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Estate del sesto anno

Quasi la fine, per eccellenza.
La quiete prima di completare l'ultimo anno

Cokeworth rasentava comunque l'ultimo buco di desolazione umana mai costruito sulla faccia della Terra, e sicuramente Spinner's End, non tradiva la desolazione infinita, attonita dall'eco delle nebbie grigie e quell'incessante fiumiciattolo malsano.

Erano passati giusto diciotto mesi, da quando Lily non gli parlava più, e Severus poté constatare, con tutta la calma del mondo, che tutto quel marcio nulla, risultava molto più invadente e devastante di quanto mai avesse notato fino a quel momento,

Almeno, questo dopo averla conosciuta

Capì da subito, che, dopo la morte di sua madre, tutta la sua vita si era racchiusa in una minuscola luce.
Barlume che sosteneva la sua ragione e che vedeva ogni giorno in quei prati verde smaraldo, racchiusi negli occhi di lei.

Lily era stata più di quanto Severus avesse capito.

Era stata le ultime parole felici di sua mamma, le ultime carezze sugli zigomi.
Le ultime speranze, le ultime ambizioni.
Gli ultimi anni d'infanzia , sostentati solo ed unicamente, dalla sua sola presenza.

Quella ragazza aveva rasentato veramente, la sua sacca vitale.

Ora, ora non era altro se non tutto il resto.
Gli rimanevano i compagni assillanti a scuola, un padre violento, una casa troppo umida e buia, la solitudine e.... E gli incantesimi.
Esercitati in un mondo a cui lui, aveva affidato il sogno di poter trovare un posto in cui poter essere sé stesso.... E venire apprezzato per questo.

Ma alla fine, nemmeno la lucentezza di Hogwarts ed il Mondo Magico, aveva saputo coglierlo dal basso di quella che, rasentava solo un'esistenza effimera e vuota quanto un granello di polvere.

Allora si era nuovamente affidato ai sorrisi della ragazza, aggrappandosi a quell'unica gioia, con tutto il cuore.... Con tutta la maledetta e tossica disperazione che lo aveva portato ad esserne tanto dipendente

Aveva sbagliato, era conscio di ciò.... Lily non meritava un carico tale.

La bacchetta era fredda e, rigirarsela fra le mani, risuonò doloroso quanto maneggiare del ghiaccio.
La panchina logora su cui sedeva, pesava di un' infinità di ricordi, che a stento, riusciva a controllare la nausea.

Alla fine gli Evans, si erano trasferiti.
Comprensibile, d'altra parte.... Vuoi il binario  9e 3/4 lontano, vuoi l'aria malsana.... Vuoi le stranezze di suo padre..... Vuoi il dolore della figlia.

Ora quella casa, rimaneva a fissare il giovane serpeverde, priva della gaiezza della grifondoro, e sbeffeggiava tuttavia, tutto ciò che difatti, non era, senza di lei.

Un groppone gli annodò la gola, tagliando l'aria per un attimo.
Piton più volte si era chiesto perché non fosse ancora morto.... Di cosa, ora come ora, lo tenesse in vita.

Ormai come una nenia dolorante, la morte stessa, si espandeva nella mente come obbiettivo primario.
Eppure era ancora lì.
Una volta ci aveva provato; la vasca piena d'acqua fredda, il corpo nudo e tumefatto da antiche cicatrici ed ematomi, attese quieto l'ossigeno esaurirsi.

Aveva aperto gli occhi, per notare solo quanto il naso, sanguinasse placido, sott'acqua

Poi, dannazione, l'aveva risentita.
La sua risata, così angelica e soave

Si era alzato di scatto, buttando getti d'acqua ovunque in quel piccolo bagno, per ascoltare meglio.

Aveva capito, che mai.... Purtroppo... Averebbe potuto farcela, con lei ancora in lui a ridere.

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