capitolo 3

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Tornai a casa con gli occhi ancora pieni della sua bellezza, con ancora l'immagine del suo sorriso e dei suoi occhi nella mente. Erano circa le 17, avevo poco tempo prima del tramonto, dovevo andare da lei per vedere il calare del sole.

Mi affrettai ad uscire di casa e feci effettivamente veloce in quanto non trovai la resistenza dei miei. Con la bici sfrecciai per le vie della città, fino ad arrivare davanti al civico che la bionda aveva scritto su quel pezzetto di carta, che mai avrei buttato.

Suonai il campanello, era l'unico per fortuna sennò non avrei saputo quale suonare. Mi rispose una voce di donna: "chi è? ". Una scarica di adrenalina mi percorse dalla testa ai piedi. "Si, sono Pietro. C'è Margherita?", chiesi un po' incerto. Sentii la porta aprirsi e salii rapidamente la rampa di scale, fino a trovarmi di nuovo di fronte all'angelo che mi sorrise affettuosamente salutandomi ed invitandomi ad entrare.

Ero molto imbarazzato e a disagio, quando la voce della ragazza mi calmó dicendo: "Sei venuto in tempo per il tramonto. Vero?"

Era vero in effetti, volevo vedere il tramonto con lei e starle vicino. "Certo!" Risposi ancora in imbarazzo. Mi prese una mano e mi condusse fino in camera sua: si trovava in mansarda, delle massicce travi bianche che ornavano il soffitto, c'era un enorme materasso ricoperto di cuscini e coperte stile orientale poggiato per terra. La stanza era piena di oggettini di tutti i tipi e sparsi un po' ovunque.

Guardò la stanza e poi me molto imbarazzata per la confusione, arrossí leggermente: "Scusami tanto, per il disordine intendo. È che non pensavo venissi." Disse.

"Tranquilla, camera mia è peggio!", dissi io per sciogliere la tensione. Alla bionda scappò una risatina, che purtroppo svaní subito. Mi fece segno di seguirla e si spostò verso una porta finestra che conduceva sulla terrazza che mi aveva nominato quel pomeriggio. Era una bella altana decorata con varie specie di piante, tutte ben curate. C'erano due sdraio posizionate vicino al parapetto. Ci sedemmo e alzando lo sguardo vidi il parco nella sua bellezza, che non veniva per niente esaltata o notata quando ci eri in mezzo.

Ci fu silenzio tra di noi, i rumori della città ci circondavano e il sole iniziava a calare. Il cielo si tinse di rosa chiaro, rosso, giallo e arancione, solo alcune nubi di colore tendente al blu invadevano lo scenario, rendendolo ancora più mozzafiato.

Mi girai verso di Margherita e la guardai attentamente: i capelli erano raccolti in un cipollotto disordinato che la rendeva ancora più bella, indossava dei pantaloncini corti e una maglia larga, probabilmente del padre. Era bellissima.

Il vento freddo della sera ci sorprese alle spalle e la ragazza mi propose di rientrare.

"Siediti pure dove vuoi. O meglio dove trovi posto.... ahaha", la risata della ragazza era imbarazzata, mi sedetti sul materasso mentre lei tirava fuori qualcosa dalla tasca della sua giacca. Prese un pacco di sigarette, Marlboro rosse, e se ne mise una tra i denti.

"Fumi?" Le chiesi.    "Ti da fastidio?", rispose lei.   "No, tranquilla. Anche io fumavo, ma ho smesso da un po'".

Lei mi guardò dritto negli occhi mentre accendeva la sigaretta. Non capivo come potesse fumare in camera, la roba avrebbe preso un cattivo odore. Era la donna del mistero.

"Perché fumavi?" Mi chiese, mentre aspirava quanto più fumo ci stesse nei suoi polmoni. "Perché.... non lo so. Forse mi sentivo figo nel farlo o non lo so perché. E tu perché lo fai?" Chiesi, ritornando ad annusare dopo tempo l'odore della sigaretta che mi era un po' mancato.

"Io fumo per morire" esortó lei, lasciandomi a bocca aperta. Mille domande iniziarono a girarmi per la testa, mille preoccupazioni, stavo impazzendo!

"Per morire!?" Dissi quasi sconvolto. "Già, per morire. Sono stanca della mia vita." Disse lei aspirando ancora e successivamente sputando una bianca nuvola di fumo. "Perché dici questo?" Ero sempre più sconvolto e allo stesso tempo affascinato.

"Perché non me ne va una giusta. I miei si sono separati quando ero piccolissima e quando ho iniziato le superiori mia mamma si era stancata di me, così mi comprò questa casa. Mi manda dei soldi tutte le settimane. Sono circa 3 anni che non la vedo o non la sento. Di mio padre, invece, non so niente, non l'ho nemmeno mai conosciuto."

Ero sconvolto letteralmente da quelle parole. "Oh, mi dispiace" dissi. "A me no" rispose lei, "sinceramente sto meglio così,  da sola. Cioè posso fare quello che voglio, quando voglio. Vivo bene da sola."

Si vedeva chiaramente che non stava affatto bene, che le mancava qualcosa. In quel momento posò la sigaretta finita sul posa cenere e ne prese un'altra da un pacchetto diverso, questa volta era una Camel.

LEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora