Capitolo 1 - La storia di Matilde

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Nicolas passò il vecchio strofinaccio sul bordo della tazza di latta e un'ultima volta sul manico.
Tirò su il mento per guardarlo, con la lingua stretta tra i denti e riportò l'attenzione sulla tazza.
Era proprio un amore. Il nipotino che tutti i nonni avrebbero desiderato.
Nicolas tolse le ultime goccioline sul fondo e la ricacciò sulla mensola.
"Ecco fatto" disse mostrando il molare mancante.
L'aveva perso da qualche settimana, ma ancora non c'era traccia di quello nuovo.
"Bene." Bruno gli prese lo straccio dalle mani e lo appese sul gancio vicino al lavello. Lassù non ci sarebbe arrivato da solo.
"È ora della storia." Bruno sorrise, sapendo che era il momento che Nicolas attendeva da tutto il giorno.
"Sì!" esclamò suo nipote già con un piede in direzione del salotto.
"Metti un legno nel camino, prima." Bruno scostò la tendina di pizzo bianco e si avvicinò col naso alla finestrella. Il vetro era gelido. Faceva un freddo cane lì fuori.
Il giardino era completamente bianco e la neve non accennava a smettere.
Se avesse continuato così ancora per alcune ore, sarebbero rimasti bloccati lì dentro per giorni. Menomale che aveva fatto scorte di carne in scatola e fagioli secchi. E se proprio doveva mettersi male, c'era sempre la composta di mele dell'anno prima.

"Nonno, ho fatto" gridò Nicolas dall'altra stanza. "Fiamme alte e coperta pronta!"
"Arrivo, amore." Bruno mollò il lembo di tenda e si infilò nel salotto.
La luce tremolante del fuoco sfavillò sul mobile pieno di libri e le ombre delle piccole sculture di legno intagliato si allungarono sui muri. Tanto lavoro per niente. Quegli animaletti scolpiti ora non erano altro che stupidi soprammobili impolverati.
"Allora, sei pronto?" Bruno glielo chiese anche se era certo che lo fosse già da un pezzo.
"Prontissimo!" Nicolas si tuffò sulla poltroncina di fronte al caminetto e restò a fissarlo.
La legna scoppiettò facendo cadere un tizzone fumante sul bordo di mattoni rossi un po' sbruciacchiati.
"Bene, ti racconterò la storia di Matilde." Si piegò a fatica sull'altra poltrona. Una fitta al coccige lo fece tremare per un istante.
Quella dannata sciatica non lo lasciava stare nemmeno per un secondo. E il freddo dell'inverno alpino non lo aiutava di certo.
Il fondoschiena cadde pesantemente sul cuscino.
"Nonno, perché strizzi gli occhi? Stai bene?" Nicolas lo squadrò con la bocca aperta.
"Sì, tranquillo, solo i dolori della vecchiaia."
Merdosissimi dolori della vecchiaia...
Quando sarebbe sceso giù in paese, avrebbe preso un quintale di antidolorifici più forti di quelli dell'ultima volta. E magari una bottiglia di grappa gialla. Avrebbe aiutato anche quella.
L'orologio a cucù starnazzò facendolo sobbalzare. L'uccellino rosso di legno sbucò dalla casetta intarsiata. Erano le otto in punto.
"È tardi. Nonnos sbrigati. Chi è Matilde?" Nicolas allungò il collo e incrociò le gambe.
"Matilde era una bambina molto allegra e vivace. Una ragazzina audace, curiosa. Non aveva paura di niente."
"Cosa vuol dire, audace?" Nicolas si grattò la nuca.
Bruno gli sorrise. Aveva ragione, forse quella era una parola troppo difficile per un bambino di otto anni.
"Avventurosa, Matilde era avventurosa." Fece una pausa e si tirò la coperta sui piedi bitorzoluti. "Matilde viveva in un vecchio casolare di campagna, un posto meraviglioso, circondato da campi di grano e colline verdi, un luogo misterioso e magico. Essere come lei però, a volte porta a cattivi risultati. È per colpa del suo carattere infatti che si cacciò nei pasticci e perse per sempre Bruno, il suo migliore amico."
Nicolas aveva gli occhi sgranati. Chiunque avrebbe capito quanto era incantato da quelle parole.
"Bruno? Si chiamava proprio come te, nonno?" disse Nicolas.
"Proprio come me."
"E poi, cos'è successo?" disse ancora Nicolas.
Bruno ridacchiò. "Cominciamo dal principio." Si sfregò le mani e sgranchì le dita nodose. "Matilde era rimasta sola con lo zio perché i suoi genitori erano morti."

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