Unfair

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II. Oh, father tell me
do we get what we deserve?

Una sottile pioggia si infrangeva continuamente sui vetri sporchi, portando il denso strato di polvere nella sua lenta e continua discesa. Il cielo nuvoloso e temporalesco rispecchiava perfettamente il morale dei soldati, con i fulmini che si abbattevano di continuo sui grossi alberi della foresta e il vento che ne scuoteva le fronde.
Erwin era preoccupato, e mentre osservava l'acquazzone dal suo nuovo ufficio impolverato continuava immancabilmente a pensare, come faceva sempre e come avrebbe probabilmente continuato a fare fino a quando il respiro non lo avrebbe abbandonato. I rapporti sul Colossale e sul Corazzato erano ancora sulla massiccia scrivania di legno, ed erano appena stati riletti per quella che era stata forse la sessantesima volta, senza che riuscissero a formulare una conclusione accettabile nella sua mente brillante. A Shiganshina era successo qualcosa di nuovo e di questo ne era certo, troppe cose strane erano avvenute, ma semplicemente non trovava nulla che lo aiutasse a vederci chiaro. I due titani anomali erano troppo intelligenti per essere come gli altri, e questo punto metteva in discussione tutte le conoscenze ottenute con la vita di migliaia di soldati da che il mondo esistesse fino a quel momento, ma c'era qualcosa che gli sfuggiva e che temeva gli sarebbe sfuggito ancora a lungo, come un dettaglio troppo grosso per essere compreso alla veloce.

L'Umanità era stata brutalmente piegata con uno sforzo nemmeno troppo vigoroso e questo Erwin faticava a sopportarlo. Erano poco meno di 4 settimane che la situazione era crollata insieme ai cancelli del distretto, ma nulla faceva presagire che fosse possibile trovare uno spunto interessante su cui riflettere, e si accorse che a breve avrebbero dovuto semplicemente accettare il colpo e andare avanti sperando che i due mostri fossero in qualche modo scomparsi.

Cercò di guardare in là nel futuro, ma non si aspettava nulla di roseo. A breve avrebbe terminato il suo secondo anno come Comandante della Legione Esplorativa e per un attimo il suo ego si lasciò gonfiare dall'idea di essere arrivato così in alto in così poco, ma ritornò subito alla realtà imponendosi di doversi solo ritenere fortunato a non essere ancora morto, e si rese conto di avere talmente tanta strada da fare che sarebbe dovuto restare in vita ancora troppo a lungo.
Sospirò e si passò una mano tra le ciocche bionde, ritornando a focalizzarsi davvero sullo spettacolo visibile oltre la finestra appannata. Il nuovo ufficio in quello che era diventato il nuovo Quartier Generale protetto dal Wall Rose, si affacciava direttamente sul grosso cimitero militare, e le lapidi bianche si ripetevano in file ordinate fino a diventare puntolini indistinti in mezzo alla foschia.

Le file più prossime erano state riempite da poco con le vittime dell'attacco a Shiganshina, i mucchietti di terra erano ancora freschi, ed Erwin si accorse solo in quel momento di una figura accovacciata su una tomba, coperta solo dalla mantella verde del Corpo di Ricerca, il cappuccio disordinatamente calato sulla testa. Sospirò riconoscendo immediatamente il masochista rannicchiato sotto la pioggia incessante, e per un attimo una serie di immagini brutali e fastidiose gli tornarono davanti agli occhi. Michelle non era stata minimamente in grado di metabolizzare la morte dell'amico, e il Comandante ricordava perfettamente l'espressione sconvolta che le aveva letto in faccia quando era andato a salvarla. Ricordava come avesse dovuto prenderla di peso e trascinarla via per impedirle di morire sotto le fauci del gigante, ricordava il pianto convulso, lo shock e poi, una volta ritornati al quartier generale, la sua lenta discesa in una sorta di stoica accettazione. Dal suo ufficio l'aveva vista tutti i giorni fare visita alla tomba, e l'aveva adocchiata qualche volta in mensa o nei corridoi, senza riuscire veramente a fare qualcosa per aiutarla.

A dire la verità se si fosse messo a consolare tutti i soldati che avevano perso un amico non avrebbe avuto tempo neanche per respirare, e sarebbe stato qualcosa di ridicolo e utopico, ma gli dispiaceva particolarmente per quella ragazza, senza nemmeno una ragione ben definita. Mike gli aveva parlato delle sue innate capacità di combattimento, e nonostante si conoscessero da pochi mesi aveva speso belle parole anche per la sua parte umana, e con ogni probabilità si sentiva particolarmente vicino a lei proprio perché avevano vissuto insieme il momento della morte del gendarme.

Call of silence /Erwin Smith/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora