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23 marzo, martedì
12:40

Corinne decise di chiamare Emma e gli altri per metterli al corrente di quello che stava succedendo fuori dall'edificio.
Ma era stato inutile anche chiamarli, visto che come arrivarono davanti alla centrale con le loro macchine, e si guardarono intorno.
Era pieno zeppo di giornalisti.

«E no, voi il mio parcheggio non lo occupate in questo modo.» Borbottò Ray spegnendo e uscendo dalla macchina infastidito.

Norman ed Emma, non avevano fatto in tempo ad uscire dalla macchina che migliaia di microfoni e flash delle fotocamere erano puntati su di loro.
Ray, senza degnarli di uno sguardo attraversò la folla ed entrò nell'edificio, pronto a urlare in faccia a qualcuno che li aveva sempre intralciati.

Norman ed Emma fecero la stessa cosa e seguirono Ray, cercando di fermarlo.

«No, forse voi non capite. Mi sono rotto le palle di questo "simpatico" individuo che ci manda i giornalisti ogni cazzo di volta che lavoriamo a qualcosa di nuovo.
Non se ne può più.» Affermò senza nemmeno girarsi, mentre Norman teneva ancora stretta la sua mano attorno al suo polso cercando di fermarlo.

Ray aveva ragione, ma anche discutendone non avrebbe risolto nulla.
Quello con cui avevano a che fare era di tutt'altro campo, se provavano a contraddirlo finivano nei casini più totali, sarebbero perfino stati incolpati di qualcosa che nemmeno avevano mai fatto.
In poche parole, Liam era un infame.

Li aveva sempre intralciati in qualche modo, ma per lui mandare i giornalisti aveva un significato diverso.

"Se volete essere conosciuti da più persone la stampa sarà sempre qua, è inutile discuterne, tanto ve la manderò ogni volta che ci sarà qualcosa di nuovo. La gente deve sapere e deve essere a conoscenza del pericolo che potrebbe percorrere"

Questa era la sesta volta che andavano nel suo maledetto ufficio (così lo aveva definito Ray, ma con delle parole meno educate), per parlarne ancora.
Sempre lo stesso argomento.

Dopo le varie lamentele da parte di Emma e Norman, arrivarono davanti alla porta dell'ufficio, pronti ad affrontare un'altra volta lo stesso discorso.

Perché ormai glielo avevano ripetuto chissà quante volte, ma non avrebbero ceduto.
E soprattutto, la cosa stava diventando sempre più pesante.
Quando stavano lavorando al caso precedente, aveva fatto mandare un sacco di giornalisti sul posto di lavoro.
Non davanti all'edificio, ma dentro.
Erano entrati di prepotenza e si erano recati alla sala riunioni, sempre sotto il permesso di Liam naturalmente.

Emma, Norman e Ray, che stavano semplicemente discutendo con altri loro colleghi si erano ritrovati sommersi in pochi secondi da flash e cose simili.

Si erano guardati come per dire "ma questo fa sul serio?"

Quella volta avevano dovuto dare per forza delle informazioni importanti, che non sarebbero nemmeno dovute uscire da quel posto. Ma invece il giorno dopo, nei giornali si parlava solo di quello.
Liam aveva anche deciso di utilizzare delle foto, estremamente importanti e raccapriccianti, soprattutto da mettere in dei giornali.

Ray si staccò di dosso la mano di Norman e continuò a camminare, questa volta non l'avrebbe fatta franca.

Liam si trovava davanti alla porta del suo ufficio, e appena posò la sua mano sulla maniglia della porta, Ray lo afferrò per il colletto della sua camicia e lo guardò.
All'inizio rimase sorpreso, ma poi fece sparire il tutto lasciando spazio ad un sorriso che fece innervosire ancora di più il corvino davanti a lui.

𝙇𝙖 𝙛𝙖𝙗𝙗𝙧𝙞𝙘𝙖 𝙙𝙞 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora