Capitolo 4. Incontri e scontri

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La flebile luce del sole colpì gli occhi di Noah con delicatezza, dapprima avvertì un leggero fastidio e, non appena dischiuse le palpebre, tutto intorno a lui sembrava sfocato e poco chiaro. Pian piano i contorni dei mobili finemente intarsiati e le linee delle pareti affrescate divennero nitide. Il ragazzo si agitò, si guardò intorno circospetto: era sdraiato in un grande letto a baldacchino, lenzuola pulite che profumavano di mughetto, e le tende di broccato che scendevano dallo scheletro del letto erano legate, mostrando lo sfarzo di una stanza arredata con il tipico gusto di inizio secolo. Noah notò una figura voltata di spalle vicino la finestra, guardava il giardino con aria pensierosa, quello si voltò e lui istintivamente richiuse gli occhi.

"Abel, ho trovato uno sconosciuto nel nostro giardino e l'ho portato dentro casa." Disse d'un tratto. "No, decisamente non va bene" si schiarì la voce. "Abel, uno sconosciuto è svenuto nel nostro giardino e ho deciso di farlo riposare nelle camere di nostra madre." Si grattò il capo con fare nervoso, quasi nevrotico, poi sbatté un piede contro il suolo. "Accidenti! Cosa diamine mi salta in mente, non bastavano i miei vizi, oh no, dovevo pure accudire un pazzo in camera della mia defunta madre. Sono pessimo."

Noah, a quelle parole, si mosse come se il sonno lo avesse da poco abbandonato e, dopo essersi alzato a mezzo busto, si guardò a destra e poi a sinistra con fare confuso. Il suo salvatore si passò una mano sul volto con modi seccati.

"S... scusatemi, messere. Io non volevo arrecarvi disturbo, me ne vado immediatamente." Scostò le coperte e fece per andarsene, ma l'altro gli fece segno di no con l'indice.

Angust si avvicinò alla cassettiera di legno di ciliegio, dipinta di bianco e oro, e riempì uno dei bicchieri posti sulla superficie con del brandy.

"Non siete sicuramente di nobili natali. Al vostro posto un gentiluomo mi avrebbe garantito un risarcimento per il disturbo, si sarebbe presentato o mi avrebbe minacciato. Dunque, se non volete che vi consegni alla polizia, ditemi subito chi diavolo siete!" alzò il tono della voce.

Il ragazzo scattò in piedi, emettendo un gridolino soffocato per il dolore alla caviglia, e s'inchinò.

"Mi chiamo Noah Harris e sono un commerciante che ha ereditato una grossa fortuna, ma mio zio era nobile! Ero... ero in questo quartiere per acquistare una villa e mi sono perso, sapete sono molto sbadato e..."

Angust scoppiò in una fragorosa risata, interrompendo lo sproloquio. Tutto ciò era assurdo, ma benché l'aspetto ordinario del ragazzo si sposasse a pennello con la descrizione del commerciante, il resto era palesemente una bugia.

"Siete uno spasso, mio fratello vi ucciderà." Disse serafico. "A meno che non mi raccontate la verità, potrei decidere di tenere tutto per me e aiutarvi."

Fu una mossa azzardata, ma il giovane Hamilton non riusciva a staccare gli occhi dalle iridi blu di Noah, aveva uno sguardo diverso da quelli a cui era abituato, non c'era cattiveria o malizia in essi, nessun segno di un'infanzia rinchiuso in una gabbia d'oro, c'era solo preoccupazione e una buona dose di ingenuità.

"Mi avete aiutato del resto, la verità ve la siete guadagnata." Sussurrò Noah tremendamente mortificato nel prendere in giro un uomo così gentile, seppur abbastanza strambo, indossava ancora indumenti femminili, ma ciò non lo turbò più del necessario. Suo padre gli aveva insegnato che il cuore di un uomo si vedeva nei piccoli gesti e quello di aiutare un estraneo tutto si poteva definire meno che insignificante.

"Alcune settimane fa ho saputo che di avere uno zio ricco che è passato a miglior vita. Ho reclamato la mia eredità e tutto sembrava andare per il meglio, ma questa notte sono stato aggredito da un uomo che mi ha minacciato, dicendo di essere il mio benefattore. Sono fuggito, ho percorso mezza Londra senza incontrare qualcuno che si impietosisse delle mie condizioni, poi sono giunto in questa casa e voi mi avete soccorso."

Gli Hamilton- CamilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora