19 | Xeni McAdams non muore mai, baby

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Christopher

Quello non ero io, cazzo. Quello non ero io porca puttana. Ripigliati!

Non mi ero mai stato impreparato in vita mia. Avevo le mani che mi tremavano e il cuore febbricitante, il che non era per niente da me. Sapevo gestire ogni fottutissima situazione e questa volta non sarebbe dovuta essere diversa. Ero io il padrone delle mie emozioni cazzo! Eppure vedere lei stesa a terra, apparentemente priva di vita, aveva fatto morire, in un certo senso, anche me. Non avevo mai amato davvero qualcuno in vita mia, ma lei, così diversa e così se stessa in ogni dannatissima occasione, mi aveva fatto cambiare idea su ogni cosa, facendomi tornare rovinosamente sui miei passi. Mi aveva cambiato profondamente senza rendersene conto e senza nemmeno pretenderlo. Ero fottutamente innamorato di lei e in quel momento mi ero sentito impotente davanti a qualcosa di così grande e inevitabile come la morte.
«Cosa cazzo hai fatto!» Berciai, crollando a terra accanto alla mia tentatrice numero uno. Perché?
«È solo un proiettile, figliolo. Starà bene quella stronzetta.» Sentenziò Toni, con un'alzata di spalle. Percepì la rabbia montare dentro di me ad una velocità inaudita. Avevo una voglia assurda di fargli male, tanto male.
«Figliolo un cazzo, demente megalomane!» Lo afferrai per il colletto della sua camicia bianca immacolata e lo strattonai così forte che credetti di essermi rotto una mano. Ero più alto di lui di almeno dieci centimetri. Pivello, pensai. Il suo sguardo furente non mi faceva alcun effetto, non in quel momento. Aveva appena sparato alla ragazza che diceva di considerare come sua figlia, c'era un qualcosa di profondamente malato in tutto quello e io non sapevo più cosa cazzo dovevo fare. Stavo tamponando la ferita dalla quale sgorgava un fiotto non indifferente di sangue, ma sapevo fin troppo bene che avevamo bisogno di un medico vero.

«Io potrei ucciderti ora e farei sicuramente un favore al mondo intero.» Berciai, completamente fuori di me. Aveva appena sparato a Xeni. Le aveva piantato un proiettile addosso e rideva! Come si può? Avevo ucciso una sola volta in vita mia e non ne andavo fiero. Avevo finto per mesi, fingevo tutt'ora che non conoscendo la vittima di cui ero stato il esecutore e carnefice tutto fosse più facile per me, ma così non era stato. La mente umana è un qualcosa di estremamente complicato e fragile allo stesso tempo. Io avevo sparato, non mi ero fatto scrupoli e da quel momento in poi vivevo con quel peso addosso. Ma Toni aveva sparato alla ragazza che diceva di considerare sua figlia!
«Ma non lo farai...» Si prese gioco di me il diretto interessato, alzando scettico un sopracciglio. Avevo una voglia matta di spaccarglielo quel sopracciglio odioso come lui.
«Non tentarmi vecchio.» Risposi in fretta, mente continuavo a tenere premuta la ferita di Xeni con la sua maglietta. Cristo santo, c'era sangue ovunque. Era tutto rosso intorno a me. E io non potevo fare niente.
«Dico solo la verità figliolo.» Toni continuava a punzecchiarmi, sperando di portarmi all'esaurimento nervoso, ma se c'era una cosa in cui ero maledettamente bravo era fingere.
«Smettila di chiamarmi in quel modo! Non sono tuo figlio!» Ressi il gioco, sperando di capire fino a che punto il pazzoide voleva arrivare.
«Ma potresti esserlo...» Per grazia divina non condividevo lo stesso patrimonio genetico del demente di fronte a me con assoluta certezza, ma avevo sempre trovato giusto lasciare, ogni tanto, ad uno stolto qualche soddisfazione.

«Hai una mente contorta del cazzo che fatico decisamente a seguire.» Conclusi ad alta voce, sperando di chiudere lì il discorso, ma evidentemente mi ero sbagliato.
«Ti scaldi con poco ragazzino, non fatico a capire perché Xeni ha preso una sbandata per te.» Conosceva quel particolare, ma non aveva esitato un solo istante a sparare a lei. C'era senza ombra di dubbio qualcosa sotto.
«Non nominarla! Le hai appena sparato, razza di deficiente!» Precisai, ormai del tutto esterrefatto dalla conversazione in atto. Non potevo capacitarmi che lui stese davvero dicendo quelle cose, era impossibile.
«Modera i toni ragazzino, sai chi sono...» Labbra strette, voce roca e sguardo truce. Pensava davvero di spaventarmi con quel teatrino?
«So chi eri. Chi sei oggi non lo sai neanche tu.» Avevo osato forse più del dovuto con le parole, ma almeno avevo ottenuto una reazione. Non mi importava delle conseguenze. Toni era fuori di senno e il gesto che aveva compiuto poco prima nei confronti di quella che diceva di considerare come sua figlia era un qualcosa di completamente fuori controllo che ne era la prova effettiva. Non stava bene, era ovvio.

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