Prologo

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New York – Dodici anni prima - Chinatown

Essere arrivato al grado di tenente a poco meno di trent'anni per Jason Ward era un gran risultato. Erano pochi i colleghi del NYPD che potevano vantare una carriera come la sua, costellata di una serie continua di azioni sul campo concluse nel migliore dei modi.

Certo, molto doveva anche allo spirito di sacrificio di sua moglie Natalie, che riusciva a gestire il lavoro e la piccola Emily senza fargli pesare le numerose assenze, fatte di infinite notti trascorse da sola perché lui era di servizio.

Jason sospirò, passandosi la mano sulla barbetta appena accennata che aveva deciso di iniziare a far crescere, ora che non era più costretto a usare una divisa.

La notte era umida, e piccoli sbuffi di fiato si perdevano nel buio dalla bocca mentre, nascosto in un vicolo, teneva d'occhio la vetrina di una delle gioiellerie di Chinatown, quel quartiere che solo da poche settimane era tornato a frequentare assiduamente, da quando lo avevano trasferito al distretto omonimo.

Natalie non ne era stata affatto contenta, lo sapeva. Era ansiosa di natura e si era convinta che lavorare in quella zona fosse un rischio maggiore, rispetto al comodo e più tranquillo Upper East Side.

Tuttavia, accettare l'incarico a Chinatown era stato uno dei sacrifici che gli avevano permesso di accedere al grado di tenente, e lui non era per nulla preoccupato di lavorare in quelle strade. Era nato e cresciuto non molto distante, a Little Italy, e ancora adesso ricordava le scorribande con gli amici quando era ragazzo per andare a vedere le parate del capodanno cinese.

Anzi, se ricordava bene, era stato proprio mentre assisteva a uno di quegli eventi, quando aveva all'incirca quindici o sedici anni, che aveva iniziato a superare il lutto per la morte del padre prendendo poi la decisione di diventare un poliziotto.

Un paio di ragazzini che si aggiravano furtivi vicino al negozio attirarono l'attenzione di Jason, che mise da parte ogni altro pensiero nascondendosi ancor di più, quasi addossandosi a un muro in modo da non poter essere scorto dal marciapiede.

Da un paio di settimane, alcuni locali della zona erano stati vittime di una serie di attacchi di vandalismo e qualche piccolo furto. Gli agenti in strada non erano stati ancora in grado di trovare i responsabili, e l'attuale capitano del distretto aveva concentrato le indagini all'interno della comunità cinese.

Ma Jason si era persuaso che i vandali e ladruncoli provenissero da altri quartieri, convinto che difficilmente qualcuno che abitasse tra quelle strade avrebbe arrecato danni ai negozianti che potevano essere loro parenti o amici di famiglia. Il popolo di Chinatown gli aveva sempre dato l'impressione di vivere in un mondo parallelo, fatto di segreti e regole tutte loro, pur se in piena Manhattan.

No, nessun ragazzo cinese, per quanto scapestrato, si sarebbe divertito a danneggiare le attività appartenenti alla comunità, e meno che mai a derubarle.

Ecco perché quella notte, nonostante fosse di riposo, Jason si trovava in uno dei vicoli che divideva Chinatown da Little Italy, davanti a una delle poche gioiellerie, non ancora presa di mira dalla sconosciuta banda di vandali.

Assottigliò lo sguardo, scrutando nel buio i due ragazzi che si erano fermati dall'altra parte della strada, davanti alla saracinesca chiusa, e si guardavano attorno come per controllare di essere soli.

Non erano cinesi e, dall'abbigliamento come dai tratti somatici, Jason intuì che dovessero essere sudamericani. Quasi sicuramente messicani. Di certo non erano di quel quartiere e nemmeno di Little Italy, ci avrebbe scommesso.

Attese nascosto fino a che non li vide tirar fuori dagli zaini bombolette spray e un paio di spranghe, e solo in quel momento si mosse come un fulmine, uscendo allo scoperto per arrivargli alle spalle.

«Ragazzi, fate i bravi, mettete giù tutto senza fare storie,» disse, tirando fuori dal giaccone il distintivo che teneva appeso al collo per far subito capire loro chi avessero di fronte.

I due vandali sobbalzarono dalla sorpresa al sentire la sua voce e, appena videro il tesserino, mollarono tutto quello che avevano in mano, voltandosi per cercare di fuggire.

«Ehi, ehi, dove volete andare di bello?» chiese Jason con un tono ironico, anticipandoli e afferrandoli entrambi per il colletto irrigidito dei giubbotti di pelle e sbattendoli al muro. Per un uomo della sua stazza fu semplice bloccare due tredicenni mingherlini e ammanettarli.

Solo allora prese dalla tasca il telefono per chiamare rinforzi, voltandosi quando sentì lo stridere di gomme di un'auto che si allontanò di corsa dopo essere sbucata da una strada laterale.

Avevano qualcuno che li aspettava? Forse uno più grande di loro che li convince a fare queste stupidaggini?

Jason rimise il telefono in tasca dopo aver chiuso la comunicazione con la centrale, e guardò i ragazzini seduti a terra osservarlo con uno sguardo torvo pieno di risentimento. Gli venne quasi da ridere, perché a lui sembravano più che altro due cuccioli che giocavano a fare i duri e gli spavaldi.

«Forza, ragazzi. Adesso andiamo in centrale e mi raccontate un po' di cose. Poi vedremo cosa fare di voi e come convincervi a cambiare hobby, che ne dite?»

«Vaffanculo, sbirro!» rispose uno dei due.

Jason inarcò un sopracciglio, poi scoppiò a ridere. Scuotendo la testa al loro indirizzo, li prese di peso per rialzarli, facendo in modo che non si facessero del male.

«Siete proprio dei duri, sto tremando dalla paura,» replicò ridacchiando.

Ragazzate, queste sono solo ragazzate e possono ancora essere recuperati. Ma se becco chi era in quell'auto, a lui non gliela faccio passare liscia. A costo di passare tutte le notti in queste strade, non gli permetterò più di convincere dei ragazzini a fare bravate del genere e rischiare di rovinarsi la vita.

La Vendetta del Drago - Sangue Divino II Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora