II. Who are you?

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VOLUME ONE ▅▅▅
WHO ARE YOU?

 SOPRAGGIUNTO SULLA TERRA, ancora sulla morbida nube, il riccio abbozzò lo sguardo intorno a se, studiando finalmente da vicino il piccolo paesello

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SOPRAGGIUNTO SULLA TERRA, ancora sulla morbida nube, il riccio abbozzò lo sguardo intorno a se, studiando finalmente da vicino il piccolo paesello.

L'aria era fresca e apprezzabile, corti filetti d'erba introdotti nel grigio asfalto, ondeggiavano in sincronia con il lieve vento che si era alzato.

Il cielo invece, era di un celeste cristallino, quasi a fare invidia ai cristalli stessi. Le nuvole, candide e soffici, contornavano quel blu ora presente sul suo capo.

La sua attenzione poi, si volse verso il ragazzo, ancora accasciato per terra. Teneva le ginocchia al petto e le braccia attorno alle gambe, con il capo affondato nel piccolo spazio tra ginocchia e petto.

Abbassò lo sguardo, guardando la piccola nube sotto di se, insicuro sul da farsi. Voleva si, toccare quella superficie, pur essendo molto indeciso.

Decise infine di scendere da essa, tenendo gli occhi chiusi. Quando finalmente il suo piede toccò il suolo, poteva percepire la freddezza delle mattonelle, e quegli impercettibili granelli di terreno ancora situati li.

«Dunque, non è nulla di assai interessante.» e mise anche l'altro piede a terra, mandando via la piccola nuvoletta che lo aveva trasportato li.

Prima che lui potesse avvicinarsi al giovane, un'altra persona era piombata correndo verso di lui, schiamazzando.

«Koutarou! Ma dove ti eri cacciato?!» un ragazzo alto, almeno sul metro e 87 con i capelli nero pece ed una pettinatura bizzarra. Gli occhi erano giallo oro, ed uno sguardo felino e attento. Arrivò all'altro ragazzo, con il fiatone.

Dopo aver posto le mani sulle gambe per prender fiato, l'altro mugolò qualcosa di incomprensibile data la sua posizione.

Il riccio si avvicinò cautamente a tutti e due, posandosi su due piedi e mantenendosi sulle ginocchia, e ascoltando distrattamente la conversazione, dando più importanza allo scrutare il viso del ragazzo gufo.

Sollevò a poco a poco la testa, dando, a Keiji una visione incantevole.

I suoi capelli erano tirati all'insù, grigi come il fumo e neri in alcuni punti come il carbone.
Gli occhi, erano come il grano, oro puro, in cui addirittura per qualche momento pensò di potervi perdersi all'interno nonostante la sua espressione ora corrucciata.

Non riusciva a collegare esattamente le cose che gli facevano posare i suoi occhi sul suo viso così profondamente, tuttavia lui non poteva notarlo, era invisibile ai suoi occhi, perciò non era un problema almeno.

«Solo perché hai perduto una scommessa, non vuol dire che tu debba venire qua a deprimerti!» continuò il più alto il discorso di prima «Suvvia, andiamo a brandire un po' di vino, offro io» al suono di quell'affermazione gli occhi del bicolore si illuminarono, facendolo issare velocemente.

Posò un braccio sulla spalla dell'altro, sorridendo ampiamente, e avviandosi ad un bar locale, seguito dall'impercettibile Keiji.

La giornata passò lentamente, di una lentezza asfissiante per il riccio. Si ritrovò in un locale chiassoso, pieno di gente che non ne voleva sapere di fare silenzio.

Bevevano vino e colloquiavano urlando, insomma un casino.

Il ragazzo bicolore e il suo amico, erano sfiniti e appisolati sul bancone in legno, con un'espressione dormiente in volto. Ora chi li avrebbe scrollati da li?

Keiji si posò con le spalle ad una colonna del bar, aspettando magari che si svegliassero di loro spontanea volontà, o che qualcuno si accorgesse di loro.

E a proposito, un signore sulla cinquantina basso e buzzone li notò, e in men che non si dica si ritrovarono storditi dal chiasso che c'era li dentro.

A stento riuscivano a mantenersi in piedi, e dovettero sedersi di nuovo, per non cadere a terra.

Certo che questi umani non hanno limiti.

Pensò il riccio, continuando ad osservare loro, e tutta la gente circostante nel bar che continuava e continuava a berciare.

Finalmente, la serata si era conclusa, e Keiji potè uscire da quel postaccio.

I due compagni si divisero, ognugno andò per la propria strada dirigendosi alle proprie abitazioni, ancora un po' brilli.

Il moro seguiva attentamente ogni passo del gufo, pronto ad ogni evenienza; non si udiva alcun rumore o suono, nemmeno il fruscio del vento. Era tarda notte, e tutti erano distesi sotto le coperte, fiondatisi nel mondo dei sogni.

Arrivarono finalmente a casa sua, dall'esterno sembrava piccola ma modesta. Qualche erbetta sporgeva sull'asfalto, e una piccola scalinata si estendeva fino alla porta.

Koutarou salì lentamente le scale, quasi per lui fosse un impresa impossibile, date le sue condizioni.

Riuscì però, ad arrivare alla soglia e varcarla, seguito dal riccio.

In men che non si dica si fiondò sul morbido letto, e cadde in preda al troppo sonno, o ai troppi giramenti di testa.

La notte, era la parte più piacevole della giornata per Akaashi. Gli risultava più facile andare in contro ai pensieri, o alla visione stessa delle cose, si rilassava e valutava, escogitava ogni notte qualcosa di diverso da pensare.

Ora, era seduto sul bordo del letto del più grande, mani intrecciate tra loro e sguardo puntato per terra.

Gli passò, una vaga idea per la testa, che sia a primo impatto, che dopo averci riflettuto su, rimaneva pericolosa e assurda.

Non sapeva neanche lui il perchè di questo pensiero, non credeva fosse nemmeno pura curiosità, voleva farlo e basta. Sapendo di andare in contro alle rigide regole dell'Olimpo, però.

Restò li a rifletterci su, ancora per un po'. Se avrebbe attuato questa idea, sicuramente qualcosa sarebbe andato storto, avrebbe rischiato grosso.

«Comunque, sta dormendo. Non dovrebbe sussistere alcun problema.»
Ebbene, il volere aveva preso il sopravvento sul buon senso, il ciò portò Keiji a mostrarsi.

Una leggera scintilla fuoriuscì dal suo corpo, ora completamente visibile agli occhi umani. Non sapeva che, dopo essersi mostrato non poteva più ritornare invisibile, fino alla fine della missione.

Cominciò a guardarsi le mani, e un po' tutto il corpicino esile, come se lui potesse constatare se potesse vedersi o no.

Poi, iniziandosi a guardarsi in giro, notò che una certa figura lo stava fissando impaurito.

«T-tu—da dove sei apparso?!» vociò il più grande, mantenendo un tono basso, e gli occhi completamente spalancati.

˖ ˙ 𝒉omesick        𝖻𝗈𝗄𝗎𝖺𝗄𝖺.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora