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Anche lei lo aveva guardato.

Lo conosceva: frequentava il bar con la sua compagnia. Aveva una ragazza fissa da un po' di tempo. Lei la conosceva: avevano frequentato lo stesso liceo.

Era uno a cui piaceva ridere e scherzare. Era un trascinatore di folle, un leader naturale.

Sorseggiava la sua birra con naturalezza e con uno sguardo concentrato.

Lo sguardo di lui si era fermato sul bicchiere di lei per un secondo, ma lei non voleva credere che lui fosse interessati a lei.

Quegli occhi dorati erano distanti da lei a causa di un pensiero a lei sconosciuto, ma che lo stava prendendo talmente tanto da fargli corrugare la fronte.

Lei aveva distolto i suoi pensieri da lui, tormentando il ghiaccio del suo cocktail con la cannuccia e tornando a guardare il lento impassibile movimento delle lancette dell'orologio, che le aveva fatto scappare un respiro più profondo del solito come segno di stizza.

In quel sospiro, lui aveva visto una crepa in quell'imperscrutabilità della ragazza e gli era sfuggito un sorriso a fior di labbra.

Lei non lo aveva notato, non aveva sentito neanche che qualcuno la stava chiamando.

Solo dopo che una ragazza dai passi rumorosi l'aveva risvegliata da quel torpore chiamandola per nome, lei aveva accennato a rispondere. Sembrava proprio precipitare dallo spazio, con tutta calma, nonostante la sua rigidità intrinseca.

La sua amica la stava invitando a fare qualcosa ma lei aveva declinato decisa, e l'altra, arrendendosi subito, se ne era tornata dagli altri.

Lei, però, si era girata a guardare la sua combriccola di amici e aveva appoggiato i gomiti al bancone, anche se in realtà il suo sguardo puntava lontano, oltre i tavoli da biliardo, oltre il muro, oltre la strada.

Lui si era ritrovato a fissare il profilo di lei, perfetto: il naso proporzionato e perfettamente dritto, la bocca poco carnosa, e aveva sempre più voglia di distruggere quell'involucro asettico per far uscire... cosa? Si era chiesto lui, solo allora.

Non l'aveva mai notata -lei- preso dai suoi amici, dalla donna della sua vita, da quelle serate.

Dalla tv era partita una canzone che aveva risvegliato qualcosa in lei: lui aveva visto uno scintillio particolare sotto il vetro delle lenti dei suoi occhiali.

Aveva visto che stava indossando un'armatura, dalla quale però riuscivano a sfuggire questi deboli sprazzi di vitalità.

Si era fermato sui suoi occhi rotondi, scuri, e si era accorto che la rigidità -questa ragazza- la indossava comodamente, come un paio di scarpe da tennis. E a lui era venuta sempre più voglia di distruggerla.


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