Volevo dirti

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Hey Eren.
Non so come iniziare -come sempre- e non so neppure perché sto scrivendo questo sul mio taquino come se fossi una ragazzina in piena crisi ormonale.

Volevo dirti qualcosa, ma ogni volta che ho bisogno di urlare la voce mi manca e le parole sono delle sadiche doppiogiochiste capaci di sparire proprio nel momento del bisogno.
Un po' odio scrivere, in realtà...
Mi sembra sempre di rendere tutto così banale, di non riuscire mai a rendere abbastanza e di essere banale nello scrivere tanto quanto lo sono nella vita.

Comunque ci proverò lo stesso, per te.
In questi giorni i miei pensieri sono come dei salici piangenti e mi sono accorto che conoscerti ha fatto sì che io rinunciassi alla mia corazza.

Quella corazza messa su alla meglio che si è sempre nutrita delle mie ansie e delle mie paure.
O forse proprio di me stesso fino a scavarmi nel cuore, dove c'è un posto riservato proprio a te.

Quella corazza protettiva fornita semplicemente dalla paura di vivere, dal confronto con il mondo.
La stessa corazza che ora è simile alla carta velina e strappata in mille punti differenti solo a causa tua.

E dopo che sei entrato come un fulmine a ciel sereno nella mia vita -transitando la mia tanto amata staticità in caos- mi sono ritrovato allo sbaraglio e a mettere in discussione ogni mia certezza.
Eppure prima di te vivevo nella paura, che dal giorno della mia nascita mi è sempre stata concubina.
E sembravo un eroe, solo perché mi rallegravo della guerra che si stava avvicinando.

Sì Eren hai capito bene, avevo paura, e in particolare di amare
Ma avevo paura dell'amore, o del dolore che lo segue?
E mi viene da pensare a quella notte, con il tuo respiro così silenzioso accanto al mio, ed io che ti osservavo dormire.
Lì ho capito che non avevo paura dell'amore, ma di perderti, perché la mia vita sarebbe stata così vuota senza la tua risata a renderla musica.

A volte mi dicevi che sembravo una specie di eroe per te. Quante volte avrei voluto urlarti che su di me ti sbagliavi, che io sono l'emblema dell'insufficienza, che io non sono mai stato abbastanza per nessuno, neanche per mio padre che non ho mai visto.
E neppure per mia madre, che ha deciso di lasciarmi in tenera età.
Né per mio zio, che ci ha messo solo un po' di più per andarsene, perché è questo l'effetto che ho sempre fatto alle persone: spingerle alla fuga.

Lo vedi Eren? Sono un disastro per tutti, tranne per te e i tuoi occhi verdi come il mare che rendono anche il più bel paesaggio cartapesta.
Chissà che cosa ci hanno visto in me i tuoi occhi, e chissà perché mi osservavi come se non fossi marcio al mio interno, come se davvero ci fosse qualcosa di bello da guardare in me.

Ero davvero un eroe per te?
Io, davvero?
Mi viene quasi da ridere perché se ho una certezza è che il vero eroe tra noi due sei sempre stato tu.
Tu con la tua visione del mondo che ha sempre destato in me la più grande delle ammirazioni, con quelle iridi capaci di far impallidire qualsiasi fondale marino.
Tu che ridi, piangi, corri, tu arrabbiato e poi felice, dolce, malinconico...

Perché tu per me eri quello che non aveva paura di nulla, una sorta di cometa da osservare a debita distanza con il rischio di farsi incredibilmente male se troppo vicino.

Chissà se ricordi il nostro inizio, Eren...
Io li ho sempre odiati gli inizi, così come i cambiamenti e come il caos; ed è paradossale se penso che mi sono innamorato di te che sei tutte queste cose insieme.

Perché mentre io sono una pioggerella, Eren, tu sei un temporale inquieto.
Solo la gente come te sa com'è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza.
Tu sei il caos più bello che io abbia mai visto, per me che sono ordine e staticità.

Comunque, ho sempre odiato gli inizi e i cambiamenti che comportano, ma ho finito per amare il nostro di inizio.
E ho iniziato ad odiare il tempo che ha portato via i pezzi ed ha consumato i bordi dei ricordi. Niente è nitido ormai, neppure la tua voce o il suono della tua risata che mi sembrano così ovattati, come un eco che non riesco ad afferrare e lo vorrei tanto.

E quindi ci provo Eren, tento e ritento di farmi risucchiare dal tempo e tornare indietro, per ricostruire quei piccoli particolare che sono soltanto nostri.
Il nostro inizio, l'unico che mi sia mai piaciuto...

E nei ricordi mi ritrovo sulla nostra spiaggia.
Sono avvolto nel mio asciugamano nero, con il maestrale che mi fa rabbrividire e i capelli che gocciolano.

Il sole sta tramontando, e tra le poche cose che mi piacciono c'è proprio il tramonto

Alle mie spalle ci sei tu, lo so e non c'è bisogno di voltarmi.
"Levi..." il tuo sguardo preme sulla mia schiena, tanto da indurmi a voltare il capo.
"Dimmi, moccioso."

E maledico ogni divinità esistente, perché la tonalità dei tuoi occhi fa impallidire anche i colori caldi che ci circondano causati dal sole che sta scomparendo.

"M-mi chiedevo se...beh, stasera potremo farci un giro, se ti va..."

È stato quello il nostro inizio, mentre tu giocherellavi con una ciocca dei tuoi lunghi capelli a causa del nervosismo.

Te l'ho mai davvero detto, Eren, quanto mi piacessero i tuoi capelli?
E quante volte avevo sognato di passare le mani al loro interno, di sentirli lisci e setosi sui palmi.

"Si, va bene."
Una risposta breve e circoncisa, tutto l'opposto del casino che avevo in testa.

Chissà se le sentivi anche tu, le farfalle impazzite che sbattevano freneticamente contro le pareti del mio stomaco.
No, forse le percepivo solo io.
Eppure sembravano fare così tanto rumore.

Dio, quanto ti amavo già allora senza rendermene conto.

×Come Il Mare D'inverno×    EreRi/RiRen OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora