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"Dio, ci credi che siamo all'ultimo anno e che tra qualche mese non rivedremo più queste facce di cazzo?"

Fu la prima cosa che Taehyung disse quando lui e Jimin si incontrarono dopo la fine vacanze estive, fuori al cancello della loro scuola. Stavano per cominciare, insieme come sempre, l'ultimo anno di liceo. Nessuno dei due si capacitava di come avesse fatto il tempo a passare così in fretta. Un attimo prima si trovavano alle elementari, intenti a scrivere l'alfabeto con la loro scrittura migliore, per compiacere l'insegnante, e l'attimo dopo stavano per diplomarsi. Il pensiero che, una volta finito, non si sarebbero più ritrovati in classe insieme, ma forse addirittura in città diverse a causa dell'università faceva sentire entrambi strani. Taehyung aveva intenzione di trasferirsi in Giappone, così da frequentare una delle accademie d'arte più prestigiose al mondo, mentre Jimin era ancora indeciso. Una parte di lui avrebbe voluto rimanere a Seoul, insieme ai suoi genitori e a suo fratello, frequentando la facoltà di ingegneria così da compiacere anche suo padre, mentre l'altra gli urlava di prendere il primo volo disponibile per Los Angeles e inseguire il suo sogno di diventare un ballerino professionista. La danza era tutto per lui. Era diventata il suo modo di esprimersi, il suo motivo per continuare a respirare. Il suo tutto, il suo punto felice. Bastava una canzone qualsiasi ed una stanza spaziosa. Quando cominciava a ballare, il mondo esterno sembrava sparire, portando con sé tutti i problemi, tutte le ansie e le paure che la vita ogni giorno si ostinava ad inserire sul suo percorso. Ricordava la prima volta in cui aveva detto a sua madre di voler diventare un ballerino, dopo aver visto uno spettacolo a teatro a cui lei stessa l'aveva portato. Ricordava la prima volta in cui aveva messo piede in una scuola di danza, a soli nove anni, e ricordava anche come era caduto quando l'insegnante gli aveva chiesto di fare una piroetta. Neanche le risate degli altri bambini riuscirono a scoraggiarlo. Andò avanti, esercitandosi a lungo, per tutti quegli anni, fino a diventare il ballerino migliore della sua classe. Ricordava il sorriso orgoglioso di sua madre al primo saggio a cui aveva partecipato, il modo in cui applaudiva, con le lacrime agli occhi, mentre guardava il suo bambino fare ciò che amava. Lei l'avrebbe sostenuto, l'avrebbe addirittura accompagnato a Los Angeles per l'audizione. Ma suo padre no, ed era frustrante. Erano stati sei i saggi a cui aveva partecipato e suo padre non si era presentato a nessuno di essi. Ogni volta tirava fuori la scusa del lavoro, ma Jimin sapeva bene che in realtà non condividesse il fatto che impegnasse tutto il suo tempo libero ballando, invece che sbattere la testa sui libri come aveva fatto suo fratello per tutti e 23 gli anni della sua esistenza. Niente era mai abbastanza per quell'uomo. Nonostante Jimin riuscisse a mantenere una media abbastanza alta nonostante il poco tempo passato a studiare, per lui contava solo il fatto che suo figlio maschio praticasse uno sport femminile. Il perfetto figlio del patriarcato. Con un padre del genere, come poteva anche solo pensare di fare coming out, dicendogli che, oltre a danzare, gli piacessero i ragazzi? Tutta la sua famiglia era a conoscenza del suo orientamento, tranne lui. Un altro motivo che non faceva altro che accrescere ancora di più il suo desiderio di andare via dalla Corea. Taehyung era, ovviamente, a conoscenza di tutto e più volte si era ritrovato ad ospitarlo a casa sua dopo un litigio con quell'uomo. Senza di lui sarebbe completamente perso. In tanti anni di amicizia si erano sempre sostenuti a vicenda, condividendo ogni esperienza, ogni piccola cosa. Taehyung riusciva a capirlo, riusciva a leggergli dentro anche solo con uno sguardo, a risollevargli il morale dopo una giornata infernale, a rendere tutto un po' più leggero. Lo faceva sentire accettato, giusto. Era la sua costante, il suo posto sicuro. L'unica persona che sarebbe rimasta al suo fianco sempre, nonostante tutto. Jimin ne era convinto: anche se lui e Taehyung si fossero separati, finendo per non parlarsi per mesi, avrebbero sempre trovato un modo per ritornare insieme, ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altro. Erano legati dal filo rosso, era impossibile che uno si dimenticasse dell'altro. Jimin non aveva mai creduto alle anime gemelle prima di incontrarlo, così come Taehyung. Si era ricreduto dopo aver visto come, mentre le altre persone andavano via, uscendo dalla sua vita per sempre, lui restava sempre lì. Nonostante i caratteri, le passioni e le opinioni differenti, non si erano mai separati. Jimin era rumoroso, chiacchierone e impacciato, Taehyung invece era calmo, riservato e preciso in ogni cosa che faceva. Tiravano fuori l'uno il lato migliore dell'altro. Jimin aveva reso Taehyung più aperto, un po' meno rigido, mentre Taehyung aveva reso Jimin meno insicuro, facendogli capire che alla fine dei conti non era così terribile come pensasse.

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