Si lamentò fino in fondo al corridoio dell’appartamento di Sandy, nel volo giù per le scale dovevano essersi schiantate le ruote. La parcheggiò in un angolo e non riuscì nemmeno a far scendere la maniglia. Bel cesso, pensò.
Scostò una sedia, starnutì di nuovo e prese posto in salotto. Appoggiò un gomito al tavolo e si guardò attorno. Un divanetto era piazzato tra le due finestre della camera, su di un lato c’era un vecchio stereo con una fila di dischi in vinile incuneati su una libreria storta con un dito di polvere sulle mensole; da dietro un amplificatore sbucava la paletta di una chitarra elettrica.
Andrea si stropicciò la fronte. Avrebbe voluto togliersi le scarpe fradicie e farsi una doccia. In cucina sentì chiudersi la porta del frigorifero e poi un acciottolio di stoviglie e dopo poco Sandy lo raggiunse con un vassoio. Poggiò sul tavolo un paio di tazze e servì il tè.
Il vapore lo investì in pieno e sentì l’umidità appoggiarsi sulla pelle del viso. Chiuse gli occhi e inspirò. Sapeva di zenzero.
"Grazie”
Lei sorrise. Giochicchiava con il pollice attorno al manico della tazza, lo smalto nero delle unghie era rovinato. Aveva un piercing sul sopracciglio e una manciata di brillantini fino alla punta dell’orecchio.
Andrea soffiò e prese un sorso di tè. Un paio di rughe si incresparono sulla sua fronte: non c’era nemmeno l’ombra dello zucchero. Ingoiò e mise la tazza sul piattino.
"Buono” mentì.
Strisciò la mano inumidita sui jeans. Sandy poggiò la guancia contro il pugno.
"Così sei venuto a trovare tuo fratello”
Andrea annuì.
"Già”
"Resti molto?”
Lui tirò su una spalla.
"A esser sincero, non lo so,” rispose “ti piace la musica?”
Sandy buttò indietro la testa e rise.
"Wow, detective, da cosa l’hai capito?”
Lui risucchiò le labbra e se ne restò a indovinare la faccia di lei divertita. Fuori i lampioni si erano accesi e lì in casa la penombra appiattiva tutto. Piano piano i grigi confondevano il confine della libreria con quello del tappeto e il contorno del divanetto si fondeva con le seggiole e il tavolo, il vassoio era un tutt’uno con la mano di Sandy aggrappata al manico della tazza e la pelle della punta delle dita di Andrea avvertiva il calore del tè nella tazza di lei e senza capire il perché finiva con l’accelerare il battito del cuore di lui.
Si morse l’interno del labbro inferiore e gli tornò alla mente il motivo per cui si trovava lì. Per un attimo gli parve di convincersi: l’aveva piantato e lui se n’era andato. Lei era lontana anni luce.
Piegò l’indice e saggiò la superficie del tavolo strisciando avanti e indietro. D’altronde era quasi buio, poteva anche solo non aver visto dove se ne stava la mano di lei. Picchiettò un paio di volte sul legno. Poi inarcò il polso e strisciò in avanti con il braccio cercando di non far rumore. Guardava davanti a sé: in controluce vedeva solo un’ombra nera al posto del viso di lei. Trattenne il respiro e quando avvertì il tepore più intenso della tazza di lei all’improvviso un paio di colpi secchi contro la porta lo fecero saltare sulla sedia.
"Terrorista sei lì?”
Andrea strinse gli occhi e ritrasse la mano.
Lei si alzò, accese la luce e andò alla porta.
"Non ti lamentare mica. Ti ho lasciato in buona compagnia, no?”
Erano mesi che non lo vedeva e già gli era venuta voglia di ucciderlo.
Andrea stirò le labbra in un sorriso muto, recuperò il trolley e uscì sul pianerottolo. Salutò Sandy con un cenno e tentò di seguire Davide di sopra.
"Non è che mi dai una mano?”
"Cazzo hai combinato, sfigatone?”
Davide afferrò a due mani la valigia e scosse la testa. La teneva lontana davanti a sé come fosse stata un cadavere. Andrea saliva zoppicando.
"Sei proprio ridotto di merda” aprì la porta di casa ed entrarono.
STAI LEGGENDO
Bivio
RomanceAndrea e Cecilia stanno insieme da qualche anno. Hanno un lavoro precario e a fatica riescono a far fronte alle spese per l'affitto e le bollette. Improvvisamente hanno l'opportunità di andare ad abitare a casa di parenti. Questo porterà a un bivio...