Prologo

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L'eterna partenza



«Persefone.»
Udii una voce alle mie spalle.
Mi voltai lentamente e i miei occhi trovarono l'armoniosa figura di Ecate.
«È il momento.» mi disse con un rassicurante sorriso e io annuii.

Rivolsi lo sguardo nuovamente verso mia madre, verso la donna che mi aveva messo alla luce e visto crescere proprio in quei boschi. La vista di tanto dolore sul suo viso mi procurava acute fitte al petto, mai avrei voluto darle un tale dispiacere. La strinsi forte fra le braccia.

«Abbi cura di te.» mi sussurrò dolcemente.
Di riflesso le mie dita si aggrapparono alla sua veste, mentre lottavo contro le lacrime che mi appannavano la vista. Fallii, e una di esse rimase imprigionata fra i suoi capelli.
«Non preoccuparti per me, madre. Ci rivedremo presto.» risposi.

Non avevo alcun rimpianto, tuttavia sapevo che quel calore materno mi sarebbe mancato terribilmente, come la Terra che stavo lasciando. A malincuore mi staccai da lei e le rivolsi un ultimo sorriso, un sorriso sincero che lei non ricambiò. Mi ferì profondamente, ma a turbarmi di più fu il suo sguardo, spento e arido come i campi che per settimane aveva lasciato morire al gelo. In esso vidi un sentimento nuovo, che mai avrei pensato potesse nascerle nei miei confronti: delusione. Fu l'ultima cosa che lessi nei suoi occhi.

Non fu piacevole, ma preferivo saperla delusa e consapevole, piuttosto che accecata da una rabbia mal riposta. Ade non era l'unico responsabile dei suoi tormenti. Forse solo in quel momento mia madre aveva iniziato a comprendere che l'unica volontà a guidarmi verso gli Inferi era la mia. Sposare il dio delle ombre, dei morti, era stata una mia decisione, e non avrei mai chiesto perdono per aver scelto l'uomo che amavo.

Seguii Ecate nell'oscurità crescente del crepuscolo, facendo affidamento sulla fiaccola che stringeva nella mano destra. Chi se non lei, signora della Notte, multiforme dea dei crocicchi e degli incantesimi, avrebbe potuto condurmi nel profondo dell'Oltretomba? Lì dove ero attesa dal dio del regno sotterraneo, colui che mi aveva desiderata al suo fianco.
È a lui che si rivolsero i miei pensieri.
Ade e l'oscurità del suo mondo erano ormai parte di me, così come lo erano i frutti della terra, i raggi del sole, i suoni della foresta.
Ma non era sempre stato così.

Kore era il mio nome, il nome che mi diedero alla nascita. Adatto ad una fanciulla pura e innocente, ad una dea legata alla natura e ai suoi germogli. Intorno a me prosperava la vita, e la mia stessa esistenza era simbolo di rinascita per i mortali, poiché a me e a mia madre dovevano i campi fecondi e le verdi foreste. Per uno strano scherzo del fato, fu proprio in una di quelle radure da me generate che incontrai il volto delle tenebre.

E me ne innamorai.

Lα Prιmαvεrα dι AδεDove le storie prendono vita. Scoprilo ora