CAPITOLO 6

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Faccio un profondo respiro e poi suono al citofono. Un nuovo lavoro. Un nuovo bimbo da accudire. Sento il rumore di passi veloci che si avvicinano, poi la porta si apre lentamente e una donna giovanissima mi apre. Ha i capelli rame raccolti in uno chignon e un caldo sorriso gli illumina il viso pallido, gli occhi sono di uno strano verde scuro, come quello di una foresta. È incredibilmente magra. Si e no gli do’ una trentina d’anni - salve - dico sorridendo. - ciao, tu devi essere Taylor. Prego entra, ti faccio conoscere Giacomo - spalanca la porta e si sposta verso il muro per farmi passare, entro nella casa godendomi il calore che subito provo. Quando chiude la porta, la ragazza mi invita a seguirla in quella che io identifico come una cucina. Mi fa accomodare su una sedia e si mette di fronte a me. - io sono Theresa - si presenta con un sorriso - devo andare a fare alcuni servizi per lavoro e di certo non posso lasciare Giacomo da solo … deve fare i compiti e mettere a posto la sua stanzetta. Non può accendere la tv perché è in punizione e di solito fa merenda con un frutto - dice indicandomi una cesta sul marmo dietro di me. Annuisco, memorizzando tutto - è un bimbo molto allegro - dice sorridendo, poi si alza - vado a chiamarlo - si allontana verso un piccolo corridoio alla destra. Analizzo la casa: la cucina è molto piccola, il piano cottura, il lavandino, un piccolo mobile di marmo e il frigorifero occupano tutta la parete mentre il tavolo non lascia più uno spazio libero. Mi sporgo per vedere oltre la porta, anche il soggiorno sembra piccolo, con una vecchia tv, un confortevole divano e quello che sembra essere un … pianoforte? Mi raddrizzo subito quando Teresa riappare con la mano intrecciata a quella di un bambino che non dovrebbe avere più di 7-8 anni. - lui è Giacomo - dice la ragazza facendo avanzare il bimbo verso di me. Ha capelli neri cortissimi, e occhi così verdi da togliere il fiato, con un nasino a patatina e guance paffute sembra il bimbo più tenero del mondo. Mi alzo e gli vado incontro - ciao Giacomo io sono Taylor - mi chino vicino a lui - quanti anni hai? -    - sette anni … e mezzo - risponde con un timido sorriso - perche non fai vedere la tua camera a Taylor? - chiede Teresa. Giacomo annuisce e mi prende la mano. La sua cameretta non si addice proprio a un bambino, a parte le pareti blu, il letto disfatto è bianco e la sua scrivania di legno scuro, mentre la sedia è rivestita da un tessuto arancione. In un angolo c’è un comodino bianco mentre dall’atra parte una scatola di cartone incolore - iniziamo i compiti? - mi chiede Giacomo. Annuisco sorridendogli, mentre lui si siede sulla sedia e io mi metto sulle ginocchia - da cosa iniziamo? -.                                                                                                                               

Dopo un’oretta Teresa è uscita per fare i suoi servizi mentre io e Giacomo abbiamo cominciato a conoscerci meglio. Adesso sono seduta sulla sedia mentre lui sulle mie ginocchia e facciamo i compiti concedendoci qualche piccola risata ogni tanto - qual è la tua materia preferita Giacomo? -     - la ricreazione! - risponde dopo un attimo di esitazione. Mi concedo una risatina - dai fai il bimbo assennato -  lui sorride, poi ci pensa, facendo vagare lo sguardo per la sua stanzetta  - arte - dice infine - ti piace disegnare? - lui annuisce - la mamma dice che anche a papà piaceva disegnare - aggiunge sorridente. Dovrei fare i fatti miei. Dovrei far restare la mia boccaccia chiusa. Ma la curiosità è troppo forte - è dov’è adesso il tuo papà? - i suoi occhi perdono la scintilla di vivacità - mamma dice che se n’è andato quando io ero piccolo piccolo - poi sembra riprendersi - ma tornerà. Sono sicuro che tornerà -  sorride. Mi sforzo di sorridere anche io. - è il tuo? - mi chiede - cosa? -      - il tuo papà …. - mi mordo il labbro inferiore - il mio papà è … - dire a un bimbo che una persona è morta, così freddamente è da egoisti. Insomma arrivi e dici mio padre non tornerà mai, è morto. Inoltre la curiosità di un bimbo non ha limiti, ti chiederà come è successo, come mi sono sentita, tutte cose che a lui interessano solo per quel momento, e invece a te rimangono per tutta la vita. Forse mi sbaglio, ma per me, parlare con un’altra persona della morta di mio padre mi fa star male. Ti chiedono come stai, come ti senti, cosa posso fare per te, si mostrano solidali ma solo in quel momento, ti offrono aiuto solo perché mi è morto il padre, solo perché loro non potranno mai capire come ci si può sentire quando una persona che amavi è scomparsa. Per sempre. E ‘ per sempre ‘ è un mucchio di tempo. Un conforto da parte di una persona che non si è mai importato di te non fa niente, non ti interessa di un abbraccio di un estraneo quando vedi tua madre immobile su un lettino, non ti interessa le parole di rassicurazione quando vedi il corpo di tuo padre squarciato e la sua pelle bianca e … fredda. Mi ricordo quando mi hanno fatto vedere il viso di mio padre per il riconoscimento, mi ricordo di aver trattenuto il respiro fino a stare male, mi ricordo di aver toccato la sua mano … era estate ma io non ho sentito così tanto freddo in vita mia. Non ho mai pianto così tanto quando i medici mi hanno detto le fatidiche parole. È MORTO. - Taylor? - ritorno di colpo alla realtà - il mio papà adesso è … - in un posto bellissimo? In realtà non so com’è il paradiso, e non voglio mettere in testa idee assurde a un bambino. Il paradiso potrebbe essere tutto e niente, la pace eterna o il tormento. Dipende solo dai punti di vista. Rimane il fatto che mio padre è … - morto - dico ingoiando un groppo in gola. Rimane fermo a fissarmi e piano piano abbassa gli occhi - mi … -    - non devi scusarti - gli do’ un pizzico sulla guancia, poi lo faccio scendere dalle mie ginocchia. Guardo la scatola e mi viene un’idea - ti piace disegnare giusto? -

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