Il perfetto hacker - Part 1

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Mi chiamo Claudio T., sono un programmatore di computer di trent'anni. Sono dipendente, in "telelavoro" presso una grande azienda produttrice di software, cioè lavoro a casa mia e invio i miei lavori all'azienda dove sono impiegato. Sono celibe e vivo da solo in un appartamento in centro.

Mi hanno soprannominato "Il perfetto hacker".
Sono arrivato ad odiare quell'appellativo.
Ciò che per me aveva prima il significato di astuzia, furbizia ed abilità, ben presto assunse l'aspetto della vigliaccheria e dell'imbroglio.

Tutto cominciò durante una mia vacanza in Grecia. La mia stanza d'albergo era proprio davanti ad un altro albergo e dalla finestra si poteva osservare l'interno delle camere e quello che vi si svolgeva. Fu lì che si sviluppò la mia curiosità ed il mio interesse verso la vita intima degli altri.

Io spiavo!

Non lo facevo per tendenze voyeuristiche, o per interesse, ma per pura e semplice curiosità. Mi portai dietro questa abitudine ed al mio rientro in città comprai subito un cannocchiale per scrutare all'interno delle case altrui. Pensavo spesso al film di Hitchcock "La finestra sul cortile" e questo mi rincuorava, giustificava il mio hobby fuori dalle regole: a qualcuno, un giorno, poteva ritornare utile.

Facevo qualcosa di male?

In fondo siamo continuamente osservati, scrutati, studiati da migliaia di fotocamere, telecamere e satelliti sparsi in tutto l'universo. Anche quando pensiamo di essere soli a casa può esserci qualcuno che ci osserva, che studia i nostri movimenti, le nostre abitudini e i nostri gusti.
Come i "Cookies" che prendono nota della nostra navigazione su internet o sulle piattaforme come Facebook o Instagram per piazzarci poi la pubblicità giusta. Come le tessere punti dei supermercati, che sotto forma di dispensatori di sconti e regali, sono un ottimo modo per spiare le nostre abitudini di consumo ed i nostri acquisti. Come le carte di credito che rappresentano uno strumento con il quale tutti possono sapere se acquisti, cosa acquisti e per chi acquisti. Come il tuo telefono mobile è uno strumento preciso per poter essere rintracciato dovunque ti trovi, come anche il tuo "Telepass", marchingegno con il quale dai un'esatta percezione dei tuoi spostamenti e dei tuoi orari. Come le tue telefonate, infine, che possono essere intercettate. Pare ci sia un sistema sofisticato che sia in grado di filtrare tutte le nostre telefonate e, in base ad una griglia di parole e termini prestabiliti che indicano un certo pericolo, localizzano la telefonata e la registrano per un ulteriore controllo. Insomma, se parlando con un mio amico dico di avere "una notizia bomba che ti farà saltare di gioia e morire dalle risate", probabilmente qualcuno registrerà la mia telefonata schedandomi come possibile terrorista. In un mondo dove il "Reality show" era il modello di spettacolo che faceva registrare i più alti indici di gradimento, non vedevo quale potesse essere il crimine di un hobby come il mio: spiare le persone.

Non è servita a niente la cosiddetta legge sul "consenso al trattamento dei dati personali", dovevi acconsentire sempre e comunque se volevi usufruire di qualsiasi servizio o prodotto. Non serviva a niente dotarsi di parole segrete e password, se poi ci voleva veramente poco a scoprirle ed accedere a dati riservati.



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