Amelia fu svegliata dal rumore di una porta che sbatteva e dal suono di voci che discutevano. Quando aprì gli occhi la penombra intorno le rivelò una stanza sconosciuta, ma subito ricordò perché si trovava lì e che cosa era avvenuto nelle ultime ventiquattro ore. Per un istante si allarmò nello scoprire di essere sola nella camera e la gravità del passo che aveva compiuto la sgomentò. Si stupì di aver trovato il coraggio necessario per ignorare l'educazione ricevuta e ogni regola per seguire il proprio cuore, un'azione che, probabilmente, non le sarebbe stata perdonata. Non le importava, comunque, perché aveva l'amore di George.
Nell'attesa che lui tornasse, la mente la riportò a una settimana prima, quando il baronetto, durante la festa della dodicesima notte, le aveva proposto di fuggire insieme: scoprire che lui fosse innamorato di lei come lei lo era di lui, fino dal primo momento in cui lo aveva visto alla festa dei vicini di cui era ospite per il periodo di Natale, l'aveva riempita di gioia e le aveva consentito di osare. Le parole con cui glielo aveva chiesto, il modo in cui l'aveva guardata, i gesti: tutto era scolpito nella sua mente e nel suo animo. Pur sapendo di comportarsi in modo sleale con il marchese di Glennburg, suo fidanzato, aveva acconsentito a seguire George, e lui aveva organizzato in fretta il viaggio. Così la sera precedente erano partiti per Gretna Green, il villaggio oltre il confine scozzese in cui si sarebbero sposati. Si erano fermati al Viaggiatore solitario per trascorrervi le ultime ore della notte e avevano dormito per la prima volta insieme, comportandosi come se fossero già marito e moglie, come si erano presentati al locandiere. Si stirò, un poco indolenzita.
Il nitrito di un cavallo la richiamò al presente.
Dov'era George? Perché non era ancora rientrato? Di certo era sceso per ordinare la colazione e far predisporre la carrozza, ma quanto tempo ci voleva? Si raggomitolò sotto le coperte, infreddolita. Forse avrebbe finto di essere ancora addormentata quando lui sarebbe rientrato, provava un po' di imbarazzo dopo la notte appena trascorsa. Non voleva, però, riparlarne con lui: c'era confidenza fra loro, ma non abbastanza. Non ancora, almeno. Quando sarebbero stati sposati tutto sarebbe stato più facile. Molto più facile che se fosse diventata la moglie di lord Glennburg, l'uomo a cui suo padre aveva concesso la sua mano; il marchese era più vecchio di George ma, soprattutto, le incuteva soggezione, per l'aura di potere e di autorità che emanava. Lo aveva tradito e non ne era orgogliosa, ma cos'altro poteva fare se era innamorata di un altro?
Perché George non tornava? Era uscito mentre ancora dormiva ed era da un po' ormai che si era svegliata. C'era forse qualche problema? E se a casa si fossero già accorti della sua assenza? Li avevano forse raggiunti? No, non era possibile che qualcuno fosse entrato in camera sua durante la notte, non ce ne sarebbe stato motivo. Sarebbe stato meglio non fermarsi nella locanda e allontanarsi il più possibile, come aveva suggerito lei, ma George aveva insistito, dicendo che aveva bisogno di stare con lei.
Non riusciva però a mettere a tacere l'ansia, che, con il passare dei minuti, si faceva sempre più strada in lei. Si affrettò a negare quell'inquietudine e scostò le coperte per alzarsi. Il movimento produsse un rumore, come di carta che cade in terra. Si gettò sulle spalle il mantello poi fece il giro del letto, per vedere. Sul pavimento c'era un foglio ripiegato, con sopra il suo nome.
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Incipit storie rosa * Regency e contemporanee
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