Capitolo 3- La famiglia Hamilton 1/2

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L'aroma del te alla menta impregnava con dolcezza la stanza delle arti di casa Hamilton. La vasta stanza dalle pareti color pesca, affrescata con motivi floreali dorati, era illuminata dalla luce del primo mattino. Le imposte delle numerose finestre sulla parete destra erano state aperte e le tende bianche svolazzavano gonfiate dal vento. C'era calma, interrotta solo dal cinguettio delle tortore di periferia, e i quattro signorini di casa si godevano la tranquillità di quel giorno d'aprile. Solo il secondogenito dava una parvenza di nervosismo: sbatteva il tacchetto delle scarpe che indossava contro il suolo, creando un fastidioso e ritmico ticchettio. Angust, questo il suo nome, stava seduto sullo sgabello del pianoforte, mostrando senza alcuna remora gli abiti femminili che indossava. I bellissimi occhi blu risaltavano grazie alle polveri che aveva steso sulle palpebre e la figura slanciata, seppur robusta e ben sagomata, ben si adattava alla tunica di mussolina che scendeva morbida evidenziando il corpo. La moda era cambiata e Angust apprezzava decisamente di più l'eleganza e le linee morbide rispetto alle vecchie gonne ingombranti e i corpetti che vedeva sempre addosso alle donzelle. Tentava in tutti i modi di evitare gli sguardi dei tre fratelli, in particolare del maggiore che stava in piedi davanti a lui.

-Dunque, caro fratello, nostro padre è morto da circa tre mesi, siamo sull'orlo della banca rotta e voi, maledizione, comprate un abito all'ultima moda e vi gettate nel primo bordello di lusso che trovate?- il maggiore si portò una mano sul viso e iniziò a massaggiarsi le tempie. -Ditemi che nessuno vi ha visto uscire dalla casa della maitresse conciato così.-

Nessuno parlò.

-Ditemelo!-

Angust lo guardò annoiato, suo fratello era l'esempio personificato della banalità. Capelli mori e ben tagliati sopra le spalle, con lunghe basette ai lati del viso rettangolare, mascella ben marcata e grandi occhi azzurri, tipici della loro famiglia. Un belloccio senza personalità, stretto nei suoi abiti pregiati dai colori scuri e il portamento fiero.

-Suvvia, Abel. Era una festa in maschera, sapete quanti gentiluomini passano le giornate da Miss Brooks? Centinaia. E vi assicuro che si lasciano andare a stravaganze assai più singolari.-

-Sapete bene che io vi accetto così come siete, ma siete promesso e dovete rispettare quella povera anima, almeno in apparenza.-

Angust sbottò in una fragorosa risata.

-Bene, sono discorsi che competono voi adulti, noi ci congediamo.- S'intromise Honor facendo segno con il capo a Maurice.

I gemelli fecero per andarsene, ma Abel li fermò per le spalle.

-Fermi, abbiamo quasi finito e tra poco loro saranno qui, rimanete.-

Sbuffando Maurice si lasciò cadere sul divanetto imbottito sotto la finestra, mentre Honor incrociò le braccia al petto, infastidito.

Angust, al ricordo della fidanzata, lasciò che la rabbia montasse dentro di lui: una campagnola priva di eleganza, una donna che mai avrebbe scelto come consorte. Lui che amava i bei vestiti e i gioielli, le feste e lo sfarzo, costretto a condividere la vita con una selvaggia. La detestava con tutte le sue forze e mai ciò sarebbe cambiato. Balzò in piedi, mettendosi con il viso a un palmo da quello del fratello. Di rimando, Abel, abbassò lo sguardo dispiaciuto.

-Accettarmi? Mi state dando dell'invertito solo perché mi sono divertito a una stupida festa? Perdonatemi, conte Hamilton, ma debbo contraddirvi.- utilizzò un tono di scherno. -Tutti conoscono la mia fama, nessuna donna è al sicuro con me, ma la moglie che nostro padre ha scelto non avrà nessuna attenzione da parte mia.

Gli Hamilton- CamilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora