16.56 | 26 marzo 2021

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"Butto tutti i giorni scuri quando penso troppo a tutti

Poi ti vedo e mi si annullano tutti i pensieri brutti"

- Guccy Bag, Sangiovanni

Lo spogliatoio è vuoto, Riccardo e Andrea si sono già avviati da tempo verso l'hotel. Quando una mezzoretta prima gli avevano chiesto se voleva rientrare con loro, la voglia di soppesare da solo la giornata di match appena passata aveva preso il sopravvento sulla voglia di buttarsi a letto e allora aveva risposto di no.

Loro non avevano fatto domande, infondo ormai lo conoscevano fin troppo bene.

L'incontro di quella mattina contro il francese Gaston era andato bene, aveva portato a casa la vittoria. Certo, era merito della sua aggressività, ma la verità era che il suo rivale non era mai veramente entrato in partita, ed era palese. Si era quasi divertito a batterlo.

Nonostante questo a fine giornata deve fare i conti con ciò che ha sbagliato, in fin dei conti adesso non c'è posto nenache per la più minima sbavatura. Ha più volte sbagliato a servire nei due set e ne è consapevole.


L'acqua che inizia a bruciare sulla sua pelle sembra risvegliarlo dai suoi pensieri e in un attimo lo scroscio si interrompe e un asciugamano prende posto attorno ai suoi fianchi mentre l'altro finisce tra le mani che cercano di frizionare in maniera sbadata i capelli rossi.

Non ci mette molto a vestirsi e neanche tanto a rifare il borsone, infondo butta tutto dentro alla rinfusa. Un sorriso gli appare sulle labbra al pensiero di cosa gli direbbe sua madre se vedesse quella scena.

Quanto lo sgriderebbe.

Si appunta mentalmente di chiamare i suoi genitori quando tornerà in hotel, indossa la tuta e poi esce dallo spogliatoio. Si incammina filato verso l'uscita, cercando di non perdersi in quello stadio gigantesco.

Come non detto.

All'ennesimo corridoio girato a vuoto, senza neanche trovare delle indicazioni, è convinto di essersi perso, ma poi adocchia un biondo e gli ci vuole un attimo per identificarlo come Sebastian Korda.

Korda altro non è che un tennista come lui e se tutto andrà bene il 31 giocherà contro di lui.

Raggiunge subito l'americano, intento a bere un pò di acqua seduto su uno sgabello, gli fa un cenno e subito lui si alza in piedi andandogli incontro.

<<Jannik! Ho visto il tuo match, l'hai proprio steso Hugo! Poveretto...Come stai?>> Glielo domanda per cortesia, non perchè lo voglia sapere davvero.

<<Tutto bene grazie, ti volevo chiedere se per caso sai dove devo andare per uscire.>> Mentre gli risponde il suo viso assume un sorriso palesemente finto, e la realtà è che non cerca nenache di nasconderlo.

<<Beh, da quel che ricordo basta che svolti a destra infondo a questo corridoio, e poi vai tutto dritto.>>

<<Grazie mille.>>

Non aspetta nenche di sentire la risposta, gira le gambe e si inaccamina verso il corridoio. Per tutto il tragitto verso l'uscita non fa altro che pensare all'inutilità della domanda "come stai?".

Davvero c'è qualcuno che risponde sinceramente a questo tipo di domanda? E' così chiaro che si risponde sempre "bene " senza neanche fermarsi a riflettere se bene ci stai davvero, come se fosse un semplice botta e risposta meccanico e impartito. E lui odia tutto questo.

A distoglierlo da quei pensieri ci pensò una lieve spallata che riceve appena messo piede fuori dallo stadio.
Si ferma immediatamente, girandosi verso la persona con cui si era scontrato.

<<Oddio, scusami! Non stavo proprio facendo caso a dove andavo, spero tu non ti sia fatto male.>> La ragazza che gli stava chiedendo scusa aveva i capelli così chiari che gli parevano bianchi.

Da dove veniva lui molti ragazzi avevano i capelli biondi, ma non aveva mai visto una tonalità così chiara. Senza sapere bene il perché questa cosa lo sorprese. Lo rese irrequieto.

Al che spostò lo sguardo verso il suo viso tentando di calmarsi. Ecco, quegli occhi, Dio mio che occhi che aveva. Erano chiari, di un celeste che pareva quasi la specchio di un fondale marino. Erano belli.

Fu il sorriso quasi dubbioso della ragazza che gli ricordò che doveva aprire bocca.

<<Non preoccuparti, non mi sono fatto niente.>>

Dopo essere certa di non avere recato alcun danno al ragazzo che aveva di fronte la ragazza girò i tacchi ed entrò nello stadio.

-

Chi era?

Jannik ci pensò per tutto il tragitto verso l'hotel. Non ricordava di averla mai vista, ed era certo che di una ragazza così non si sarebbe scordato, ma allora chi era?

I tifosi a quell'ora non erano ammessi, perciò scartò subito quest'ipotesi. Arrivò alla conclusione che probabilmente era la sorella o la fidanzata di qualche tennista o del suo preparatore atletico.

Quella risposta però parve non bastargli e di fatti passò tutta la notte a rifletterci sopra. La cosa che più lo turbava in realtà era che un pensiero così futile ai suoi occhi era riuscito a distrarlo completamente dalla gara e dal match appena affrontato. Tutto questo gli faceva provare una forte sensazione di impotenza, ed era destabilizzante.

Quella ragazza era destabilizzante.


Alla fine non chiamò i genitori. Se n'era scordato.

mille guerre | jannik sinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora