Sotto effetto di stupefacenti

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Studiavo, studiavo, studiavo. Volevo il massimo dei voti nella sua materia.

Ero nella fossa del leone e non ne sarei più uscita.

Parlavo di lei con tutti. A ogni parola contenente il suffisso "ale" corrispondeva un mio lieve sussulto. Era un'ossessione che col passare dei giorni si rafforzava. Mi alzavo al mattino con la voglia di uscire di casa per incontrarla e andavo a dormire insieme alle fantasie su noi due che mi coccolavano. La incontravo nei sogni, scrivevo il suo nome sui post-it, sui quaderni.

Era tutto così bambinesco e surreale.



I miei amici si dividevano in due fazioni: quelli che supportavano, che cercavano di capire e assecondare le mie pene d'amore, e quelli che invece dicevano di averla vista lunga sin dall'inizio e che mi suggerivano di lasciar perdere, perché un amore del genere porta guai. Eccome se ne porta. Poi c'erano le sotto fazioni. Prima di tutto quelli che avrebbero voluto che la dimenticassi, cercando di farmi aprire gli occhi e focalizzarmi sulla realtà dei fatti.

Come Ambra Prandi: schietta e realista.

«Lasciala perdere. È adulta, eterosessuale e probabilmente anche sposata. È inutile continuare a immaginare un qualcosa che non ci sarà mai.»

Ambra era la classica ragazza che dopo una delusione d'amore non ci credeva più. Non amava parlare di sé e delle sue relazioni passate, tanto meno del suo orientamento sessuale. Sapevo solo che aveva avuto una storia di pochi mesi con una ragazza, Lea, che era partita per l'Erasmus e non era tornata più indietro.

«Non dico che avrei voluto una vita insieme a lei, ma almeno un ultimo bacio, quello sì. Da quel momento resto con i piedi per terra. So di farti male, ma preferisco che guardi in faccia la realtà, piuttosto che vederti sbatterci la testa.»

Oppure c'era Samantha Falbolo, soprannominata Tripla B da me e dai miei compagni. Bella, bastarda e bisessuale.

«Devi lasciar perdere quella donna» mi disse, un giorno. «Il modo in cui ti guarda e le parole che ti dice non promettono niente di buono. Quella è persa di te, e se mai dovesse nascere davvero qualcosa tra di voi dovrai essere pronta a soffrire. Ti scopa con gli occhi e non mi piace per niente. Fidati, ne so più di quanto tu possa immaginare.»

«Sei andata con una quarantasettenne?» le chiesi ironicamente.

«In realtà ne aveva cinquantadue. È stata l'esperienza più devastante della mia vita.»

Spalancai la bocca, incredula. Nel mio piccolo ero consapevole che Ale mi trovava diversa, ma la curiosità di farmi raccontare una possibile storia simile a tutte le mie fantasie mi divorò.

«Non ci crederò fino a quando non sentirò uscire tutto il racconto dalla tua bocca, Sam.»

«L'ho conosciuta in un locale per scambisti. Uno dei miei amici lavorava lì come spogliarellista e me l'ha presentata. Si chiama Silvia, è una cinquantenne separata e senza figli.»

«Bionda o mora?»

«Bionda, bionda. Che, scherzi? Lo stereotipo della milf. Bionda ossigenata, formosa, due tette enormi e trucco perfetto. Comunque, quella sera girava roba decente. Ce ne siamo smezzate una dose e abbiamo scopato nei bagni del locale.»

«Quindi è stata una storia di una sola notte?» le domandai, presa dalla curiosità.

«Ma figurati! Quella si era presa bene. Il giorno dopo mi sono svegliata in hangover e mi sono ritrovata il suo numero di telefono scritto a caratteri cubitali su una chiappa. Presa dalla foga e incuriosita dall'assurdità di quella situazione, ho salvato il numero e abbiamo iniziato a sentirci regolarmente. Mi invitava a casa assieme al suo gruppo di amiche cinquantenni che sembravano ragazzine. Ci piacevamo e abbiamo iniziato una relazione.»

«E poi com'è finita?»

«È durata poco. Nemmeno tre mesi. Oltre a essersi rivelata una tossicodipendente, Silvia per me era troppo frustrata. Dovevo stare dietro alle sue faccende da cinquantenne: il lavoro, la casa, il rapporto maniacale con l'ex che non le voleva passare nemmeno gli alimenti. Insomma, a vent'anni mi sono infilata in una situazione più grossa di me. Sai, la droga, la mia dipendenza... Penso che questa relazione sia un po' stata il punto di partenza.»

Il racconto di Samantha mi fece rimanere esterrefatta. Sapevo del suo rapporto con la droga, ma non ne aveva mai parlato nei dettagli.

«Ci sei riuscita: mi hai sconvolta. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, ma sono costretta a farti prendere coscienza del fatto che Ale non è altro che la nostra insegnante di chimica.»

Non c'era bisogno di usare la droga per viaggiare, con lei. La mente girovagava da sola, le fantasie erano il mio aereo quotidiano.

«Non so quale delle due situazioni sia peggiore, tesoro.»



Tra gli amici che credevano in me senza preoccuparsi delle conseguenze, invece, c'erano Irene Bertelli e Alfio Marranzano.

La prima era la mia migliore amica, nonché mia compagna di banco dal primo giorno del liceo.

Irene era una persona capace di ascoltare e solo dopo dire la sua: un privilegio non da poco. Lei ci vedeva canoniche, nonostante rivendicasse sempre con orgoglio la sua eterosessualità.

«Linda, come fa a non piacerti il pisello? È così carino! Poi, dai, almeno sceglitela più giovane. Quella è vecchia, ha le rughe!»

Il tutto seguito da un'espressione disgustata. Ogni volta che gliene parlavo, seguiva un commento del genere.

Nonostante le preferenze sessuali incompatibili con le mie, ovvero omaccioni palestrati possibilmente nordafricani, riusciva comunque a capirmi e compatirmi. Era convinta che Ale mi avesse vista fin dalla prima volta con occhi diversi. Per lei, niente apparteneva al caso.

«Devi ascoltarmi: le piaci, Linda. Ti chiama per nome, ti tratta in modo diverso, ti cerca...»

Il secondo, invece, era un mio caro amico. Anche lui suo studente, un anno più piccolo di me. Leggeva manga e guardava anime tutto il giorno. Era appassionato di storie yuri e nel suo immaginario aveva sempre visto me e Ale come due personaggi di un manga. Amava disegnare e si era anche cimentato in alcune opere d'arte raffiguranti me e lei in stile personaggi giapponesi. Ogni volta raffigurava Ale con il seno enorme, quando in realtà aveva una seconda scarsa.

«Guarda, fai così: inizia una relazione con lei e dille che sei mia amica, così magari le farò pena e forse riuscirò a passare da un tre a un sei tirato.»

Alfio era una di quelle persone difficili da capire. Riusciva a ironizzare su ogni argomento. Amava il black humour e ne faceva a bizzeffe. Per questo non sarei mai riuscita a capire che cosa pensasse davvero di una mia possibile storia con lei.

Poco importava. Mi bastavano e avanzavano glischizzi che creava.

Be my SerotoninDove le storie prendono vita. Scoprilo ora