εννέα · Kore

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Attese e fioriture

Mi aspettava molto lavoro quel giorno. La notte precedente gli abitanti di Farsalo, città della Tessaglia, erano finalmente riusciti a spegnere il devastante incendio che aveva raso al suolo i loro campi, bruciando senza pietà ed espandendosi per tre giornate intere. Il fuoco aveva avuto origine proprio dalle case, provocando la morte di decine e decine di uomini, donne e bambini, per poi conquistare le praterie fino ai margini dei boschi di querce e salici. Era da lì che io e mia madre saremmo partite.

Far germogliare il suolo arso dalle fiamme era un'impresa complicata e che richiedeva molto tempo, persino per due dee come noi. Per questo pensammo di dividerci, dedicarci ad aree diverse e dare così ai mortali la speranza di una rinascita. L'annata era andata oramai perduta, su questo non c'erano dubbi, ma con un po' di pazienza avremmo potuto evitare che i campi restassero sterili molto a lungo. Eravamo la loro unica possibilità di salvezza e ne erano consapevoli: udivamo le preghiere disperate che ci rivolgevano in ginocchio, penitenti, di fronte ad altarini improvvisati nelle loro case.

A me toccò la parte più lontana dalla città, verso l'estremità dei prati anneriti dove prima fiorivano gerbere, lavanda e nontiscordardime, e lungo il limitare della foresta marginalmente ferita. Il fumo che si innalzava da piccoli cumuli d'erba era in parte svanito alle prime luci dell'alba, ma ne restava ancora la puzza pungente e fastidiosa. Sebbene ne avessi le narici intossicate e i miei occhi fossero stanchi di quella desolazione, fu in quel momento che mi resi conto di quanto fosse importante il mio ruolo per gli umani. E di quanto lo amassi. Perché una pianta non era solo tronco, foglie e fiori: era una piccola vita, simbolo di speranza per migliaia di altre vite.

E portare speranza sulla distruzione, rinascita sulla morte, colori e profumi in un paesaggio spento, fianco a fianco con mia madre, mi rendeva sinceramente felice.

Tuttavia non riuscii a trattenermi dal fare alcune riflessioni. Da quando Ade era entrato nella mia vita non potevo fare a meno che mettere in discussione tutto ciò che era stata la mia esistenza fino a quel giorno. Per quanto cercassi di non pensarci mi appariva terribilmente monotona. Avevo sempre svolto gli stessi compiti, vissuto nello stesso posto, frequentato le stesse persone per un'eternità.
E li amavo, amavo tutto ciò che mi circondava, eppure... e se la mia vita potesse essere diversa? Se potessi avere di più? Se ci fosse altro per me al mondo?

Ade faceva parte di quella interminabile lista di realtà che a me erano sempre state categoricamente proibite. E iniziavo a chiedermene il perché. Per quale motivo il signore degli Inferi era più odiato di quella testa calda di Ares? Non era forse un dio prepotente, irascibile, egoista e violento? Allora perché lui sedeva alla tavola degli dei mentre su Ade c'erano tanti di quei tabù da farne una figura quasi mistica? Non aveva alcun senso. Mi venne spontaneo domandarmi se ci fossero altri divieti imposti da mia madre che seguissero poco la logica o che fossero leggermente eccessivi.

Mi ero stancata di vivere in una teca di vetro.

Fu con questi pensieri che procedetti nel mio lavoro, passeggiando fra i cespugli morti e sfiorando i tronchi bruciati. Potevo percepire sulla mia pelle l'assenza di vita in quelle che una volta erano piante verdi e rigogliose. Ne provai una leggera malinconia. Era pur vero che non esistesse creatura vivente in grado di sfuggire all'inevitabilità della Morte, ma una catastrofe simile non lasciava indifferenti. Quello era il periodo dei melograni in fiore, del profumo della camomilla, dei primi raccolti, e invece quella terra per lungo tempo avrebbe conosciuto solo il nero delle macerie e il loro odore acre. Mi diedi da fare affinché la sofferenza di quei luoghi potesse durare il meno possibile.

Impegnarmi nel mio lavoro aveva un effetto benefico su di me.

Prendermi del tempo per favorire il germogliare della flora equivaleva a prendermi del tempo per me stessa, perché erano attività che svolgevo con una tale naturalezza da risultarmi rilassanti, e da permettermi di riflettere a mente libera. Capivo però che solo Ade in quel momento avrebbe potuto mettere fine ai miei dubbi, dubbi che lui stesso aveva instillato in me. E senza rendermene conto avevo iniziato contare i giorni dal nostro ultimo incontro, mi fu impossibile evitarlo.

Lα Prιmαvεrα dι AδεDove le storie prendono vita. Scoprilo ora