Vagai attraverso boschi, strette vallate e pratiche parevano pitturati con maestria su un quadro, ma senza mai trovare un postodove fermarmi davvero, ero spinto dal vento che frusciava tra le foglie,leggero ma assordante nel più assoluto silenzio dei miei passi. Stando insiemeagli umani le mie conoscenze si erano espanse più di quanto potessi immaginare,ovunque mi giravo tutto aveva un nome, una conoscenza collegata, sembrava chela natura avesse perso la sua bellezza per svelare i suoi segreti, la fisicaaveva sostituito i misteri del volo degli uccelli, i valori di accrescimentodegli alberi avevano rimpiazzato la sensazione di eterno passare del tempo etutto adesso aveva un amaro sapore di logica e armonia; mi ricordai allora dicome i bambini vedono il mondo: in qualche modo il caos dato dalla mancanza diinformazioni ha perfettamente senso e pian piano che portano la luce dellaragione sull'ignoranza, quel caos si perde. Desideravo ardentemente chel'oscurità soffocasse la luce e che il caos tornasse ad avere quella bellezza...Mi fermai alle pendici di un enorme prato di soffioni e mirai verso la cima diuna montagna a cui stavo ai piedi, il vento soffiava rabbioso verso la vetta elo seguii dapprima camminando, poi correndo insieme ad esso mentre i soffionisi alzavano al mio passaggio: ero tutt'uno con ciò che mi circondava e per unattimo persi la mia condizione di immaterialità, il mondo cambiava al miopassaggio, anche io ero vivo come il vento e i fiori, anche io volavo come loroin cerca di un posto in cui posarmi e riposare. La cima della montagna eraadesso separata dal resto del mondo da nuvole piuttosto basse e in un attimo miimmersi nella coltre che prometteva un caldo abbraccio traditore, se non fossirimasto saldo sull'obiettivo di vedere la cima mi sarei perso nella nebbia cheannichilisce la vista, ma mi venne offerto un momento a cui non potevorinunciare: un piccolo tronco era caduto su un piccolo avvallamento in cuiscorreva un rigagnolo che con infinita pazienza scavava il terreno e mi cisedetti con i piedi a penzoloni. Ovunque mi girassi il terreno era troppolontano nella nebbia, c'era solo più il tronco su cui ero seduto, il resto delmondo era silenzioso, infinitamente distante, ero diventato l'unico esseresulla terra. Gridai con tutto ciò che avevo, quasi non caddi dal tronco, ma lacoltre intorno a me soffocò ogni cosa, adesso mi dava la sensazione di essereun gas velenoso che invadeva i miei polmoni e si portava via il mio respiro,ansimavo, sembrava che i miei occhi dovessero chiudersi per sempre, sarei mortosoffocato dalla prigione che mi teneva separato dal resto del mondo... Non avevasenso, ero sempre stato separato da tutto, come se una nebbia visibile solo ame mi avesse avvolto sin dal primo momento, ma avevo visto che questa prigioneaveva delle finestre attraverso cui gli altri potevano scrutarmi pur se non necapivo ancora i modi. Il veleno nei miei polmoni divenne l'aria più fresca epura che avessi mai respirato, pungente e fresca, persino io riuscii a sentirnela sensazione: mi alzai dal tronco e ripresi la via per la vetta e pian pianoche mi ci avvicinavo, il sole faceva breccia nella nebbia fino ad illuminare ilpaesaggio, finalmente potevo vedere il mondo bianco di nuvole che avevoammirato in un quadro, ma il pittore non poteva rendere giustizia a ciò chevedevo; le montagne erano tagliate da una distesa bianca e spuntavano qua e làcome alberi radi, la luce era diventata un privilegio mio e delle cime che eranoabbastanza alte da sovrastare le nuvole.Mi godetti la vista ancora qualche ora, fino a quando, come di comune accordo,le nuvole si dissolsero e diedero il permesso alla luce di raggiungere ilterreno, ma ormai anche il sole si era stancato di aspettare e stava sparendoall'orizzonte. Decisi che era il caso di prendere esempio dall'impazientestella e saltai giù da un dirupo per non dover camminare al ritorno, non cheavessi fretta, ma qualcosa dentro di me mi chiedeva di tornare in mezzo agliesseri umani. Durante le cadute da molto alto (perché sì, ne facevo spesso), èmio uso girarmi verso il cielo, preferisco vederlo mentre si allontanapiuttosto che non vedere la terra che si avvicina, mi dà un senso di malinconiapensare che se esiste un posto lassù verso cui tutti ascendono io, invece, perquanto in alto posso andare, sono destinato a tornare a terra, dentro di me michiedo perché, ma non so se sono pronto a sapere la risposta se esiste.Arrivato a terra, ripresi la via per tornare dagli esseri umani quasi correndo,con la trepidazione di chi sente che la propria vita sta cambiando, alla finela mia non esistenza era davvero finalizzata alla ricerca di qualcosa, anche setrovarlo non fosse servito.
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Anima errante
SpiritualNel cuore dell'Australia un bambino che non sa nulla della vita muore alla tenera età di quattro anni in seguito a una malattia incurabile per la sua piccola ed arretrata tribù. Si risveglia anni più tardi nella sua tomba come spirito ed inizia un c...