Capitolo 4

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Erano passati due giorni, volevo solo scomparire. Il telefono non smetteva di squillare, Lucas non smetteva di chiamare. Per me era già morto. La cosa che mi stupì in effetti fu che Marta non mi chiamò neanche una volta, neanche per errore. Non ha tentato minimamente di giustificarsi o inventarsi una stupida scusa, alla quale non avrei creduto. La mia stima nei suoi confronti era calata di molto, così anche la simpatia, l'amore e quel senso di protezione che avevo verso la sua persona. Ha perso ogni cosa, così anche Lucas. Dentro di me volevo urlare, ma sapevo che dimostrare segni di tristezza o debolezza avrebbe fatto capire a quei due quanto io in realtà fossi fragile, ma non è questa l'impressione che avrei dato, per nulla al mondo. La domenica è stato un giorno particolare, diviso a metà: da una parte volevo crollare, cadere nel letto e non svegliarmi più, dall'altra parte volevo solo farli soffrire, come loro hanno fatto con me. Volevo che sentissero il mio stesso dolore, il cuore infranto, e l'idea di amicizia svanire dai loro occhi. Mi presi il pomeriggio intero per pensare a cosa fare l'indomani a scuola. Eravamo tutti e tre nella stessa classe di letteratura inglese e sapevo che l'imbarazzo sarebbe stato enorme. Ovviamente non avrei fatto la figura della stupida non presentandomi a lezione, non ero io che dovevo vergognarmi, ma solo chi si credeva mio amico e alla fine, non ci è mai stato davvero. Mi stavo preparando psicologicamente ad affrontare quella situazione di chiachiericcio all'interno della scuola, dove tutti mi avrebbero guardata, sparlata e soprattutto compianta. Non è questo che voglio, non desidero la pietà. Io bramo una dolce vendetta. Non c'è cosa migliore che trasformare la tristezza in rabbia repressa, ed è proprio così che mi volevo sentire. Nascondere le mie emozioni sarà una sfida, me ne rendo conto, ma è qualcosa che devo imparare in fretta.

Chi tradisce non si penteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora