Un Beso en Madrid

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"Una historia, una canción y un beso en Madrid."


Martina's P.O.V.

"Fai attenzione, mi raccomando" ripete per l'ennesima volta mia madre. "Chiamami appena atterra l'aereo e anche quando arrivate in hotel, chiaro?" annuisco esausta alle sue parole. E' una donna molto apprensiva, forse troppo. Si preoccupa per ogni cosa.

"Posso abbracciarti o non hai ancora finito?" domando con una punta di ironia, per poi lasciare la valigia a terra e stringerla in un abbraccio.

"Sono seria, Martina, comportati bene" continua ancora stretta nell'abbraccio. "Chiamami a qualunque ora... ah, ho letto le previsioni, copriti che le temperature sono piuttosto basse verso l'ora del vostro arrivo, intesi?" annuisco roteando gli occhi al cielo.

"Posso abbracciare anche io la mia bambina, o partirà senza aver abbracciato il suo papà?" mio padre ci richiama alle spalle di mia madre, che scioglie l'abbraccio per permettermi di abbracciare l'amore della sua vita. Sono una coppia molto affiatata e, nonostante mi sarebbe piaciuto avere un fratello o una sorella, siamo una splendida famiglia e ne vado fiera. Sono figlia unica, ma la compagnia non mi è di certo mancata in diciotto anni di vita, visto che da sempre condivido ogni attimo con la mia migliore amica, Lodovica. "Fai attenzione e chiamaci" si raccomanda anche lui. "Altrimenti dovrò sorbirmi la mamma per un'intera settimana" sussurra l'ultima frase per non farsi sentire dalla donna, che, emotiva com'è, si sta asciugando le lacrime. Potrebbe sembrare esagerata, e forse lo è, ma è la prima volta che passo così tanto tempo fuori casa e soprattutto così lontana. Diciamo che da Buenos Aires a Madrid non sono cinque minuti di strada.

"Va bene" gli dico all'orecchio e prima di sciogliere l'abbraccio lo stringo ancora un po'. E poi mi giro verso il resto dei miei compagni di classe, anche loro intenti a salutare le proprie famiglie.

"Pronta?" domanda euforica Lodo, raggiungendoci insieme ai suoi genitori.

"Forza Mari, le nostre ragazze sono in gamba" si avvicina a lei la mamma della mia amica bruna, identica a lei.

"Sono cresciute" borbotta la donna che mi ha messa al mondo, facendo annuire gli adulti del gruppo. E mentre Lodovica mi parla di tutti i progetti e le aspettative che ha per questa settimana a Madrid, io mi perdo alla vista dell'ultimo arrivato, il solito ritardatario. Scende da un'auto nera lucente, insieme al suo migliore amico e a quella che presumo sia la sua famiglia. Il ciuffo spettinato e la giacca di pelle gli danno l'aria da cattivo ragazzo e gli occhi verdi sono il suo tratto distintivo. Si, sto parlando proprio di lui. Jorge Blanco.

"Ohoh, sveglia" mi pizzica il braccio la bruna, facendomi sobbalzare. "Smettila!" mi rimprovera, alludendo alla mia cotta per Jorge. Lo conosco da un paio di anni, da quando è arrivato in classe nostra insieme al suo amico, eravamo in terzo. E' stato rimandato in quasi tutte le materie quell'anno e ha dovuto ripeterlo. Beh non si può certo negare il suo fascino, tutte le ragazze della scuola hanno un debole per lui, compresa io, lo ammetto.

"Ragazzi! Venite qua" ci richiama all'ordine la professoressa Alonso, che poi inizia a fare l'appello per assicurarsi che tutti siano presenti. Man mano che ci chiama, saliamo in pullman, fortuna che Lodo mi ha tenuto il posto.

"Non vedo l'ora di arrivare a Madrid!" esclama euforica la bruna, facendomi sorridere. "Sarà una settimana fantastica, me lo sento" appoggia la testa allo schienale del sedile, mordendosi il labbro. Chissà quali alte aspettative ha per questa gita.

"Dimmi un po', proprio avanti a questi dovevi prendere il posto?" sussurro all'orecchio di Lodo, in modo che solo lei possa sentirmi.

"Qualche problema, ragazzina?" come non detto. Jorge sono un fottutissimo stronzo Blanco ha l'orecchio bionico evidentemente.

OneShot// JortiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora