuto e di cure. Era sempre come se chiedessero "ti prego, salvami". Ma tu li guardavi con un'aria come per dire "scusa, ma non posso fare nulla per te". Erano vite bloccate in un oblio di attesa, incastrate tra medicine e visite. Ed era ingiusto perché questa sorte toccava solo ad alcuni.
L'unico reparto felice era maternità. A volte mi capitava dopo i turni di lavoro di passarci, anche se non era più come una volta che c'era la nursery, mi piaceva intravedere i bambini, nelle loro prime ore di vita, curati accanto ai loro felici genitori. Vorrei aver potuto provare le stesse emozioni di quelle adorabili famiglie.
Quel giorno, però, non passai da maternità ma andai diretta alle macchinette perché fremevo troppo per tornare in camera.
Era difficile spiegare come erano cambiate le mie sensazioni verso Zara in pochi istanti, da quando camminai in corridoio a quando vidi la cartella clinica sul bancone. Forse in un attimo rividi i nostri momenti insieme e compresi i miei sbagli o probabilmente il mio bene per lei non era andato mai via, ma era stato coperto solo da un odio puramente egoistico.
Arrivai alle macchinette, digitai il numero per il sandwich e una volta uscito dal distributore automatico iniziai a mangiarlo, seduta ad una panca lì di fronte. Era abbastanza insipido, il pane molliccio e le salse all'interno non erano troppo fresche, ma sinceramente, quello era l'ultimo pensiero. Poi squillò il telefono nella tasca e da quel momento fu come essere in un sogno. Era l'oblio.

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Polaroid
Teen Fiction"Non c'è percorso giusto, non c'è rapporto sano Ma i ricordi e le esperienze ci rendono ciò che siamo Ricordi impressi in un istante come una Polaroid A volte sembra tutto distante ma è stato scritto per noi Come una Polaroid, come una Polaroid..." ...