Capitolo 3 - Non sono un fifone.

15 4 0
                                    

Grosse foglie verdi tappezzavano il campo recintato, non se le immaginava così grandi, eppure nonostante la loro mole, lì di piante ce n'erano almeno un centinaio.

Matilde fece cigolare il cancellino.
"Almeno due" disse con il dito puntato verso i fusti più vicini.
Bruno sospirò. Solo due stupidissime zucche. Mise un piede sulla lastra di pietra grigia proprio davanti all'entrata, il terreno crepitò sotto di essa. Col secondo passo calpestò una delle gigantesche foglie facendola scricchiolare.

Un forte prurito lo colpì all'occhio destro. Lo grattugiò ancora e ancora, e una lacrima gli solcò la guancia. Che fossero proprio le zucche a fargli allergia?
La pianta si mosse, Bruno sobbalzò.
"Cos'è stato?" disse rigirandosi verso Matilde.
Lei tirò su le spalle. "Una lucertola?"
Forse aveva ragione, lì in campagna era pieno.
Le foglie si scossero ancora e uscì uno squittio. Bruno arretrò e un ratto guizzò fino fuori dal recinto. Uno schifosissimo topo peloso, marroncino e con una coda lunghissima.
Bruno perse l'equilibrio e cadde all'indietro, la schiena sbatté sulla terra secca.
Mati si piegò in due e scoppiò a ridere. "È solo un topolino di campagna. Che femminuccia!"
Bruno si tirò su di fretta e diede due colpi alla maglietta che oramai non era più bianca.
"Mi sono solo sbilanciato, mica per il topo" disse, sistemandosi i capelli.
Dove era finito Pulce? Quel dannato gatto non c'era mai quando serviva. Si faceva vivo solo all'ora di cena, approfittatore...

Mati si rimise dritta. "Ora troverai qualche altra scusa, o le rompi le zucche?"
"Sì, sì, ora lo faccio." Bruno tornò vicino a una pianta. "Tu sei brava a dire così, ma non hai il coraggio di schiacciarne una."
Mati alzò le sopracciglia e fece un salto sulle foglie. Uno scrocchio arrivò da sotto.
"Ecco fatto, che ci vuole."
Bruno deglutì. Era proprio fuori di testa.

Doveva farsi coraggio, spostò le foglie col piede. Nessun topo.
Una grossa zucca verde con striature chiare sbucò dal fogliame. Eccola.
Tirò su la gamba, puntò la zucca e-
"Matilde!" La voce dello zio arrivò dalla cascina.
Bruno tirò via il piede e si bloccò diritto.
Mati sgranò gli occhi.
"Dove sei?" disse ancora lo zio. "Mica sarete nelle mie zucche?"
"Zucche? No... di che parli?" Mati scosse le mani. "Su, sbrigati, adesso o mai più."
"No, ci beccherà" disse Bruno ruotando la testa.
"Allora, dove siete? Se vengo lì e vi trovo nelle mie zucche, vi ammazzo" gridò lo zio.

Merda secca. Era il momento di agire.
Matilde si girò verso la cascina. "Siamo nel pollaio! Cocca ha fatto un pulcino."
Era brava a dire bugie.
Bruno piegò all'insù il ginocchio e lasciò cadere il piede.
Una poltiglia di polpa e semi si spappolò sotto la suola, e brandelli arancioni si sparsero per terra.
Ce l'aveva fatta, una era andata.
"Ancora, un'altra, veloce" disse Mati con gli occhi luccicanti di entusiasmo.
Bruno cercò ancora tra le foglie, una seconda palla verdastra fece capolino. La gamba tornò in alto e ricadde giù con prepotenza.
Sì, c'era riuscito!

"Dio..." disse con tono soffocato un uomo panciuto al limite della recinzione. "Bruno ti ammazzo" sbraitò.
Merda secchissima, lo zio. E ora cosa poteva fare? L'aveva colto in flagrante, non poteva inventarsi nulla.
"Scappa, scappa!" Matilde sventolò le braccia.
Bruno non se lo fece ripetere due volte. Fece uno scatto e corse verso il fondo del campo. Matilde l'aveva fregato e ora ci avrebbe rimesso lui.
Bruno arrivò alla recinzione, non era troppo alta, ci si aggrappò sopra e la scavalcò.
Si voltò indietro, lo zio lo stava seguendo con le mani sulla cintura. Se l'avesse preso, sarebbe stata la sua fine.
Le risate di Matilde lo raggiunsero e gli trapanarono i timpani. Dannata bambinetta.

L'orto di zucche.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora