07 | L'Arena

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Arrivai all'arena che erano appena le dieci di sera. Il carattere della mia bambina fece tremare i vetri delle altre macchine che erano ferme lì intorno per cercare di farsi ammirare. Non ce ne erano molte di belle, ma ehi, il bello è soggettivo. Parcheggiai la mia auto proprio in mezzo alla corsia di partenza e poi scesi. Ogni singolo sguardo era su di me. Le persone si stavano chiedendo chi era quella matta che aveva osato lasciare lì in mezzo la propria auto. Peccato che non sapessero quanto ero matta io.

«Ciao Chuck.» La mia voce fece girare la testa del diretto interessato verso di me, insieme ad altre dieci teste di curiosi che non si facevano i fatti loro.
«Che mi venga un colpo! Xeni McAdams è qui di fronte a me e vuole correre. Gente scappate, lei non la batte nessuno.» Urlò Chuck venendo verso di me per abbracciarmi. Lui era un amico di vecchia data, molto vecchia per la verità. Chuck era il mio ex, era il primo ragazzo con cui ero andata a letto ed era quello che mi aveva aiutato, insieme a Toni, ad uscire dal giro di droga nel quale ero entrata a quindici anni. Era stato per tanto tempo la mia ancora, il mio punto fermo, ma ora non più.
«Smettila o farai scappare davvero tutti.» Ammiccai ridendo per poi abbracciarlo a mia volta.
«Mi sei mancata.» Mi scompigliò i capelli come faceva sempre quando stavamo insieme, peccato che ora non ci stavamo più, da anni aggiungerei. Gli tirai un cazzotto in un braccio, tanto da farlo piegare per il dolore.
«Lo sai che non devi farlo. Comunque anche tu. Come sta Eloise?» Chiesi osservandolo mentre si massaggiava la spalla. Era un ragazzo strano, ma riusciva sempre ad essere divertente.
«Vedo che sei ancora una maestra nel sviare i discorsi... Eloise sta bene ed è decisamente molto incinta.» La sua rivelazione mi fece sbiancare. Eloise incinta, ovvero Chuck che diventa padre. Oh mio Dio. Non ero sicura che Chuck fosse capace di prendersi cura di qualcheduno oltre se stesso, soprattutto se si trattava di un figlio. In ogni caso lui era felice, quindi lo ero anche io, non dovevo pensare al dopo, quello doveva farlo lui. Gli saltai al collo e per la seconda volta nel giro di poco, pochissimo tempo, lo abbracciai. Il suo volto dopotutto era il ritratto della felicità.
«Sono contenta per voi.» Sorrisi di cuore, osservando attentamente la sua reazione. Sarebbe stato un bravo padre, dovevo solo parlare ad Eloise e dirgli di minacciarlo in caso contrario.
«Anche noi lo siamo. È una femmina comunque.» Notai solo ora il suo aspetto. Aveva dietro all'orecchio la sua classica sigaretta, indossava una tuta da meccanico, che aveva sicuramente visto dei tempi migliori, dalle cui tasche uscivano manciate e manciate di dollari. Quella sera doveva esserci veramente tanta gente all'arena.

«Non c'è bisogno vero che ti dica che se non ti comporti bene ti vengo a pestare vero? Io ed Eloise siamo femministe quindi...» Chuck si lasciò andare ad una risata isterica. Sapeva perfettamente che ero capace di riempirlo di botte se non si fosse comportato bene, eccome se lo sapeva. Ci era già passato.
«Non ti scaldare Xeni, Eloise ha il tuo numero tra i preferiti comunque. Però tu non eri venuta qui per correre?»Chiese sviando il discorso. Io ero brava, ma anche lui non scherza.
«Sempre se tu riesci a trovarmi uno sfidante.» La mia era una sfida. Non credevo ci fossero molte auto papabili per una possibile vittoria.
«Avete sentito gente! Chi vuole sfidare la sola ed unica Xeni? La pantera nera è tornata!» Ed ecco che un suo altro nomignolo veniva tiravo fuori. Era bravo nel suo lavoro pensai, sempre se quello che faceva Chuck potesse essere considerato un lavoro serio. Purtroppo per me quello era il mio nome nelle corse clandestine: la pantera nera. Non so da cosa fosse nato, però c'era e quindi dovevo tenermelo, anche se non mi andava molto a genio.

«Chuck amico, vuoi dirci che chiappe d'oro sa correre?» Una voce così odiosa poteva appartenere solo ad una persona odiosa come quel tizio.
«Chiappe d'oro ti fa il culo.» Risposi tra i denti, fermando Chuck. Odiavo chi mi trattava come una bambina inesperta. Non ero né una bambina, né inesperta. Gli avrei fatto il sedere a strisce a quello. Parola mia.
«Beh il tuo pseudonimo almeno è azzeccato gattina! Miao, senti come fa le fusa!» Quel tizio voleva proprio morire quella sera, non c'era dubbio.
«Io se fossi in te non la provocherei.» Chuck si stava godendo la scena a braccia incrociate, pensando quale fosse il momento migliore per intervenire seriamente.
«Perché invece di parlare non porti il tuo culo merdoso sulla tua macchina e corriamo?» Gli avrei fatto mangiare la polvere delle mie ruote. Quel tipo stava ancora ridendo, vedi come ridi dopo che ti ho preso l'auto, pensai.

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