FABEMBOAR × PEETA MELLARK

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Mi tengono prigioniera da più di due settimane in una stanza dalle pareti bianche, legata da due catene a terra, i polsi sono tutti scorticati a causa dei miei tentativi di divincolamento. Ormai mi sono rassegnata, ho perso anche la capacità di piangere, per quanto dolore o tristezza provi non potrei nemmeno versare una lacrima, il mio corpo non è nelle condizioni dato che se mi forniscono acqua e cibo lo dispongono sempre a una certa distanza da me, sogghignando perché logicamente è improbabile che io arriva a quella distanza. Sono giunta alla conclusione di odiare Capitol City, ma questo lo do per scontato. Da quando sono sopravvissuta agli Hunger Games, fatto al cui ancora adesso non riesco a credere, è stato tutto un casino continuo, mi è stato detto che il mio distetto era al momento inospitale e la mia famiglia inaccessibile, poi mi hanno buttata a marcire in questa dannata stanza, senza recarmi la benché minima cura.Ricordo altri ragazzi e ragazze disposti in file per uno, evidentemente condannati alla mia stessa fine. E ricordo Peeta. Ho sempre avuto una gigantesca cotta per lui in segreto, ma la sofferenza era tripla al mio amore nei suoi confronti, dato che lui aveva occhi solo Katniss. per Non ho ancora ben capito se viene ricambiato, tra tutte queste finte per gli show... Mi fanno perdere la testa. Un cigolio mi riscosse dai miei pensieri che cominciavano a opprimermi il cervello. "Fabemboar!!!" in quei giorni mi si era un po' offuscata la vista, ma la voce arrivò forte e nitida. Improvvisamente tutto divenne più limpido. Anche se ero parecchio confusa. Peeta mi venne addosso, era sporco e trasandato, la faccia sciupata e segnata dai segni della fame, le ossa più sporgenti e in vista, ma il corpo restava sempre possente. "Che stai.." Mi sorpresi per quanta difficoltà impiegavo a parlare, non ero più abituata e la gola mi pareva essere trafitta con mille piccoli spilli a ogni parola pronunciata. "Stai tranquilla, stiamo scappando." mi prese le mani e con una chiave te le liberò dalle catene. Mi invase un senso di sollievo e ricominciai pian piano a riaquisire sensibilità alle mani, massaggiandomi i polsi. Mi misi traballante in piedi, appoggiandomi a Peeta che mi teneva stretta a sé. "Andiamo, ce la fai?" mi chiese. Annuii riluttante, per me era già un traguardo essere riuscita a mettermi in piedi. Uscimmo nel corridoio, c'erano suoni di spari e urla agghiaccianti, ma Peeta non pareva turbato, avanzava deciso con passo fermo. Si sfilò dalla cintura una pistola e si portò davanti a me. "Non ti credevo tipo da pistola." commentai cercando di conferire alla mia voce un tono divertente, ma il risultato fu pessimo, sembrava stessi venendo strangolata, una figura a dir poco di merda. "Ho sempre un asso nella manica."mi sorrise, forse non ho fatto un totale disastro. Mi scalda sempre il cuore, vederlo con quel suo solito sorriso gentile stampato in faccia, lo trovo adorabile. "Che dire, sei un ragazzo dalle mille sorprese, Peeta Mellark." sorrisi anch'io, o almeno, quella era l'intenzione, invece mi venne una smorfia del tipo I Gli sfilasti un coltello dalla tasca della sua giacca:"Meglio essere preparati." Vi dirigeste verso l'uscita dove altri prigionieri si accalcavano impazienti di uscire e liberarsi. "Stai giù!!" Peeta si slanciò in avanti, rotolando per terra e sparando tre colpi, mirando esattamente le tre guardie davanti a noi. Mi prese per mano e mi trascinò in cerca di una porta di emergenza. "Te vai avanti, io distraggo questi qui." si girò e colpí ancora, ma erano molto più numerosi ora, gli avversari. "No, ti aiuto." mi buttai sul più vicino e lo trafissi in gola. "Non sto scherzando, Fabemboar devi andartene subito!! Mi prese improvvisamente tra le braccia, tra i rumori della battaglia, ormai lontani dal mio udito, vedevo e sentivo solo il calore del suo corpo sul mio, l'urgenza nella sua voce. Poi... Mi baciò. Un bacio appassionato, pieno di disperazione e amore. Un tocco triste, sembrava un saluto d'addio, ma non poteva essere così, non ora che si stava aprendo il mio futuro da favola che da sempre sognavo. "Ti amo." mi accarezzò un'ultima volta la guancia e poi fu inghiottito dal caos, che me lo strappò dalle braccia. Durante gli avvenimenti successivi non ero del tutto presente... Un ragazzo poco più grande di me mi scortò fuori e la luce del sole mi fece male agli occhi. Ero sotto uno stato di trance e riuscii a convincere quel tipo, che diceva di chiamarsi Finnik, di rimanere fin quando Peeta ci avrebbe raggiunti. Perché l'avrebbe fatto. Doveva farlo. Il mio nuovo compagno non ne pareva così convinto, ma vedendo che capivo fosse scoraggiato e privo di speranze, si sforzava di apparire più ottimista.L'attesa mi parve eterna, ma poi... Dalle ceneri comparve una figura zoppicante, con i vestiti a brandelli e una lunga ferita lungo il petto, ma non importava. Peeta era vivo. Gli corsi incontro con tale velocità da sorprendermi, lui mi sorrise quando gli buttai le braccia al collo, ma barcollò subito all'indietro e finimmo entrambi a terra. "Oh, scusa, scusa!" mi spostai di scatto. Ma lui mi riprese e mi appoggiò sulle sue gambe, a cavalcioni e mi baciò di nuovo. Sapeva di fumo e di miele, non so per quale motivo quest'ultimo ma era gradevole e confortante. "Dovremmo scappare, sai com'è, il presidente Snow che ci vuole morti e il resto..." notai con un che di ironia. "Lui e la sua gang di chichi mali possono andare a fanculo per due minuti." rispose ridacchiando e sprofondando la testa nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. "Quando hai ragione, hai ragione." E così restammo lì a baciarci finché quel guastafeste di Finnik (però dai, era simpatico, non fraintendete) ci venne a informare degli aerei pieni di bombe che stavano per ucciderci tutti, se non ce ne fossimo andati. Ma andava bene. Ora avevo Peeta. Lui era mio. Io ero sua.

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