Avevo ottenuto il nome del personaggio misterioso ed il suo indirizzo di residenza.
Feci anche il tentativo di passare da casa sua. Abitava in un quartiere popolare distante dal negozio del sig. Gerioni. Le telefonate erano frequenti e dopo una settimana assistetti ad un violento litigio tra marito e moglie proprio dopo una telefonata del fantomatico Franco Meli. La moglie fece cadere un bicchiere per terra, il marito sbatté violentemente la porta ed uscì di casa. Vidi accendersi le luci della scala interna del condominio e dopo una ventina di secondi vidi il sig. Gerioni uscire dal portone del condominio alzandosi il bavero del cappotto. Guardandosi intorno entrò in macchina ed accelerando uscì dalla mia visuale. Pensando di essere vicino alla soluzione, m'innervosì il fatto di non vederlo più all'orizzonte. Nel mixer audio accesi la spia corrispondente al microfono della macchina del sig. Gerioni mentre sul display del mio computer lampeggiava il numero telefonico del sig. Franco Meli, segnale inequivocabile che dalla sua macchina il sig. Gerioni stava componendo quel numero di telefono. "Vediamoci alla villa comunale, adesso, e porta con te i bambini!". La comunicazione era stata brevissima ed appunto per questo mi mise ancora più curiosità. Uscii anch'io portando con me la mia videocamera digitale con il super obiettivo incorporato. Alla villa mi appostai in maniera tale da poter facilmente riprendere l'incontro tra l'agitato sig. Gerioni ed il sig. Meli che si rivelò essere un ragazzino di non più di vent'anni, magrissimo, di colorito scuro, con i capelli bagnati che gli coprivano la fronte.
Il ragazzo non aveva portato "bambini" con sé, ma teneva in mano un sacco ingombrante ed io iniziai a filmare proprio quando l'incontro stava volgendo al termine. Il sig. Gerioni diede alcune banconote al ragazzo il quale gli cedette il grande sacco. Vidi Gerioni titubante guardare all'interno del contenitore, poi poggiarlo sull'erba ed estrarne il contenuto. Con attenzione effettuai uno zoom sull'oggetto.
Erano alcune scatole, contenitori di autoradio, e di telefoni cellulari. Poi estrasse e rimise all'interno una serie lunghissima di telefoni cellulari senza scatola, si guardò attorno e, senza salutare il ragazzo, tornò verso la sua macchina. Il mese seguente lo impiegai con l'unico obiettivo di raccogliere prove inconfutabili su quello di cui io ero ormai certo: Il sig. Gerioni nel suo negozio vendeva merce importata irregolarmente o, nel peggiore dei casi, merce rubata e chissà da quanti mesi.
La fortuna commerciale del negozio aveva un solo nome: ricettazione.
Mi accorsi all'improvviso di essermi chiuso in casa per diverse settimane, senza uscire più, senza incontrare gente. La mia scrivania, davanti alla finestra della mia stanza, era diventato un ufficio ipertecnologico, con strumentazione avanzata in grado di poter entrare nell'intimità della gente. Ai vetri della mia finestra applicai una patina a specchio che impediva la visione dall'esterno della mia camera e stavo sempre a luce bassa. Alla parete un'enorme lavagna sulla quale appendevo appunti, foto, planimetrie degli appartamenti spiati, schede personali dei miei vicini e quanto altro volevo avere a portata di mano. I risultati ottenuti mi gratificarono e mi fecero sentire un investigatore di prima classe.
Fu in quel momento che avrei dovuto fermarmi.
Dovevo riflettere maggiormente sulle conseguenze di quello che, più che un hobby, stava incominciando a diventare un'ossessione. D'altronde non si poteva tacere un reato di cui si era venuti a conoscenza e non si doveva coprire un traffico illecito come quello che avevo minuziosamente documentato.
Decisi di denunciare il sig. Gerioni alla Guardia di Finanza inviando in forma anonima una quantità tale di materiale scottante da mettere in imbarazzo il Comandante.
Fu solo un mio capriccio filmare anche la macchina della Guardia di Finanza fermarsi davanti al negozio del sig. Gerioni. Mi accesi una sigaretta mentre riprendevo il titolare uscire dal negozio tenuto per le braccia da due agenti. Il mio amico Giuseppe si affacciò dall'entrata insieme ad altre quattro impiegate seguendolo con lo sguardo sorpreso. Ingrandii l'immagine inquadrando il viso di un'impiegata rigato dalle lacrime. Certo loro erano ignari, non avevano idea di cosa si celasse dietro quel successo inaspettato. Era comprensibile il loro attimo di smarrimento. Avrebbero capito meglio l'indomani leggendo i quotidiani. Così feci anch'io, acquistando il giorno dopo una copia di entrambi i quotidiani locali.
Mi chiamarono "Il giustiziere solitario", "L'occhio della giustizia", "Il faro della verità". Tutti parlarono del cittadino che senza nessun tornaconto si prodigava per ricondurre i delinquenti alla giustizia. Quella fu la molla che scatenò tutto il resto delle mie investigazioni private, quello fu il motivo per cui sentii che questa attività era, in qualche modo, buona e giusta.
[Commenti dell'autore: non perderti la prossima parte...
Spero tu stia gradendo la storia e ti stia appassionando.
Ti chiedo una cortesia: non dimenticare di mettere un voto, per me è importante,
Grazie!]
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Il perfetto hacker
Short StoryClaudio è un informatico al quale piace spiare. Entrare nelle case e nelle vite altrui è un piacere che aumenta sempre più, in modo proporzionale all'aumentare dell'aridità nella propria vita vuota. Quando si accorge che intorno a sé, tra gli amici...