A te, che mi tieni in equilibrio

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Sentii particolarmente la sua mancanza durante le vacanze natalizie. Vederla ogni giorno era diventata un'abitudine. Un senso di vuoto ogni volta che prendevo l'autobus. Non riuscivo a essere quieta sapendo che non avrei incontrato quella chioma bruna, quelle mani che teneva incrociate l'una all'altra. Mi mancava avvicinarmi a lei di soppiatto e sussurrarle: «Salve, prof!»

«Sta diventando una dipendenza» mi avvertì Ambra. Sempre lei, che faceva in modo di metterci bocca. «Usa queste vacanze per dimenticarla. Devi staccarti da lei.»

«Ale ti sta palesemente sul culo» la stuzzicai. C'erano momenti in cui non avrei voluto sentire la ramanzina degli amici: era ovvio che non sarebbero bastati quindici giorni per dimenticarmi di lei.

«No, non mi sta sul culo. Okay, è bassa con i voti ma, a parte quello, al contrario di te io riconosco il suo ruolo.»

«Anche io riconosco il suo ruolo, ma questo non cambia i miei sentimenti, Ambra.»

«Se fossi davvero in grado di accettare il fatto che lei è la tua professoressa, smetteresti di cercarla e di credere in qualcosa che non ci sarà mai.»

Finché il discorso non intralciava i miei sentimenti, andava tutto bene. Quando, però, si finiva a parlare di ciò che provavo, lasciavo perdere tutto e tutti e giravo i tacchi. Con Ale volevo andare fino in fondo. Volevo tornare a scuola e sprofondare nelle sue braccia ma, soprattutto, cominciai a percepire il bisogno di farle capire che per me era diversa.

Carezzavo i suoi guanti ogni giorno, immaginando il tocco delle mie mani sulle sue. Continuavo a chiedermi perché tutta quella gentilezza, e se davvero anche lei mi considerasse diversa oppure continuasse a essere una sporca illusione.



La sera del 31 dicembre la passai in discoteca. Non avevo mai pensato di poter trascorrere capodanno a ballare, ma Samantha e Irene mi ci trascinarono di forza assicurandomi una notte di divertimento.

Entrammo in un locale piccolo, freddo e buio.

La gente stava già ballando in pista, così, dopo aver pagato, ci infilammo anche noi nella mischia.

Irene e Samantha andavano spesso a ballare, anche se con obiettivi diversi. La prima amava prettamente l'ambiente e la musica. Era una fan sfegatata di Rihanna, una di quelle che la seguiva dalla notte dei tempi. Bastavano due bicchieri e si scatenava in pista. Ballava bene, e la gente la guardava e provava ad avvicinarsi senza alcun risultato: Irene alzava la mano e, con nonchalance, mostrava la fede di fidanzamento.

La seconda, tutto il contrario.

Tripla B frequentava discoteche ogni sabato sera e tornava alle sei del mattino con il conto a mente di tutti i ragazzi e le ragazze che aveva deciso di rimorchiare. Di solito, erano una decina a serata.

A me piaceva l'ambiente. Quella sera, però, fu la prima volta in cui non riuscii a lasciarmi andare.

«Che fai lì ferma? Balla, cogliona!» Tripla B, già allegra, improvvisò un twerk su di me che non accennai a ricambiare.

La scansai. «Lasciami stare, Sam.»

«Cos'hai?»

«Niente. Non mi va di ballare.»

Tripla B rubò un paio di shots da un tavolino e li ingurgitò. Si accese poi una sigaretta in pista, in barba alle regole. «Oh, no. Non dirmi che stai pensando ancora a lei. Te l'ho detto, lascia perdere quella donna.»

Soffiò il fumo verso di me. Alzai gli occhi al cielo e andai verso il bancone per cercare silenzio; mi trascinai Irene dietro e lasciai Samantha sola in pista.

Ordinai due bicchieri di Whiskey per me e un cocktail al cocco per Irene. Bevvi il Whiskey quasi d'un colpo e sentii la gola bruciare, il petto e lo stomaco bollenti. Tornai in pista e in dieci minuti avevo la testa pesante. Persi sia Irene sia Samantha.

Bevvi un altro bicchiere e finalmente riuscii a ballare in tranquillità.

Si avvicinarono a me diversi ragazzi. Ci ballai corpo a corpo e ne baciai un paio, con la consapevolezza di trattarli come pezzi di carne da banco, senza che me ne importasse. Le gambe e la testa erano due cose distinte. Mentre le une continuavano a muoversi scosse dall'alcol, l'altra non pensava ad altro che ad Ale.

In poco tempo, dal trovarmi con le labbra su quelle di qualche sconosciuto, mi ritrovai in un angolo nel locale a piangere con il petto che faceva male, ancora mezza stordita. Mi raggiunse Irene, che mi portò un braccio dietro la schiena. Appoggiai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi. Non mancava molto alla mezzanotte.

«Io la amo. Voglio dirle che la amo» farfugliai, con l'alcol in corpo.

Irene mi accarezzò i capelli. «Stupida, non c'è bisogno che tu stia così. La rivedi tra poco. Ti ha anche dato i guanti!»

«Come sei sicura che anche lei provi qualcosa?» biascicai.

«Chiunque riuscirebbe a notare che per lei sei diversa. Semplicemente non può lasciarsi andare come vorrebbe, a scuola. Dalle tempo: ci metto la mano sul fuoco che prova qualcosa per te. E ora alza 'sto culo e andiamo a ballare. Cinque minuti alla mezzanotte.» Irene mi strattonò e mi tirò su con forza.

Cercai di non pensarci troppo, di lasciare viaggiare il mio corpo in quella discoteca, ma appena dopo il conto alla rovescia le dedicai il primo pensiero dell'anno.

Questo va a te, che mi tieni in equilibrio.



Fine dell'estratto!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 13, 2021 ⏰

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