Incipit "Let it snow"

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Clara guardava scorrere il paesaggio, chiedendosi cosa ci faceva su quel pullman, fra persone che non conosceva e diretta verso una meta che le interessava poco e niente.

Si era lasciata convincere dalla collega Anna a prendere il suo posto ma era pentita di averle dato ascolto. Solo che Anna, impossibilitata ad andare da una brutta bronchite, aveva insistito tanto, affermando che un viaggio, sia pure breve, l'avrebbe aiutata a distrarsi e lei aveva pensato che, forse, sarebbe stato davvero così. Alla fine, quindi, aveva deciso dipartire e la collega aveva predetto scherzando: «Sento che incontrerai un affascinante giovanotto del nord che ti porterà in giro sulla sua slitta...»

Invece proprio non aveva senso trovarsi coinvolta in quella gita per visitare i mercatini di Natale, senza contare che passare ore in un pullman pieno di coppie cinguettanti, famiglie con bambini e anziane signore non era proprio l'ideale per tirarle su il morale, a un mese dal naufragio della sua storia con Piero. E poi, i giovanotti presenti, oltre che impegnati, erano ben lungi dall'essere affascinanti.

Quando era arrivata nel luogo di ritrovo per la partenza, si era diligentemente presentata agli amici di Anna, ma, una volta in viaggio, questi l'avevano ignorata. Non che li biasimasse: al loro posto avrebbe fatto lo stesso, quasi di sicuro. Inoltre, se qualcuno le avesse parlato solo per compassione della sua solitudine, si sarebbe sentita anche più a disagio. Preferiva di gran lunga restare in silenzio.

Si augurò che almeno i paesi che avrebbe visitato valessero la pena di essere visti, dato che la prospettiva di trascorrere quattro giorni e tre notti con un gruppo di sconosciuti era quanto mai deprimente.

«In queste gite si fa subito amicizia con tutti!» le aveva detto Anna.

Probabilmente a lei riusciva davvero, era così estroversa. Clara, invece, era una che stava sulle sue, non perché si desse delle arie ma perché non sapeva liberarsi da una certa timidezza che le complicava sempre la vita.

Nell'inattività e nella noia, inevitabilmente, i suoi pensieri tornarono per l'ennesima volta a Piero. Ripercorse ancora la loro storia, rammaricandosi per la propria cecità, per non aver voluto ammettere, nemmeno con se stessa, che il loro rapporto era avvizzito, per aver preferito credere che, dopo un po', la mancanza di emozioni fosse normale, come sosteneva anche lui. Però lui, alla prima opportunità, si era tuffato in una nuova relazione, cancellando in un giorno i sei anni del loro rapporto. Clara, in fondo, non ne era rimasta molto addolorata, proprio perché, in realtà, erano rimasti insieme più per forza d'inerzia che per un vero sentimento. Comunque era statolo stesso duro abbandonare abitudini e sicurezze per inventarsi un nuovo modo di essere. O, meglio, cercare di essere se stessa.

Aveva meno di vent'anni quando aveva conosciuto Piero, di poco maggiore di lei. Si erano ignorati per qualche settimana benché, uscendo con la stessa compagnia, si vedessero spesso. Poi le cose erano cambiate, fra loro era nata una certa intesa e in poco tempo qualcosa di più. Si erano scoperti innamorati quasi per caso e, presto, erano diventati una coppia che sembrava inscindibile. E così erano andati avanti, anche quando il senso del loro stare insieme aveva iniziato a smarrirsi. Fino a che qualcosa, o meglio qualcuno, dall'esterno, non aveva dimostrato loro che era tutto finito. Clara si era sentita una sciocca a non aver capito, mesi o anni prima, che stava rimanendo aggrappata a un'illusione, all'idea di un rapporto che non esisteva più.

Ritrovarsi all'improvviso single era stato un grosso cambiamento, ma le difficoltà che doveva superare si erano rivelate sue alleate, perché le consentivano di fare, di quando in quando, delle piccole scoperte su di sé. Voci che aveva dentro e che erano rimaste silenziose durante gli anni trascorsi al fianco di Piero, si levavano per suggerirle chi era e cosa voleva. Per esempio, se non fosse stato perché aveva dato ascolto a quelle voci, non si sarebbe lasciata coinvolgere in quella gita e, nonostante tutto, qualcosa continuava a sussurrarle che aveva fatto bene.


Erano trascorse circa tre ore dalla partenza quando l'autista annunciò che si sarebbero fermati alla successiva area di servizio, per sgranchirsi le gambe e per "una sosta fisiologica".

Pochi minuti dopo, infatti, il pullman parcheggiò vicino a un autogrill e tutti sciamarono verso l'edificio. Clara scese fra gli ultimi e si avviò senza fretta alle scale che portavano al bar, soffermandosi per guardare il cielo, coperto di nuvole basse e color latte. Mentre stava per varcare la soglia fu quasi investita da una donna che usciva a passo svelto, seguita da un giovanotto che le gridava qualcosa del tipo «Sei la solita esagerata...»

Clara, scansati i due, si diresse alla cassa per ordinare un caffè, mentre le sue compagne di viaggio invadevano la toilette. Per fortuna il caffè era buono e la ragazza si impose di affrontare il resto della giornata con ottimismo: avrebbe visto dei posti che non conosceva e magari trovato qualcosa di curioso in uno dei mercatini. A proposito, non doveva scordarsi di prendere un regalo per Anna che, comunque, aveva avuto nei suoi confronti un pensiero gentile ed era stata di una generosità eccessiva, dato che le aveva ceduto il suo posto senza farle pagare un euro.

«Se non vai tu non andrà nessuno, quindi perderei lo stesso i miei soldi. Se mi sostituisci, almeno li avrò spesi per un buon motivo» le aveva ripetuto più volte. Fino a che lei non aveva acconsentito.

La toilette era ancora affollata, la fila iniziava fuori dalla porta. Clara si dispose ad aspettare paziente. Davanti a sé riconobbe un paio di signore che sedevano sul pullman due file dietro di lei e che non erano state zitte un minuto. Chiacchieravano anche lì, infatti. Quando se ne andarono le passarono accanto ignorandola, probabilmente non l'avevano riconosciuta. Finalmente fu il suo turno e, appena si fu lavata le mani, si affrettò a uscire. Fuori respirò con piacere l'aria fredda scendendo le scale. Sull'ultimo gradino si bloccò.

Il pullman. Dov'era il pullman?

Forse l'autista l'aveva spostato mentre lei era dentro.

Ma l'area di servizio non era molto grande e, da dove si trovava, poteva vederla tutta.

E non c'era alcun pullman.

Era partito.

Senza aspettarla.

Incipit storie rosa * Regency e contemporaneeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora