CAPITOLO DUE

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E così arrivò il grande giorno. Stavo per trasferirmi dal nord dell’Inghilterra al centro Italia, più precisamente, in Emilia-Romagna.

Partimmo la mattina presto per poi arrivare verso mezzogiorno. Scesi dall’aereo prendemmo un taxi che ci portò esattamente davanti alla scuola. Salutai i miei genitori, presi la mia valigia e mi proiettai verso questa nuova esperienza. Davanti a me si alzava un edificio enorme di colore bianco, con moltissime finestre che si affacciavano sul prato che circondava la scuola.

Notai quasi subito l’enorme insegna posta sul cancello color nero.

“Recovery school, scuola di recupero” così diceva l’insegna. Indossavo una felpa di cotone e dei jeans chiari e il caldo mi stava uccidendo. In Inghilterra era già tanto se si superavano i 25°C, qua, minimo, ce n’erano 32°C. Venni accolto da un uomo alto e robusto che indossava l’uniforme della Recovery. “Tu devi essere Luke Change, giusto?”

“Sì, sono io” e mi fece strada fino alla stanza in cui avrei alloggiato.

Pareti azzurre delimitavano una stanza abbastanza piccola, con un pavimento a piastrelle grigie. Mi accorsi subito che come stanza non era il massimo, ma c’era un problema molto più grande. Vidi un solo letto, ed era matrimoniale. In camera da solo non potevo essere perché vidi sulle varie mensole oggetti di qualcun altro. Attesi qualche ora nella mia stanza fino a quando vidi aprirsi la porta. “No! lo sapevo che sarebbe successo, ora dovrò dividere il letto con te” esclamò. “Qui nessuno divide niente, io dormo sul letto, tu sul pavimento” risposi io, facendogli capire che tipo di persona ero. “Vabbè, vedremo. Comunque io sono Kevin.” e mi diede la mano. “Luke” e ricambiai.

Non era molto alto, fisico magrolino con capelli castani appiattiti dal gel. Indossava una maglietta maniche corte e dei pantaloncini a strisce verdi.

Dopo aver sistemato le mie cose ed essermi fatto una doccia gli dissi: “Guarda, noi non andremo mai d’accordo perché sono nel posto sbagliato con le persone sbagliate, quindi, ti faccio una domanda e poi ci ignoreremo fino alla mia partenza. Come funziona qui?”

Mi spiegò che la Recovery School ospitava studenti da tutta l’Inghilterra. La maggior parte di loro, studiavano qua tutto l’anno, la minor parte, come noi due, avrebbe dovuto studiare d’Estate per passare l’esame finale e di conseguenza non perdere l’anno. Ovviamente era vietato fumare, bere e rientrare dopo le 23.00 di sera. Ah, ogni alunno aveva anche una specie di “carta dello studente” con trentacinque punti. Chi, senza rispettare le regole, fosse arrivato a zero, sarebbe stato automaticamente bocciato.

Prima di andare a cena, ero sdraiato sul letto e vidi Kevin avvicinarsi: “Allora, mi racconti qualcosa di te?” disse in modo amichevole. “Oh ma non scassare, già sono obbligato a stare in un posto che non mi piace, quindi, io sono io e tu sei tu!” ribattei aggredendolo.

“Ho già capito che tipo di persona sei, ti credi il classico fighetto invincibile, migliore di tutto e di tutti. Così facendo, alla Recovery, dopo due giorni impazzisci. “

“Non sai niente di me, perciò vaffanculo” e finì lì il discorso.

Alle 20.00 in punto seguii Kevin spedito verso la mensa, passando dal secondo piano al pian terreno. La mensa era davvero grande, era occupata da milioni di tavolini e al centro, un tavolo enorme, stracolmo di cibo.

Mi misi in fila. Dopo pochi secondi mi stancai e iniziai a superare tutti. “Ci sono ancora i morti di fame che superano la fila” disse un ragazzo ad alta voce e tutti si misero a ridere. Così, per non dargliela vinta, tornai in fondo. Purtroppo, quando toccò a me, il cibo era praticamente finito.

“Mi sa tanto che stasera salti la cena eh” disse un altro ragazzo. Tutta la mensa scoppiò in una risata unica ed io me ne tornai nella mia stanza arrabbiato e frustrato. Io, Luke Change, deriso da tutti. Non lo potevo accettare.

Dopo circa una mezzora anche Kevin rientrò. “Te lo avevo detto di cambiare atteggiamento!” esclamò lui. Io non gli risposi e andai a letto, anche se era ancora molto presto.

La mattina seguente Kevin mi svegliò alle 7.30. Suppongo che abbia dormito sul pavimento. “Guarda che alle 8.00 abbiamo lezione di matematica” mi disse ancora mezzo addormentato. Io, ovviamente non ne sapevo niente. Mi preparai per il mio primo giorno di lezioni per poi andare a fare colazione, sempre in mensa. “Vieni che ti faccio conoscere alcuni miei amici” disse appena entrammo. Io, mi limitai ad annuire. Più gente conoscerò e meglio sarà.

“Piacere, io sono Luke.” Si presentarono a loro volta. James, un ragazzo alto e palestrato, Jack, prominente quanto basta con una faccia simpatica, Bryan, che assomigliava ad un dj moderno con un paio di cuffie intorno al collo, e Dave, basso ma sembrava un tipo sveglio.

Facemmo colazione insieme per poi affrontare la mia prima lezione.

Solo Kevin ed io però, perché gli altri erano “veri e propri” studenti annuali della Recovery. L’aula era spaziosa, con i banchi posti a ferro di cavallo e una grossa finestra che si affacciava sul prato. La prof di matematica, la signora Juliet, mi accolse calorosamente. Indossava come tutti gli altri docenti un’uniforme, con scritto Recovery School. Quel nome era davvero stupido.

A circa metà lezione, ripresi le vecchie abitudini. Feci una pallina di carta e la scagliai contro un altro alunno, che nemmeno conoscevo. Lo colpii in testa, feci finta di niente e lui non se ne accorse. Gli altri ragazzi presenti a lezione abbozzarono una risata. Cominciai a sentirmi il ragazzo figo e popolare che ero in Inghilterra sennonché, qualche minuto dopo, le cose cambiarono. Il ragazzo colpito mi sputò con una cerbottana una raffica di palline ricoperte di Vinavil che, manco a dirlo, si attaccarono pesantemente alla mia maglietta. Inutile dire che dovetti buttarla.

“Quando lo capirai che tutti gli scherzi che fai qua dentro si ripercuoteranno su di te?” disse Kevin al finire della lezione. Mi sentivo davvero uno schifo. Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione del genere.

Passai il pomeriggio pensando a cosa potessi fare per riscattarmi. Verso sera riuscii finalmente a trovare l’idea giusta: Mettermi con una bella ragazza. Le ragazze avevano sempre avuto un debole per me. Sarà facile.

Trascorsi la serata da solo, in stanza. Quando arrivò l’ora di dormire lasciai a Kevin il letto e mi adagiai sul pavimento. Avevamo deciso che una notte, avrei dormito io nel letto, un’altra lui. Il caldo era davvero opprimente, perciò, non essendoci un condizionatore, dormivamo con le finestre aperte. Così facendo, entravano una miriade di insetti, al punto che, quando ci svegliavamo, sembrava di essere in una giungla.

“Dove sono le stanze delle ragazze?” chiesi a Kevin prima di addormentarmi. “Al primo piano” e così ci addormentammo.

UN FANTASTICO MISTERODove le storie prendono vita. Scoprilo ora