1. La sua morte

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Quando Darcey aprì gli occhi ambrati, pensava che la giornata dinnanzi a lei sarebbe stata una come le altre...

In effetti, la monotonia di Londra stava già cercando di abbatterla, ma la castana era sempre ostinata a non far mai più ritorno in America, men che meno nella cittadina della Florida.

Si vestì al solito, con una tuta nera sotto ed un top bianco della Nike, per poi chiudere la porta della villetta a mattoncini rossi e cominciare la sua corsetta mattutina.

In poco più di di un ora si ritrovò d'avanti al bar dove aveva sostato ogni mattina di tutto il mese che aveva già passato a Londra.

Si chiamava Sweety Café ed era posizionato a Wandsworth, proprio di fronte al Tamigi.
Forse perché era piccolo e ben nascosto tra i palazzetti che lo circondavano, o forse perché il luogo in cui stava non era molto soggetto a turisti, sta di fatto che il locale era sempre poco affollato, se non vuoto.

Darcey si sedette sul solito tavolino nell'angolo a destra, che aveva stabilito come il più appartato e nascosto da occhi indiscreti.
Sebbene la folla li dentro era meno che poca, in alcuni orari il campanellino all'ingresso suonava smisuratamente, annunciando un picco di clienti, che in una manciata di minuti si dileguavano compostamente.

Meglio prevedere che curare.

Era il motto di Darcey, che si era ripromessa di seguire alla lettera, dopo l'ultima disgrazia subita.
Forse appare stupido, ma solamente perché non me capite il senso affondo.

La giovane prese l'iPad dallo zainetto che portava sulle spalle ogni mattina e lo poggiò sul legno bianco del tavolo, affianco alla penna apposita.

Iniziò a lavorare sull'ultimo progetto che le avevano commissionato, ovvero un semplice logo richiesto da un azienda che aveva da poco aperto i battenti.

Il disegno era davvero semplice e in meno di 40 minuti l'avrebbe finito ottimamente, così sarebbe potuta ritornarsene alla casetta calda al centro di Kingston upon Thames.

A rovinarle i piani, però, ci pensò una voce entusiasta che la richiamava dal centro del locale: "Dy!", anche  se non riconobbe il tono di voce a primo impatto, capì chi fosse poiché solo gli amici la chiamavano a monosillabo e qui a Londra, di "amica" ne aveva solo una.

Valerie era la tipica ragazza perfetta, che si veste elegantemente e non cede mai all'alcol. Si era trasferita in Inghilterra appena finito l'anno Junior alla High School che frequentava assieme a Darcey.
Concluse il suo ultimo anno qui e probabilmente ora era intenta a seguire i corsi di un Università prestigiosa.

Non perché era ricca, ma per i suoi voti da lode che la caratterizzavano dai tempi della Middle School. In effetti era una ragazza molto studiosa, al contrario di Darcey, che amava le arti creative e aveva sinceramente altro a cui pensare.

Probabilmente le amava così tanto, solo perché erano un punto di sfogo nascosto agli occhi delle altre persone. Quando dipingeva la tristezza e la depressione che provava a soli 6 anni, nessuno capiva cosa volessero dire i suoi disegni, solo lei poteva interpretarli veramente, dandogli quel significato così deprimente che caratterizzava perennemente la sua vita.

E così andò avanti per il resto della sua vita, un modo di fare che si ripercosse anche sul suo lavoro da designer: nelle sue opere su commissione c'era sempre quella nota malinconica di una vita migliore... Ma probabilmente solo lei percepiva questo particolare, poiché nessuno si lamentò mai della sua arte.

Le 7 disfatte, e poi te. {Tom Holland}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora