Every Sunday's getting more bleak

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La mattina seguente Harry si svegliò con qualcuno che gli schiaffeggiava ripetutamente la guancia sinistra. Quando aprì gli occhi e vide sua sorella, grugnì e le bloccò il polso con la sua mano destra.

"Gem, perché?" chiese con la voce ancora impastata dal sonno. La ragazza scrollò le spalle.

"Ti stavo chiamando da dieci minuti, ma tu non ti svegliavi. Le alternative erano gli schiaffi, un secchio di acqua gelata o una trombetta da stadio. Penso di aver scelto quella meno crudele" spiegò.

"Dovrei ringraziarti per caso?" domandò seppellendo la testa nel cuscino.

"Sì, è esattamente quello che dovresti fare. Ora alzati e vestiti che ti porto a fare un giro" disse, togliendo, con un colpo secco, le coperte da suo fratello, che si rannicchiò in posizione fetale e grugnì una seconda volta.

"Gemma, è lunedì. Devo andare a scuola" ribatté lui.

"No. No, non devi. Ho chiesto a mamma e mi ha dato il permesso" disse, facendo ondeggiare le sopracciglia e sogghignando. Appena Harry aprì la bocca per cercare di ribattere, lei riprese la parola.

"Guarda che non muori se per un giorno non vedi il tuo bel professore. Lo farai domani"

Lui le rivolse un'occhiata divertita.

"Battuta infelice, Gemma"

"Oh dai! Lo sai benissimo cosa intendevo!" disse, alzando le braccia al cielo e poi incrociandole davanti al petto.

"Sì, sì lo so. Adesso mi alzo" rispose mentre si sedeva sul bordo del letto e si stropicciava gli occhi con le mani chiuse a pugno "Almeno mi puoi dire dove andiamo?"

"No, è una sorpresa" ribattè Gemma, mentre si avviava verso la porta "e vedi di non metterci tre quarti d'ora come tuo solito!" finì quando aveva già sceso il primo gradino delle scale.

Harry grugnì una terza volta: odiava le sorprese.

**************

Il lunedì di Louis passò in modo tranquillo.

Si svegliò felice quella mattina, cosa decisamente non da lui, ma a cui si sarebbe potuto abituare.

Non si ricordava di aver sognato un ragazzo dai capelli ricci con gli occhi verdi e le fossette, che correva e saltellava come un bambino, in un campo di girasoli con una coroncina di fiori ad adornargli il capo, mentre lui gli cantava una canzone che aveva scritto poco tempo prima e suonava la chitarra, seduto sul tronco di un albero.

Pensava ancora di essersi liberato della cotta per quel suo studente e questo era il motivo principale che alimentava la sua felicità.

Quando arrivò a scuola ed entrò nella classe 220, però, si accigliò leggermente quando non vide quello stesso ragazzo seduto nel suo posto abituale.

Scrollò le spalle e iniziò la sua lezione, cercando di ignorare l'improvvisa tristezza che lo aveva assalito, perché no, non poteva permettersi di essere triste se un suo alunno non si presentava a lezione. Probabilmente era malato o non aveva sentito la sveglia. A Louis, però, questo non doveva importare perché, appunto, quel ragazzo era semplicemente un suo studente e niente di più.

Sicuramente la sua tristezza improvvisa era data dal fatto che quella mattina aveva finito il latte per il tea e per lui, una giornata iniziata senza una tazza di tea, era una cattiva giornata già in partenza. Sì, è sicuramente per questo. Sicuramente pensò.

Non ci credi neanche tu, Louis. Però sì, continua a far finta di non essere triste perché oggi non lo vedrai gli disse la vocina all'interno della sua testa.

We were born sick // Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora