乇ㄩㄒㄖ卩|卂 || Ep. 27. Shinhoma

44 5 116
                                    


Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.



丂卄|几卄ㄖ爪卂


Tredici anni dopo


«Milo? Sei sveglio?» Lexie bussò per la centesima volta sulla porta della stanza del figlio mentre sotto l'altro braccio reggeva il cesto del bucato. «Sbrigati o farai tardi, su!»

Sempre la solita solfa sin da quando quel benedetto ragazzo aveva iniziato ad andare a scuola.

Se solo Andrew non fosse stato così indaffarato come capo della polizia, avrebbe potuto dargli una mano a star dietro non a due, ma a ben quattro figli. Dopo Milo non erano trascorsi che un anno, poi altri due, prima dell'arrivo del resto della prole. L'ultima volta si era trattato di gemelli, entrambi maschi e pestiferi.

Furono proprio loro, impegnati a fare i matti come al solito, a urtarlo per sbaglio nel bel mezzo del corridoio e a fargli cadere la cesta. «Insomma, voi due!» li riprese esasperato Lexie, raccattando i panni alla bell'e meglio. Si alzava alle sei di mattina per rassettare la casa, preparare la colazione e fare la lavatrice, e non c'era un attimo di tregua neppure in seguito, quando i ragazzi erano a scuola, visto che poi doveva preparare il pranzo per sé e per il marito – i figli mangiavano a scuola – e poi, ancora, altro bucato, altre faccende, la cena, eventuali serate fra amici e piatti in più da lavare, e infine a letto, dove spesso e volentieri, anche quando non aveva granché voglia, per amore del proprio matrimonio doveva far fronte ai doveri coniugali del talamo.

Aveva chiesto una vita normale e casalinga, non un inferno sulla terra e si ritrovava certe volte a rimpiangere di non aver castrato il marito.

«A volte strangolerei quei due» borbottò inviperito. Non avrebbe neanche dovuto sforzarsi o chinarsi tutte quelle volte, visto che era in dolce attesa per la quinta volta e ormai sulla soglia dei cinque mesi. «Dovrei essere sul divano a sorseggiare un drink analcolico e invece devo fare lo schiavo. È il colmo!» continuò, peggio di un bollitore ormai allo stremo. Si fermò sulla soglia della stanza del figlio minore, divenuto ufficialmente tale da quando Michael era partito prima per il college e in seguito era andato a vivere da solo. «Anthony, hai sedici anni ed è ora che tu impari a non lasciar in giro per la stanza le tue cose! Accipicchia!»

Il ragazzo sbuffò e si ravviò i capelli biondi mentre recuperava la borsa di scuola. «Dai, pa'! Sai che non devi arrabbiarti!» protestò svogliato. «Poi rimetto a posto quando torno da scuola, promesso.» Diceva sempre in quel modo e puntualmente non era vero. E comunque era un concetto di per sé sbagliato e privo di senso rimettere a posto una stanza di sera, quando poi bisognava tornare a letto per dormire. A parer suo, il padre se la prendeva troppo per quella storia.

𝐎𝐧𝐞 𝐋𝐚𝐬𝐭 𝐒𝐡𝐨𝐭 - 𝐓𝐡𝐞 𝐎𝐛𝐲𝐫𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐎𝐧𝐞 𝐒𝐡𝐨𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora