fight

2.5K 98 5
                                    

Tom's pov
Mi mette le mani sull'addome e mi spinge lontano dal suo esile corpo.

<ragazzi dai> dice Zendaya praticamente urlando, entrambi ci voltiamo a guardarla, io mi metto una mano fra i capelli imbarazzato.

<s-stavamo mangiando un gelato> dico io tutto d'un fiato abbassando lo sguardo

<senza maglietta?> dice lei

<stavamo facendo una gara a chi aveva più addominali mangiando un gelato> dice Ester saltando giù dal bancone <e ho palesemente vinto io> dice tirandomi un pugno sullo stomaco, ha un corpo esile ma la forza non le manca per niente.
Abbandona la cucina mentre fra le mani stringe la maglietta che poco prima le ho sfilato.

<oddio, giuro lo sapevo Tom, sono così contenta> dice Zendaya ormai nella stanza dove siamo presenti solo noi due

<sapevi cosa?> chiedo io dubbioso

<che vi sareste messi assieme> dice lei super entusiasta

<non stiamo assieme> dico io A bassa voce

<Tom, stavate per fare l'amore sul bancone della cucina, lei non fa l'amore con nessuno>

<ha fatto l'amore con un tipo al mio compleanno, non dire cagate> dico io sbuffando

<lei non vuole che io lo dica, ma lei non ha mai fatto sesso con nessuno, per quello che è successo con sua madre ha deciso che avrebbe avuto un rapporto solo con una persona che lei avrebbe ritenuto essere quella giusta. Con tutti gli altri comincia e mai finisce> dice lei. Io la guardo negli occhi, Ester mi ha mentito, per quale motivo? Mi aveva detto che con quel ragazzo aveva fatto sesso. Metto una mano sulla spalla a Zendaya e abbandono la casa per andare a fare un giro.

Oggi a Londra c'è il sole, strano di solito qui piove sempre. Sono seduto sulla panchina dove per la prima volta ho incontrato Ester, quei suoi occhi verdi mi hanno penetrato e mi hanno fatto sentire leggero, quel sorriso e quei lunghi capelli castani che le ricadevano sul volto. In lontananza scorgo due bambini che giocano ad inseguirsi e poco distante da me un'anziano che legge il giornale e in questa panchina io, un attore emergente con una vita felice e semplice. Adoro la vita e tutto quello che mi offre.

<ei, hai un accendino per la mia sigaretta?> mi dice una voce accanto a me, quando alzo lo sguardo scorgo lui. Noah. Il "padre" di Ester. Subito in tutto il mio corpo un fuoco di rabbia cresce, stringo le mani a pugno e faccio cenno di no con la testa.

<ah ma io ti conosco, tu sei l'amico di mia figlia> si avvicina di me e io sposto lo sguardo a un punto a caso di fronte a me.
<è proprio una puttanella vero, con quello sguardo così arrabbiato ti fa uscire di testa e anche tu non scherzi, l'altro giorno mi hai riempito di botte> mi dice e in quell'istante tutta la rabbia che stavo cercando di trattenere si posiziona sulle mie mani e io gli tiro un pugno sulla guancia destra, poi un'altro e un'altro ancora. Fin quando il mio corpo, più piccolo del suo, si ritrova a stare su quello dell'uomo oramai steso per terra. Ora la situazione si è ribaltata, ora sono io a stare sotto di lui, quando improvvisamente mi scaraventa un pugno sullo zigomo. Tutta la pace che c'era prima è ormai terminata. I bambini che prima giocavano sono scappati via urlando, l'anziano signore si è avvicinato a noi seguito da un'uomo e una donna. Tutti e tre si avvicinano a noi e l'uomo mi posiziona le mani sulle spalle cercando di allontanare i nostri corpi. Io mi alzo in piedi e fisso gli occhi di Noah. Ha tutta la faccia insanguinata, si tocca una delle tante ferite e fa un sorriso strafottente, mi verrebbe voglia di saltargli addosso ancora una volta ma mi trattengo, rassicuro tutta la gente che ho intorno di stare bene, mi scuso e poi mi allontano.
Bussano alla porta della mia camera e do il permesso a chiunque ci sia di entrare.

<tua mamma mi ha dato il permesso di entrare> riconosco la voce di Ester, ma non mi muovo, ho la parte della ferita appoggiata sul cuscino.

<volevo parlarti, dopo quello che è successo in cucina, sai- quello si> farfuglia, spero non mi dica di starle lontana perché non riuscirei a sopportarlo <penso di aver provato delle emozioni veramente forti, il mio cuore mi diceva "fallo fallo fallo" e il mio cervello mi raccomandava di stare attenta> quando fa un pausa io mi siedo e incrocio il suo sguardo, sembra voglia dire qualcosa ma non apre bocca, non fissa più i miei occhi ma la ferita sullo zigomo

<chi è stato?> mi chiede poi lei preoccupata e terrorizzata guardando il mio viso, balzando con lo sguardo dai miei occhi alla mia ferita
Io non le rispondo
<cos'hai fatto Thomas> urla praticamente

<l'ho visto, ha detto delle cattiverie, troppe, su di te e non sono riuscito a trattenermi> mi alzo per avvicinarmi a lei ma lei si allontana come se avesse paura

<lo hai picchiato> dice a bassa voce <non avresti dovuto>

<ho dovuto> dico io abbassando lo sguardo

<trovi sempre un modo per scappare, potevi trovarlo anche questa volta> è l'ultima cosa che dice perché poi abbandona la stanza.
Quello che ho fatto, l'ho fatto solo perché non voglio che quell'uomo così sbagliato le giri attorno, e ora, sono diventato, per lei, un'uomo sbagliato pure io.

I want you be mine |tom holland|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora