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«Eleonor, ma ti rendi almeno conto delle stupidaggini che dici?» La voce tuonante di mio nonno irrompeva nelle mie orecchie come un tornado, certe volte sapeva essere così intimidatorio da farmi venire i brividi lungo la schiena.
Da che io ricordassi, si era sempre comportato in quel modo duro, ma per tutta la mia vita non sono mai riuscita a comprenderne la motivazione, il suo comportamento così burbero nei miei confronti era completamente ingiusto.
Anche quella sera mi fissava severamente con aria incattivita, quasi come se gli avessi appena chiesto di buttarsi dal balcone di casa, e più mi sforzavo, meno riuscivo a cogliere il senso di quello sguardo furente.

Alle volte mi concentravo sul suo volto ormai anziano per non perdere la calma; mi mettevo lì a contare le rughe sulla sua fronte nel tentativo di non dare troppo ascolto alle sue parole egoiste e totalmente prive di logica, era una tecnica che mi capitava di usare molto spesso quando non avevo alcuna voglia di piangere o alzare la voce.
«Non mi sembra di aver chiesto la luna, voglio solo sapere i nomi dei miei genitori. Ve lo chiedo da anni e continuate a negarmi qualunque cosa mi rimandi a loro senza alcun motivo, non è giusto e non ha senso...» Mormorai con circostanza, spostando lo sguardo su mia nonna, che d'altro canto evitava costantemente di aprire bocca, come sempre.

Le peggio discussioni mi capitava di farle maggiormente con mio nonno, un uomo sulla settantina a cui sembravano non piacere per nulla le persone. Certe volte il suo comportamento mi ricordava il nonno di Heidi, ma quando mi tornava in mente il fatto che lui, a differenza del personaggio, non sembrava voler rafforzare neanche quel minimo accenno di rapporto con me non potevo far altro che chiudermi in me stessa, nella mia solita bolla di solitudine che mi proteggeva dal mondo.

«Lo sai perché non possiamo farlo, mi sono stancato di dirti sempre le stesse cose, lo vuoi capire o no che i suoi genitori sono morti? In ospedale, prima che passassero a miglior vita, ci dissero di prenderci cura di te, ma di non accennare mai a loro per non farti crescere con il trauma costante della loto perdita, cosa devo fare per fartelo entrare in quella testolina dura che ti ritrovi?!» Se fosse stato umanamente possibile, avrei pensato che da un momento all'altro il suo vocione sarebbe risuonato ad eco per l'intera città, tanto che era forte, e senza volerlo tremai, tremai dalla rabbia e dalla delusione di aver fatto nuovamente un buco nell'acqua.

«Beh, peccato che con il trauma ci sia cresciuta ugualmente! Una singola cosa vi ho sempre chiesto, di poter capire chi fossero, come e perché sono morti i miei genitori, cosa vi costa darmi queste informazioni? Cosa vi costa comportarvi come se vi importasse qualcosa di me, per una volta? Io sono stufa di fare questa vita, quando l'anno prossimo compirò diciotto anni non mi vedrete mai più!» Il mio tentativo di rimanere calma era totalmente andato in fumo assieme a tutta la mia pazienza. Strinsi con forza i pugni lungo le braccia, sperando di riuscire a trattenere il più che potevo le urla di rabbia e frustrazione che mi bruciavano in gola come fiamme ardenti, ma era difficile, così tanto che non ero capace neanche di guardare mio nonno negli occhi senza sputargli addosso con lo sguardo tutto ciò che mi portavo dentro.

«Eleonor, questa era la volontà dei tuoi genitori, noi non possiamo farci assolutamente nulla e tu, in quanto figlia, dovresti rispettarla senza fare storie.» Mia nonna si intromise nella discussione, confermando a tono freddo le parole del marito, che intanto alternava le occhiate tra la mia e la sua figura.
«Ma loro sono morti, MORTI! Non ha alcun senso tirare su questa scena per delle persone che non possono sentirvi perché non sono più in questo fottuto mondo!» Urlai con tutte le mie forze, ma quando aprii nuovamente bocca per continuare il mio sfogo, ecco che un pesante schiaffo mi colpì in pieno viso fino a farmi voltare la testa.

Mio nonno mi aveva appena colpito, e il suo gesto gettò improvvisamente un aria incredibilmente gelida in tutta la superficie del salotto, fino a farmi rabbrividire. La moglie, invece, smise completamente di parlare e si limitò a fissare l'uomo con aria sconvolta, probabilmente neanche lei si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, ma come volevasi dimostrare non accennò a dire nulla nemmeno stavolta, né per difendermi, né per altro, e una parte di me si sentì svuotata di tutto, di nuovo.

Guardai i miei nonni dritti negli occhi, con un tale odio e rammarico nello sguardo da sorprenderli entrambi, e con tutti quei sentimenti che provavo e che bruciavano ardenti dentro il mio animo, pronti ad uscire fuori, accentuai ancora di più il silenzio raggelante che si era creato, prima di decidere di girare i tacchi e andarmene in camera mia senza dire nulla.
Tuttavia, a metà strada, fermai i miei passi proprio sulle scale, buttando loro un ultimo sguardo con la coda dell'occhio per vederli ancora sorpresi e perplessi; così feci un profondo sospiro di incoraggiamento, e dalla mia bocca uscì solo veleno.
«Voi non siete i miei nonni...» Sibilai con più odio che potevo, portando i due a sgranare gli occhi.

Mio nonno sembrava essersi pentito all'improvviso del suo gesto, e prima di tornarsene nello studio mi guardò quasi dispiaciuto e preso dai sensi di colpa. Stessa cosa mia nonna, che si strinse la mani al petto e cercò di trattenere le lacrime. In un certo senso potevo capirli, so che mi volevano bene nonostante tutto, ma ero stanca di quella vita, stanca di tutti quei segreti che mi rendevano l'esistenza come un inferno terrestre, stanca tutte le bugie e del completo silenzio che mi faceva da prigione.
L'unica cosa che volevo in quel momento era scappare via in qualche luogo sperduto e farmi una vita tutta da sola e con le mie regole, ma non sapevo neanche se a quel risultato ci sarei mai arrivata, con tutto lo schifo che avevo da sostenere sulle spalle.

Accesi il mio cellulare e scorsi tra i contatti nel tentativo di trovare velocemente il suo numero per mettere finalmente un freno a tutta questa stupida e inutile faccenda. Non appena riuscii ad individuarlo con lo sguardo schiacciai immediatamente il tasto dalla chiamata e, accertandomi che i miei non fossero lì ad ascoltare dietro la porta, concentrati tutti i miei sensi sul bip lento e a tratti irritante della chiamata.
«Pronto?» Anche la sua voce da telefono sembrava molto calma e gentile, tanto che a quel suono mi tranquillizzai subito, come sempre da quando lo conoscevo.
«Ciao Isaac, scusa se ti chiamo a quest'ora e con poco preavviso, ma ho qualcosa di importante da chiederti, posso venire a casa tua?»

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